I miei genitori sono oppressivi e io non ce la faccio più a vivere cosi'

Manila

Sono una ragazza di 23 anni. Premetto che sin da piccolissima, sono sempre stata una bimba (poi ragazza) ligia al dovere, se prima non finivo i compiti non accendevo la tv, o uscivo o altro, aiutavo sempre in casa e senza lamentarmi, ubbidivo ai miei genitori in tutto e per tutto, e allo stesso tempo ero una bimba vivacissima con tanta voglia di fare, sveglia e pronta. Verso i 18 anni questo sistema è saltato. A scuola ero tra le prime si, ma ammetto che ho vissuto di rendita per i miei precedenti anni, ho iniziato a mentire ai miei per uscire fuori dalla mia città per vedere un ragazzo, poi è arrivata l'università mi sono iscritta ad una facoltà importante ma in una città che accontentasse la famiglia e non me, anche se avevo preso tutto con uno spirito d'iniziativa positivissimo. Il primo anno mi salta tra problemi non dipendenti da me e problemi di salute. Concludo con due o tre esami. Iniziano i primi sintomi di depressione, anzi ancora forse solo tristezza e insoddisfazione, perché non avevo ottenuto i miei risultati, non perchè non mi fossi impegnata, avessi perso tempo ecc., ma per motivi che non dipendevano da me. Il secondo anno, cerco di farmi coraggio ricominciare tutto da capo,riesco a dare un esame importante. Poi avviene una cosa che mi fa crollare il mondo addosso. Il mio ragazzo, che amavo più di ogni altra cosa, mi lascia. Lui mi faceva sentire veramente speciale, la donna più bella e in gamba della terra. Ma dopo due mesi in cui io presa dallo stress per gli esami o questa situazione di insoddisfazione, non lo cerco, se lo sento lo tratto male ecc, lui decide giustamente di lasciarmi (complice una relazione a distanza non approvata dai miei e che ci impediva di vederci come avremmo voluto). Riesco a dare un esame che avevo preparato prima che mi lasciasse, ma tutto il peso che stavo affrontando, le difficoltà a scuola, la città che accontentava i miei ma non me i miei, la convivenza con altri familiari che controllavano ogni mia mossa, mi cade addosso. Cerco di farmi forza, cerco di concentrare tutte le forze possibili per andare avanti e studiare, ma tutto ciò che ottengo è ritrovarmi priva di forze, motivazioni, voglia di vivere. Totalmente consumata. Mi butto a letto, mi perdo tra i miei pensieri, passo le mie giornate nella depressione assoluta, costante pensiero di suicidio, perchè non vedo via di fuga. Arriva il momento del confronto con i miei, io decido di lasciare l'università non perchè non voglia studiare, ma per non essere un peso economico per i miei, e visto che non do più risultati la migliore cosa è lasciare. Da qui succede di tutto. Rientro nel mio paese, passo le mie giornate INTERE a letto, con mio padre che ha delle reazioni assurde e violente nei miei confronti nonostante io stia male a letto. (Mio padre è l'uomo più buono del pianeta, non riusciva ad accettare che la sua figlia modello, stesse in quelle condizioni). Inizio anche ad accumulare pillole da parte di ogni tipo. Mi mandano dallo psichiatra, che dice che non ho problemi gravi, a livello mentale diciamo.. Io intanto vorrei andarmene, magari lavorare all'estero, perchè stare nel mio paesino con tutti che parlano di me e di quello che mi è successo mi pesa infinitamente. Chiudo i contatti con le miei migliori amiche, che avevano raccontato di nascosto a mia madre tutte le confidenze più personali, basando tutto sulla mia relazione con il mio ex e non sui miei problemi con la scuola. I miei non accettano che io lavori. Allora propongo di cambiare facoltà, ma solo quella in cui volevo iscrivermi sin dall'inizio, perchè trovo un errore iscrivermi in una facoltà nuovamente che accontenti loro e non me e rivivere l'incubo. Perchè sia chiaro, io voglio laurearmi, lo voglio più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma la facoltà (dove io avrei dovuto fare la specialistica a dire dei miei), è nella città del mio ex. Quindi mi viene posto un muro davanti. Io mi metto a lavorare (un lavoro che odio, insoddisfacente, con una paga nulla), mi fanno cambiare psicologa, continuo a vivere la mia vita passivamente. Fino a quando mia madre ha un confronto con la mia psicologa, io mi rifiuto di andarci nuovamente, perchè mi rendo di essere solo vittima di un sistema. Io da tutto ciò esco fuori come la ragazzina capricciosa che batte i piedi se non ottiene ciò che vuole (quando io ho sempre sempre sempre acconsentito al volere dei miei anche quando non volevo), esce fuori che soffro di sindrome di peter pan (io che per non creare problemi ho accettato da piccola con grande maturità, all'età in cui veramente i miei coetani battevano i piedi, scelte fatte dai miei) e che per riprendermi devo fare uso di farmaci ecc. Mi è stato prescritto l'entact e io mi son rifiutata di prenderlo, perchè io ho la voglia di fare, viaggiare, muovermi.. sono i miei a negarmi tutto ciò. Anche uscire dal paese, perchè qui da me non mi va di vedere la stupida gente che fa pettegolezzo su di me, per loro è un problema. Quindi penso sia inutile prendermi un farmaco,se poi inevitabilmente arrivo a casa e mi butto a letto, mi chiudo e non vedo nessuno ugualmente. Alla fine ho un nuovo incontro con la psicologa, solo per accontentare mio padre e mi viene detto che io le faccio perdere tempo, che la sua ora può essere occupata da qualcuno che ne ha bisogno e che io sto bene così per questo non voglio collaborare.( io per 5 mesi mi sono spogliata di tutte le mie cose intime e personali per collaborare. Solo nell'ultimo incontro mi sono rinchiusa in me). Ah in tutto ciò dimagrisco tantissimo, quindi tutto il paese parla di me come l'anoressica, quando io anoressica non sono, mangio tranquillamente e non ho nessun tipo di disgusto per il cibo. Anche a casa vivono questo come un problema enorme. E per me l'essere magra è l'ultimo dei miei problemi. Non dormo, soffro d'insonnia, sono diventata molto brutta. Alla fine sembra che mia madre abbia accettato di farmi iscrivere a questa facoltà, dopo un anno in cui mi ha fatto sentire in colpa dicendo che non mi poteva mantenere, che si sarebbe indebitata, per mandarmi li. Ora esce fuori che hanno sbagliato, ricominciamo tutto da capo. Ma nessuno si preoccupa più. Pretendono che io dia esami alla mia facoltà (che è molto impegnativa, per cui non studiando da due anni, da auto didatta è praticamente impossibile), e nessuno si preoccupa di trasferimenti affitti, ecc nella nuova città. Per cui io continuo il mio lavoro schifoso, informandomi personalmente sulla nuova facoltà, sperando che tutto si sistemi, ma ho quasi la certezza che a settembre ritornerò a dover accettare le loro condizioni. Inutile dirvi che non voglio suicidarmi, ma non vedo mai una via d'uscita da tutto ciò. E dopo aver dovuto affrontare pure la terapia, che io non volevo fare ma ho accettato per i miei, e vedere che non ha funzionato, penso che non uscirò mai più da questo stato, penso che non riuscirò mai a laurearmi, penso che se anche mi fosse data l'occasione di ricominciare, non riuscirei ad ottenere nulla. Sento che quello di cui ho bisogno è fuggire da qui, lontano, e invece sono sempre più rinchiusa e legata a questa situazione terribile.

7 risposte degli esperti per questa domanda

Cara, sento tutta la tua sofferenza e la prima reazione dinanzi a tanta "pesantezza" percepita certamente è la fuga. Devi considerare che la sofferenza psichica è già abbastanza bistrattata mentre è una "materia" estremamente seria quindi capirai che non è concepibile una risposta "esauriente" qui. Spero di poterti dare tramite la mia formazione, il mio senso di resposnsabilità e la mia etica professionale validi spunti. sento con serietà ESTREMA di dirti che la vita ti vuole bene!!!!!!! ti ha costretto a FERMARTI e ad occuparti di una questione seria: la tua INDIVIDUAZIONE, la tua identità, il tuo IO, riflessioni tipiche dell'età adolescenziale, l'età della ribellione per definizione, delle contestazioni mentre tu eri impegnata ad essere "ligia al dovere". la vita ti vuole bene oggi se ti consente di fermarti a fare il PUNTO. Tuttavia si sente anche tutta la sofferenza dei tuoi genitori, sofferenza che deriva anche dalla loro "impotenza": si perde di vista che loro... non sono abituati a vederti in questi panni...nn sanno COME COMPORTARSI non esiste un manuale che gli dica cosa fare con QUESTA figlia che "improvvisamente" vuole smettere di fare la bimba ligia al dovere!loro non hanno vissuto la tua adolescenza in senso PIENO, non sono ATTREZZATI ora che di anni ne hai 23! sono CONFUSI E SMARRITI PROPRIO COME TE aggiungici anche che spesso chi non ha un male "fisico" nella nostra società risulta come se VOLESSE star male per "capriccio", come se non fosse "autorizzato" a star male. così chi esprime un disagio, da un lato, non si sente realmente compreso e dall'altro chi sta intorno non sa letteralmente che pesci pigliare! cara,sia tu che mamma e papà in fondo mi sembra adottiate lo stesso meccanismo: fuggire facendo appello, entrambi, a un tempo che non è più e usando modalità di relazionarvi INADEGUATE al momento del ciclo di vita della famiglia che state vivendo: tu nn sei una bambina ; loro non hanno più 20/30 anni!!!! i tuoi bisogni sono cambiati, ma anche i loro. Talvolta crediamo che il vincolo di sangue basti ad aspettarsi le risposte più efficienti dai familiari mentre invece sono persone con debolezze, incapacità, difficoltà come te,come me...come tutti. ..la parentela non garantisce relazioni APPROPRIATE, PERFETTE questa è la dura ma autentica realtà che un figlio scopre passando dall'infanzia all'età adulta! qualcuno nella tua famiglia ha iniziato forse a spezzare anni di routine, di "equivoci" comunicativi e relazionali. qualcuno ha detto "ricominciamo"!!!!!! ora: stiamo a fare i giudici dei nostri genitori o iniziamo a goderci il ruolo appropriato di figlia...ADULTA? una terapia familiare presso un terapeuta della famiglia ad indirizzo sistemico.relazionale PUò ESSERE MOLTO UTILE per uscire dallo stallo in cui VI trovate e far sì che ciascuno possa stare BENE nei propri panni, facendo ciò che desidera sul serio. assolutamente d'accordo con lo psichiatra! ricorda la vita ti vuole bene, la depressione un po' è funzionale ma serve se tu ci vedi un'utilità, l'ooportunità di fermarti, sistemarti e ripartire NEI TUOI PANNI, NELLA TUA POSIZIONE FAMILIARE APPROPRIATA, NELLA TUA POSIZIONE SOCIALE CHE MEGLIO SENTI X TE. in bocca al lupo cara
Gentile utente, situazioni come la sua sarebbero affrontate al meglio con una terapia familiare, tuttavia se i membri della famiglia non sono disponibili, scelga lei uno psicologo di sua fiducia (non scelto da altri) perchè lo psicologo può cercare di migliorare le relazioni e i problemi connessi anche vedendo un solo membro del gruppo familiare. Al proposito le consiglio la Psicoterapia della Gestalt
Dott.ssa Valentina Sciubba

Dott.ssa Valentina Sciubba

Roma

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Salve, ho letto con interesse la tua lunga e intensa lettera.Mi suscita un po' di perplessità il fatto che il tuo stato sia collegato ad un rapporto conflittuale con i tuoi genitori e che finora non sia stato affrontato il problema a livello familiare con una terapia familiare. A questo punto penso che sia fondamentale tentare questa strada, dove tutti possano mettersi in discussione e rivedere i ruoli e le fasi di vita. Buona fortuna!
gent.ma Manila, la questione che lei pone è sicuramente molto delicata e richiederebbe ampia attenzione. Non è molto chiaro il tema riguardante la sua precedente psicologa, con la quale immagino lei abbia interrotto i contatti, altrimenti non si sarebbe rivolta a questo sito. E' indubbio che lei abbia necessità di riconquistare fiducia in se stessa (nei suoi pensieri, nelle sue scelte, nelle sue potenzialità) e credibilità nei confronti dei suoi genitori. Quest'ultimo sembra il passaggio più difficoltoso, considerati i trascorsi e la loro fatica a riconoscere a lei, sin da piccola, sue capacità autonome. Per questi obiettivi, Manila, le consiglio vivamente di rivolgersi alla sua dottoressa e di riprendere le fila interrotte del vostro rapporto o, in alternativa, di consultare un nuovo specialista. Per quest'ultima opzione, sono disponibile per lei nel mio studio. In bocca al lupo.
Cara ragazza di 23 anni, mi dispiace non sapere il tuo nome e mi permetto di darti del tu vista la tua giovane età. Dalle molte righe in cui descrivi dettagliatamente la tua situazione sofferente, il tuo malessere profondo mi sono fatta continuamente una domanda: all’interno di questi cicli che si ripetono continuamente, tu dove sei? Credo che la risposta a questa semplice ma importante domanda sia il punto di partenza per poter interrompere il ciclo, quello stesso copione che tu e la tua famiglia state “recitando” da anni, per poterti realmente conoscere e poter iniziare a non ragionare più in termini di errori e riparazioni. Poterti dare la possibilità di scegliere responsabilmente senza paura e colpe da espiare, ma scegliere in termini di tuoi bisogni profondi, chiediti: tu cosa vuoi realmente? Da ciò che hai scritto emerge come il tuo diventare adulta ha messo a dura prova non solo l’equilibrio familiare ma anche il tuo equilibrio personale, mi permetto di scrivere che persino la scelta di rivolgersi a un professionista è stata scelta da altri e non sentita, persino li la delusione e la fiducia tradita. Ora mi chiedo, perché non darti la possibilità di riprovare, lo so è dura, faticoso aprirsi di nuovo, ma prova a partire da un presupposto diverso, prova a pensare di poter assieme a qualcuno di cui ti fidi, raccogliere le forze e le tue risorse per “rialzarti” e vivere realmente la tua vita, quello che vuoi tu per te stessa e non la vita di qualcun’ altro. Un caro saluto
Dott.ssa Martina Gambacorta

Dott.ssa Martina Gambacorta

Verona

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Cara Manila, ho letto attentamente la tua lunga lettera ed ho avvertito tutta la tua sofferenza ed anche una sorta di confusione circa il tuo modo di agire unitamente ad un accentuato senso di delusione. Ritengo che gli stessi sentimenti riguardano anche i tuoi genitori seppure da un’angolazione diversa. Siete tutti molto amareggiati e nessuno di voi riesce a fare qualcosa di sostanzialmente risolutivo!! Credo che qualche meccanismo emotivo/affettivo durante il periodo della tua infanzia e adolescenza non abbia avuto l’adeguata evoluzione. Tu stessa affermi che “verso i 18 anni questo sistema è saltato”. Un “sistema” come lo chiami tu, che in un attimo salta significa che non è ben strutturato o che non ha la giusta manutenzione e revisione nel tempo!! A questo punto visto la tua attuale crisi depressiva e di completa sfiducia nel futuro, il consiglio utile - ma soprattutto necessario - che ti posso dare è di cercare con tutte le tue forze la tua autodeterminazione, ricostruire la tua autostima e un adeguato dialogo con i tuoi genitori. Per fare questo l’ideale sarebbe una terapia famigliare di tipo sistemico. Se i tuoi genitori non accettassero questo tipo di approccio, dovresti fare tu un percorso psicoterapeutico con un professionista scelto da te soltanto, con il quale potrai instaurare un rapporto univoco e di totale fiducia. Forse puoi ripartire proprio da qui, dalla scelta del tuo psicoterapeuta per poter iniziare a fare le scelte giuste per la tua vita. Cara Manila prendi un forte slancio, riparti dalla forte determinazione che ancora hai nel volerti laureare nella facoltà di tua preferenza e riprendi il tuo cammino su questo pianeta. Cammino che per un po’ si è rallentato (succede ad ognuno di noi nell’arco della propria esistenza). Sei così giovane che hai ancora tutto il tempo disponibile per riuscire ad ottenere ciò che più desideri ma molto dipende anche te!! Sono sicura che se ti affiderai nuovamente ad un psicologo con il quale analizzare ed elaborare le tue problematiche, la vita riprenderà ad avere il giusto valore anche per te. Lo so è faticoso ma lo devi fare!! Un grosso, grosso augurio e un caro saluto.
Giovane Manila, le consiglio di utilizzare la chiarezza con la quale ha descritto le personali problematiche esistenziali, come risorsa personale per decidere da lei stessa e solo con se stessa il lavoro che vuole fare, gli studi che vuole intraprendere, dove vuole vivere ed anche da quale psicologo si vuole fare sostenere per uscire definitivamente dalla schiavitù e dalla dipendenza delle “terribili situazioni” che la tiene prigioniera. Solamente in questo modo, per i risultati che otterrà, positivi o/e negativi che siano, potrà dire a se stessa: questa SONO IO e differenziarsi dalla simbiosi che la lega ai suoi genitori. Cordiali saluti
Dott.ssa Maria Zampiron

Dott.ssa Maria Zampiron

Padova

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