Prima di ogni gara si incupisce e diventa teso, io cerco sempre di incoraggiarlo

ANTONELLA

buongiorno sono la mamma di un bambino di 8 anni meraviglioso, e' uno sportivo e di solito ad ogni gara che fa' e' sempre fra i primi 3 posti. ultimamente non e' piu' cosi' ed ho notato che prima di ogni gara si incupisce e diventa teso, io cerco sempre di incoraggiarlo, ma l'ultima volta ho sbagliato tremendamente: ha fatto la sua gara e non e' arrivato bene e io un po'dispiaciuta per la sua delusione un po'ero nervosa insomma invece di consolarlo per cercare di spronarlo in quanto le sue capacita' sono altre lo ho brontolato in malo modo.mi sono resa conto che non era giusto e di conseguenza il gg dopo gli ho comprato un regalo per consolarlo della coppa che non aveva preso con vassoio di dolci e un biglietto con scritto che sara' sempre il mio campione e le mie scuse.vorrei sapere se secondo lei posso stare serena che il bambino abbia recepito il mio messaggio, forse e' ancora piccolo e l'ho ferito troppo per capire le mie scuse (anche se mi ha detto che avevo ragione e non mi dovevo scusare con lui)faccia le prossime gare tranquillo,cosa posso fare ancora per lui, sono molto dispiaciuta e sto' malissimo, mi domando se sono io la causa delle sue tensioni?non riesco ad essere una brava madre? forse sarebbe meglio dirgli che va sempre bene anche quando sbaglia? devo cercare anche all'interno della squadra?in ultimo alla gara precedente mezzora prima di gareggiare ha vomitato, e il nostro medico lo ha attribuito ad ansia da prestazione. puo'essere a questi livelli grazie saluti una mamma angosciata

26 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile signora, la competizione fa bene, ma come ogni cosa va presa a piccole dosi. Le gare, il bambino, le fa per lui o per lei? Qualsiasi cosa fanno i bambini, dovrebbero farla con gioia. Prima c'era un detto: l'importante è partecipare, forse così non si da' molta carica, ma cerchi di fargli capire che l'importante è impegnarsi e fare di tutto, se poi i risultati sono altri, si potrà fare meglio la prossima volta. Non deve sentirsi delusa se suo rfiglio per una volta non va bene. Ormai lui conosce la sua reazione e non vuole deluderla ancora, ma si faccia lei un'analisi del perchè è così importante la vittoria di suo figlio. Cosa e a chi lei, tramite suo figlio, deve dimostrare qualcosa?
Buongiorno Antonella! Sintomi come quelli che lei racconta sono sempre più frequenti tra bimbi che, sempre più presto rispetto ad un adeguato sviluppo psico-sociale, vengono avviati alla carriera pre-agonistica. In relazione a questo molte sono le cose che un genitore può fare per accompagnare il figlio con una sincera volontà di sostegno, come mi sembra di leggere nella sua. Innanzitutto domandarsi: come mai il figlio ha scelto quella disciplina e non un'altra? La motivazione profonda lui potrà trovarla solo lì e lei potrà avere il compito, ciclicamente, di ricordarglielo. Poi iniziare a interrogarsi, con sincerità, sul come mai lei tiene così tanto queste performance? Infine, cosa che non appare dallo scritto, mi chiedo dov'è il papà di questo bimbo...
Gentile Signora le consiglio come prima cosa di fare un bel esame su se stessa e chiedersi "cosa mi aspetto da mio figlio?" Poi chiedere a suo figlio che cosa vuole e quali sono i suoi obiettivi e che cosa lo spinge a ricercare quelle mete. Se il bambino le risponde che fa tutto per accontentare lei e non perchè desidera fare quelle cose allora dovrà rivedere i messaggi che manda a suo figlio e gli obiettivi troppo ambiziosi che gli trasmette cercando di renderli congruenti con le sue capacità e le sue inclinazioni. Dopo gli insuccessi evitare i processi e stimolare a trovare eventuali soluzioni per migliorarsi. Trasmettere sempre accettazione incondizionata, stima ed affetto indipendentemente dai risultati.
La sua lettera è da manuale nel senso che è una delle situazioni che maggiormente emergono negli ultimi anni. Non le do alcun consiglio se non quello di cercare, attraverso un supporto breve, di definire la visione che lei ha del suo bambino. L’immagine virtuale che sta proiettando sullo schermo bianco. Probabilmente la sua visione non concorda con quella che suo figlio vede, vive e percepisce. Deve fermarsi a guardare quello che c’è dentro ed attorno a suo figlio e non quello che c’è nel cassetto dei suoi (personali) desideri. Vanno bene tante cose: il supporto, la sfida, la vittoria di una gara ma sempre se questi eventi vengono letti alla luce di una vita di relazione e di affetti, di supporto ed amore e non di successo, doveri e sforzi per evitare le delusioni; di dipendenza e di debiti da onorare. Gestire una "sconfitta" è più importante che vivere una vittoria; con la prima bisogna ricominciare, nella seconda continuare. C'è tutto da imparare. La vita, l’educazione è quindi altro delle reazioni. I rimorsi, i sensi di colpa non fanno altro che alterare dinamiche naturali come la gioia, la serenità e la leggerezza di un passatempo. Mi scusi per la crudezza ma siamo nel 2013 e non è più tempo di rimanere indietro. Con grande stima
Buon giorno signora Antonella, bisogna che faccia vivere al bambino la gara come un gioco e non investendo su quella aspettative e aspirazioni. Sicuramente il supporto delle figure di riferimento è molto importante. Penso che il bambino abbia capito le sue scuse ma cerchi di divertirsi con lui. Cordiali saluti
Cara mamma, senz'altro è comprensibile come per voi genitori sia importante vedere vostro figlio non solo sereno ma anche realizzato, in grado di raggiungere risultati anche importanti negli sport che più gli piacciono. Tuttavia, dagli episodi descritti, sembra anche che il piccolo viva il momento della gara con un livello d'ansia superiore rispetto alla normale "ansia pre-gara"...è interessante quello che lei descrive in merito alla sua reazione di fronte al fallimento di suo figlio nella gara: lei si descrive come un po' nervosa, e come reazione ha avuto un atteggiamento brusco nel bambino, salvo poi consolarlo "per non aver vinto la coppa"...ma come mai si sentiva nervosa? può essere che il fallimento che suo figlio ha vissuto le abbia dato fastidio e l'abbia resa, appunto, nervosa nei confronti del piccolo? e ancora: secondo lei per un bambino è più importante vincere una gara e ricevere una coppa o ricevere l'approvazione dei suoi genitori? E' chiaro che per un genitore avere un bimbo sportivo e in grado di vincere gare anche complesse è molto importante, ma spessissimo succede proprio quello a cui mi riferivo con le mie domande, e cioè: siccome per un bambino la cosa più importante è mantenere il legame con i propri genitori e mantenersi "degno d'amore" ai loro occhi, egli è spinto a compiacerli, anche a costo di provare sentimenti di fortissimo disagio. Ecco allora che se i genitori, con comportamenti anche involontari, passano il messaggio che "apprezzo mio figlio solo se dimostra di essere bravo, all'altezza, vincente", il bambino si sentirà in dovere di vincere a tutti i costi (con altissima ansia prima della gara) e - in caso di insuccesso - si vergognerà di se stesso, ritenendosi non all'altezza. Al di là del successo o dei premi materiali, per un bambino la cosa più importante è sentirsi amato dai genitori, e sentirsi accettato da loro, in qualunque situazione e indipendentemente dai risultati (positivi o negativi) che dovesse acquisire. Nel caso in cui vostro figlio mostri segnali persistenti di ansia o di forte disagio, o nel caso in cui vi rendiate conto che quanto descritto prima è un nodo difficile da sciogliere per voi genitori, vi consiglio di chiedere aiuto ad uno psicologo esperto in psicologia infantile e famigliare, anche semplicemente per una breve consulenza a voi genitori, o per un breve percorso di sostegno e approfondimento. In bocca al lupo
egregia Sig Antonella dalla sua richiesta di aiuto sembra che lei non abbia un marito o un compagno. Generalmente queste questioni si discutono in due e poi eventualmente si cerca un consiglio diverso. Se così fosse, che non ha un compagno o un marito, ha fatto bene a richiedere un consiglio altrui, in caso contrario mi piacerebbe sentire la voce del suo compagno o di suo marito. E' pur vero che è lei l'angosciata ma da come descrive i fatti della sua angoscia sembra che tenga più lei alle prestazioni di suo figlio che non suo figlio stesso. Ciò non implica per forza che lei non sia una buona madre ma solo che vuole il meglio per suo figlio anche se a lui, forse, quel meglio non interessa poi molto se non per paura di perdere la sua considerazione. Il consiglio che le posso dare è di provare, a livello fantastico si intende, a gareggiare lei ed in caso di sua sconfitta con borbottamento di suo figlio si faccia portare i pasticcini con le sue scuse per il borbottamento. Forse lei riuscirebbe ad elaborare la cosa ma se avesse otto anni le occorrerebbero un quintale di coccole oltre ai pasticcini ed invece del biglietto di scuse buon e lungo cammino a lei ed a suo figlio
Cara mamma di un bambino di 8 anni "sportivo", fa proprio bene ad essere angosciata e ancor di più farebbe a trattare il suo bambino come tale. Ciò vuol dire come un bambino che ha diritto di vivere la sua età senza essere costantemente in gara per sentisi accettato nella vita. Da un punto di vista psicologico, anche non sapendo di quali gare si tratti e di che sport pratichi suo figlio, l'agonismo non dovrebbe cominciare cosi presto e almeno fin verso gli 11 anni. Quindi , un conto è la pressione che può esercitare una squadra o un Mister, come molti fanno purtroppo, e un altro conto è cercare di dare al bambino una vita trnaquilla e adatta a farlo crescere il più serenamente possibile. Lei non accenna nella sua lettera alla figura paterna, le chiederei quindi come si rapporta il padre nei confronti delle "gare" del figlio. Da chi proviene questa eccessiva spinta alla competizione, dalla mamma soltanto, dal papà, da tutta una squadra che si aspetta dei risultati da lui? A questa età sono comunque preferibili degli sport di squadra, per es. il basket, la pallavolo, la pallanuoto, tutto ciò che aiuta a coltivare le amicizie e lo spirito di gruppo, e possibilmente con modalità che non spingano all'eccesso la competizione. Osserviamo talvolta alcuni padri sul bordo di un campo di calcio che incitano i propri figli con parole non proprio da educande, anche a far male agli avversari,...ecco per intenderci, cosa non fa bene a un bambino di quell'età , e anche oltre. Il vomito è l'espressione somatica del grande disagio psichico che suo figlio prova e del conflitto che vive, che non riesce a esprimere a parole : da un lato il "dover" essere primo o tra i primi tre ad ogni costo (per far felici la mamma e il papà), dall'altro l'ansia e la paura tremenda di non farcela. Il non arrivare sempre tra i primi mette in discussione in suo figlio il fatto di non sentirsi piu amato e accettato da lei, la mamma, da altri forse, non so, lei non accenna. Le ricordo che un bambino ha bisogno di sentirsi amato per ciò che è, in modo incondizionato, non perchè ottiene risultati e secondo ciò che dà. Basta poco, in tal caso, a scatenare l'ansia da prestazione, come giustamente ha detto il suo medico, ansia che deriva dal non sentirsi amato. E non è con un regalo che lei sistema la situazione, bensì modificando la vostra (presumo familiare) impostazione e le vostre aspettative nei riguardi del bambino. Occorre ridimensionare lo sport a un'attività come tante, dove magari riesce meglio ma senza esagerare negli allenamenti , aiutandolo con affetto. Ma occorre permettergli di dedicarsi anche ad altro, di fare insomma una vita normale di un bambino di 8 anni. Mi chiedo da quale età sia sottoposto a tale stress...ci rifletta signora e chieda consulenza a uno psicologo/a della sua città. L'errore da non fare è quello di non far diventare il bambino "un problema", ma quello di fare voi genitori - a mio parere - degli incontri pedagogici per sapere come affrontare la situazione e come strutturare le vostre aspettative nei confronti di un bambino, che si trova sicuramente sovraccaricato e troppo sotto pressione. Scusi la chiarezza, ma troppi danni e troppe violenze psicofisiche vengono purtroppo perpetrate in nome di un'attività sportiva che poco ha dello sportivo, su bambini troppo piccoli per fare sports a livello agonistico. Spero che la mia risposta serva di riflessione e vi porti a modificare concretamente la condizione del vostro bimbo, che è in crescita e in sviluppo, ha bisogno di supporto non di vedere malcontenti perchè non è il primo della squadra, della classe e, in futuro, nella vita.
Gentile Signora, la prestazione sportiva in un bambino di 8 anni và gestita con accortezza, evitando eccessive pressioni e richieste massicce di agonismo. Cooperazione e competizione debbono accostarsi proficuamente nel percorso evolutivo, favorendo l'interazione e il confronto sociale, ma evitando un assorbimento smisurato a discapito di altre attività, quale ad esempio il gioco libero. Inoltre, non sottovaluti l'aspetto psicopedagogico che il perdere ogni tanto può rappresentare: noi psicologi definiamo ciò "tolleranza della frustrazione", un punto di crescita rilevante nello sport come nelle più generali sfide della vita. Parli ancora con il suo cucciolo, cerchi di comprendere meglio ansie e motivazione, gli confermi la sua disponibilità ad amarlo ed accettarlo, anche se volesse rinunciare allo sport. In caso di ulteriori dubbi non esiti a consultare uno psicologo, talvolta presente gratuitamente nella scuola. Un cordiale saluto
Gentile Antonella, L'ansia di prestazione può avere effettivamente manifestazioni che appaiono clamorose come quelle che lei descrive, ma, a mio parere, il cuore del problema non sta tanto nella gestione della gara e del pre-gara. Io credo che qualche piccola variazione nell'approccio generale che voi avete con il bambino potrebbe risolvere questa difficoltà che si appalesa in prossimità di appuntamenti sportivi. Intendo dire che la chiave potrebbe stare nella gestione di tutta la vita familiare, del modo in cui gli vengono fatte le richieste, vengono gestiti ed elaborati gli insuccessi e i successi, il modo in cui Lui può sentirsi accolto e importante come bambino, prima che come sportivo, scolaro, figlio, ecc. Credo che qualche seduta di sostegno al vostro ruolo di genitori potrebbe aiutarla a risolvere questo momento difficile del suo bambino. Le faccio i miei migliori auguri e la saluto cordialmente.
Buongiorno Antonella, si!, suo figlio è ancora piccolo! A 8 anni lo sport deve essere un gioco e SOLO un gioco! Vengo dal mondo dello sport e ho esperienza di queste situazioni che purtroppo nel nostro paese sono molto diffuse per assenza di cultura sportiva. La competizione serve a prendere coscienza delle proprie capacità e dei limiti, di quello che si sa fare e dove bisogna migliorare, ma all'età di suo figlio è ancora presto per fare progetti. Anche il momento della gara deve restare un gioco, un divertimento: dopo la gara si passa ad altro si va a giocare tutti insieme a qualcos'altro. Si fa una grigliata insieme La gara dovrebbe essere un piccolo momento (che può essere andato sia bene che male) di una bella giornata di allegria, condivisione di emozioni e affetti, di gioco ed esplorazione. Suo figlio è cupo, non rende quanto dovrebbe e non si diverte più. Non dice come si sono comportati gli altri: il padre, l'allenatore, i dirigenti della squadra, gli altri bambini e i loro genitori: suo figlio è immerso in tutto questo, non conta solo quello che fa la mamma! Lei è stata attenta, ha visto suo figlio cambiare, poi ha cercato di raddrizzare una barca che stava già affondando. Le suggerirei di pensare a cosa è più importante per lei: i risultati sportivi o la serenità di suo figlio? La lettera che scrive fa pensare alla serenità di suo figlio - e magari anche la sua! Suggerimento: gli chieda cosa ne pensa lui, se gli piace ancora quello che sta facendo, (si può sempre cambiare sport!). Se lui ne parla avete aperto un canale di comunicazione nel quale lei deve "solo" cercare di capire cosa rende felice suo figlio - che potrebbe non essere l'arrivare nei primi 3! Se non ne parla, lo osservi, lo ascolti con il cuore, cerchi capire cosa gli passa per la testa senza indagare, senza pretendere risultati, ma osservandolo due passi più indietro: è un bambino di 8 anni, e suo figlio, cosa importa se prende una coppa o no? Consolarlo per una gara andata male vuol dire raccogliere dispiacere, rabbia, lacrime, fargli capire che può accadere di tutto ma la mamma sta dalla sua parte, è disposta a ridere e giocare con lui. E poi tutto questo terribile succedersi di eventi finisce in una risata e si va avanti. Insomma sia "solo" mamma, serena e tranquilla: non è successo niente di grave: suo figlio ha affrontato un compito più grande di lui, non ce la fa, non è una sconfitta, è solo troppo presto, lasciategli il tempo di crescere di provare piacere nella competizione (e non nel risultato) nello sforzo che fa sentire di essere capaci ( e non nella fatica di dovere essere primi). Spero di averle dato qualche indicazione utile, se vuole riscrivermi le risponderò aiutandola ad orientarsi nel seguire suo figlio nel mondo dello sport, godendovelo tutti e due! E' la cosa più bella che ci sia, perché c'è, non perché si vince. In bocca al lupo
Gentile Signora, il suo bambino potrebbe soffrire di ansia da prestazione. Dato che il problema è insorto “ultimamente”, andrebbe compreso cosa può essere accaduto (ipotizzo: in una gara non è rientrato tra i primi tre posti; ha subito qualche sconfitta imprevista; è stato deriso sul campo, ecc.) da aver provocato in lui una certa insicurezza verso se stesso, dovuta magari alle alte aspettative nonché alla difficoltà ad accettare la sconfitta o lo standard che si è prefissato. Quindi il dialogo può aiutarlo a risalire alle cause. Ovviamente va spinto a sdrammatizzare l’insuccesso, puntando anche sul fatto che l’insuccesso o l’errore permettono di migliorare.
Cara Antonella, le emozioni che coinvolgono i bambini sono diverse da quelle degli adulti, che ormai hanno già una personalità definita e si presume abbiamo maggiori capacità di lettura della realtà. Non posso essere sicura che suo figlio soffra di ansia da prestazione perchè non lo conosco, ma se il dottore le ha dato il suo parere, lei si sente preoccupata e il bambino mostra dei sintomi sarebbe utile in questa fase farlo vedere da uno psicologo/psicoterapeuta dell'età evolutiva, in modo da avere una diagnosi meglio specificata e poter meglio decidere in futuro con una lucidità maggiore.Distinti saluti
Cara signora, credo che faccia bene a porsi delle domande, ma senza utilizzarle come elementi di colpa “contro” di sé, quanto come elementi di riflessione “su” di sé e su aspetti suoi che possono condizionare l’ansia che il suo bambino ultimamente manifesta prima delle prestazioni agonistiche. Mi verrebbe da chiederle: come mai si innervosisce così tanto quando suo figlio non raggiunge i risultati sperati nel “suo” sport? E perché parla dei momenti in cui l’efficienza sportiva del suo bambino non è al massimo nei termini di “sbagliare”? Forse sarebbe utile che si rivolga a qualche specialista della sua zona per fare qualche colloquio, quel tanto che basta per farsi aiutare a riflettere su alcuni elementi che mi sembra possano essere d’ostacolo alla sua possibilità di sostenere le sconfitte del suo bambino, inevitabili nella vita di chiunque. Ci terrei a sottolineare che questo invito non nasce dal fatto che lei, come teme, non sia una brava madre (anzi già il fatto che si ponga delle domande mi sembra importante), piuttosto dalla consapevolezza che se il suo bambino avrà una madre più serena al suo fianco, disposta a tollerare insieme a lui le sue delusioni, anche lui riacquisterà la giusta serenità per fronteggiare le sue gare e la sua vita più in generale, potendo accettare che non sempre le cose vadano secondo i propri desideri e le proprie aspettative.
Salve, l'ansia da prestazione di suo figlio è determinata dalla paura di non farcela, probabilmente ha perso la capacità di divertirsi nello sport. E' proprio questo piacere che suo figlio dovrebbe ritrovare, con il suo aiuto. Bambini così piccoli non devono essere incentivati a tutti i costi alla vittoria, altrimenti sarà una meta sempre più ambita, con la conseguenza di aumentare l'ansia e paradossalmente abbassare la prestazione. Con calma spieghi a suo figlio che la sport deve servire a stare con gli altri con allegria, magari la delusione degli adulti intorno lo avrà convinto di aver fallito. Con bambini così piccoli tutto può essere rimediato, ma è necessario che anche i suoi genitori siano convinti del vero valore dello sport...i bambini sono molto sensibili alle reazioni emotive degli adulti...auguri
Cara Antonella, il suo medico ha ragione, siamo in presenza di ansia da prestazione, accresciuta dal non riuscire, in questo periodo, a mantenere i risultati precedentemente raggiunti. Il problema pero' sta nel fatto che di certo il bambino avverte il desiderio della mamma di vederlo primeggiare e alla sua ansia si aggiunge la richiesta materna. Per prima cosa le consiglio quindi di allentare le aspettative sui risultati che suo figlio può ottenere. Anche se talvolta può essere vero che l'importante non è partecipare, ma vincere, nel caso di un bambino così piccolo è sensibile, vale il sacro motto: L'importante è partecipare!. Se vuole che l'ansia si attenui cerchi di investire meno nelle aspettative del risultato e molto di più nella formazione del carattere dello sportivo, in modo che ogni competizione abbia valore, non in base all'esito finale, bensì al modo in cui viene affrontatata. Non si colpevolizzi credendo di non essere una buona madre, anche lei soffre di ansia da prestazione e se riesce a liberarsene insegnerà a suo figlio come riuscirci. Le auguro una buona giornata.
Gentile mamma angosciata,l'ansia prima di una prestazione è una reazione fisiologica naturale e utile a rimanere concentrati, quando però è in eccesso può divenire un ostacolo e scatenenare reazioni psicosomatiche quali il vomito del suo bambino.Considerato il modo in cui lei ha ragito di fronte al risultato "negativo" della gara di suo figlio è possibile che lei abbia delle aspettative eccessivamente elevate e trasmetta a suo figlio pressioni eccessive che lo inibiscono. Provi a non "richiedergli troppo" ad accompagnarlo e supportarlo nel suo percorso gratificandolo sempre per il suo impegno indipendentemente dal risultato e vedrà che potrete ritrovare la giusta serenità. Cordiali saluti
Carissima Antonella, porsi delle domande sul proprio ruolo genitoriale fa già un buon genitore, ancora meglio poter accogliere punti di vista alternativi a quello personale. La vita, in fondo, è per l'essere umano un pò come una gara: continue prove da affrontare! Noi adulti abbiamo maggiorni strumenti per fronteggiare le conseguenti delusioni rispetto ai bambini. Nel caso di tuo figlio, come tutti gli esseri umani, non è una macchina infallibile: lo sport rappresenta una dimensione, di per sè, caratterizzata da competizione e voglia di vincere, ma per un bambino di 8 anni deve necessariamente lasciare più spazio al divertimento ed alla socializzazione coi pari, in fondo, se è bravo, i risultati arrivano lo stesso. Un genitore deve accompagnare in questo percorso senza troppe pressioni sapendo che i buoni risultati saranno sempre accompagnati da gioia e soddifazione ma soprattutto consolarli e sostenerli in caso di delusioni inevitabili. Molte volte l'adulto proietta le proprie aspettative mai raggiunte nei bambini/figli e, come nel tuo caso, col rischio che la delusione sia più tua che sua.
Gentile signora Antonella, capisco la sua preoccupazione poiché è difficile vedere il proprio bambino che si incupisce e vomita senza sapere quale possa essere la causa. Credo che una cosa molto utile da fare sia parlare con l’allenatore di suo figlio, parlandogli delle sue preoccupazioni, in modo da capire insieme cosa possa turbare il bambino e cercare di comprendere che relazione c’è sia con l’allenatore stesso che con i compagni. Sicuramente, un atteggiamento che può aiutare il bambino a non sentirsi sotto pressione è quello di puntare l’accento sul fatto che si diverta e che, come lei diceva, il risultato non è importante, è importante che abbia degli amici e che impari cose nuove dello sport che pratica e che ama in modo che si possa impegnare con allegria e serenità. È bene parlare con lui sempre al positivo evidenziando le cose che fa bene e mostrando fiducia nelle sue capacità. Non si colpevolizzi troppo per il suo scatto; si mostri, piuttosto, tranquilla e condivida con lui il suo sport con leggerezza e divertendosi insieme a lui. si può anche considerare l'idea di un cambio se il bambino volesse e con il suo appoggio. Resto a sua disposizione se volesse ricontattarmi. Cordiali saluti,
anche se ha 8 anni un bambino percepisce la responsabilità che gli viene attribuita rispetto, soprattutto ad una prestazione.le gare agonistiche, a maggior ragione, partono già dal presupposto che ci sarà un vincitore e degli sconfitti anche se in modi diversi ( secondo, terzo.....)l'ansia da prestazione colpisce ogni fascia di età perchè non è altro che un accumulo si tensioni e di idee svalutanti sulla propria persona e sulla possibilità quindi di non riuscire perchè inadeguato; questo sfoga con acting out psicofisiologici quali, dolori, malesseri, vomito ecc. Quello che sarebbe bene fare con ogni agonista specie se piccolo è motivarlo in modo adeguato all'interno del contesto sportivo, fargli capire la disciplina ed il sacrificio che OGNI sportivo fa per fare del suo meglio, ma lasciarlo vivere come un normale bambino di 8 anni fuori dal contesto di performance. per quello che riguarda lei forse può valutare quanto per lei sia importante che il suo bambino meraviglioso sia un vincente!!! fatta questa valutazione potrà tarare al meglio ogni suo intervento sul piccolo e riuscirà a prevenire eventuali errori futuri.
Buongiorno Antonella, ho letto con attenzione la sua lettera e ho avvertito la preoccupazione di una madre molto attenta e consapevole sia del suo ruolo genitoriale che dei sentimenti del suo bambino. Prima di tutto la vorrei tranquillizzare sulle sue capacità di madre in quanto tutti possiamo commettere degli errori ma il fatto che lei si preoccupi e si chieda se ha fatto o meno la cosa giusta è molto importante. I bambini hanno bisogno di essere pensati, e percepire che l’adulto di riferimento pone attenzione al rapporto con loro è fondamentale; potersi rispecchiare in una madre che ammette anche di aver sbagliato, è un grande permesso che un genitore può dare a suo figlio. Cara Antonella ha risposto a suo figlio in modo sano ammettendo il suo errore e passandogli il messaggio che è possibile sbagliare, le ha dato il permesso di poter non essere perfetto, messaggio che suo figlio farà suo anche in campo sportivo. Dare il permesso a un figlio di sbagliare, di non essere perfetti e continuare a sentirsi ok ugualmente, è fondamentale per il buon sviluppo psicologico del bambino. Ha mandato a suo figlio il messaggio che non sempre possiamo essere perfetti quindi non sempre è possibile arrivare sul podio in una gara, senza per forza sentirsi inadeguati. Questo per risponderle alla sua preoccupazione se il bambino possa aver recepito il messaggio. Inoltre a 8 anni i bambini sono in un periodo in cui devono misurarsi con nuovi contesti relazionali come la scuola o appunto attività sportive di una certo livello e la richiesta ambientale diventa sempre più rilevante. Il mettersi alla prova in questo periodo della vita significa per un bambino farsi un’idea della sua competenza e sviluppare la propria autostima. Suo figlio potrebbe aver percepito grandi aspettative da parte della famiglia nei suoi confronti e quindi provare ansia da prestazione. Adesso forse il bambino vive la vincita come un dovere nei suoi confronti, tanto che le dice di aver avuto ragione a sgridarlo, e non come prova per consolidare competenza e autostima. Per cercare di calmare la sua ansia potrebbe essere utile passare al bambino la sensazione che per lei è bravo qualunque sia il suo risultato alla gara, è orgogliosa di lui solo per il suo impegno. È utile far passare l’attività sportiva come un gioco, un’attività sana da condividere con i pari. Le suggerisco inoltre di non compensare il suo dispiacere per quel che è successo con dei giochi, l’autenticità di sua madre, la solidità e la fiducia che riesce a trasmettere a suo figlio sono doni molto più importanti e duraturi.
Salve Antonella, esercitare lo sport deve essere una gioia che innalza la stima di se stessi, la fiducia nelle proprie capacità quando si vince Quando si perde o si esprime una scarsa prestazione, lo sport insegna a tollerare la frustrazione senza abbandonare il senso della sicurezza personale: con la delusione dell’insuccesso lo sportivo apprende a gestire e tollerare l’eventuale sconfitta utilizzando le risorse e le capacità personali che possiede. All’interno di tale contesto, capita a tutti gli sportivi di vivere periodi in cui ci si sente stanchi, demotivati e si ha bisogno di fermarsi e di non gareggiare per un po’ di tempo. Un bambino di otto anni come suo figlio non possiede ancora l’ autonomia di essere sia consapevole delle difficoltà attuali che incontra nel mantenere il proprio livello di prestazione sportiva e sia quella, l’autonomia, di fare emergere risorse e capacità per superare i problemi. Certamente nel suo bambino è presente un’ansia di prestazione ma mi chiedo chi tra voi due, mamma e figlio, ne soffre di più? E da chi naturalmente ha origine questa ansia di prestazione? E’ un’ ansia di prestazione sportiva che, nel bambino, si esprime attraverso reazioni fisiche come la tensione del corpo e il vomito e, nella mamma, mediante la delusione, il nervosismo e la convinzione di non essere una brava genitrice perché non riesce a trovare i comportamenti e le strategie relazionali per sostenerlo a ritornare ad essere tranquillo nelle prestazioni sportive. Quindi, per realizzare l’obiettivo di ritornare a rendere sereno suo figlio nelle prestazioni, lei Antonella, per prima cosa accetti sino in fondo di avere sbagliato facendo emergere i propri e profondi motivi interpersonali che le hanno originato reazioni di scoraggiamento e di delusione per la scadente prestazione sportiva del proprio figlio. Secondo, riprenda la guida nel percorso di crescita di un figlio di otto lasciandolo libero di esprimere quello che prova, sentimenti, emozioni e considerazioni di se stesso a seguito dell’insuccesso senza invischiare i vissuti e le motivazioni propri con quelli del bambino. Lo ascolti, lo guardi attentamente senza giudicarlo, superi la propria posizione di responsabilità, soprattutto lasci che sia lui stesso a decidere cosa vuole fare attualmente con le competizioni sportive ed, innanzitutto, rispetti con amore le sue decisioni separando i propri desideri dai bisogni attuali di suo figlio. In altre parole riprenda, senza ansia ed angoscia, la guida del percorso di crescita di suo figlio come genitore che da sicurezza, lasci dietro alle spalle le proprie eventuali proiezioni ed aspettative personali che possiede nei suoi confronti e riguardo al successo nello sport per poter vivere con lui la serenità e la tranquillità della sua fase di crescita. Cordiali saluti
Dott.ssa Maria Zampiron

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Padova

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Salve Antonella, sì ha ragione il suo medico: sembra proprio un'ansia da prestazione. Probabilmente suo figlio, abituato a vincere, fatica ad accettare che potrebbe non essere così, sopratutto se crede che potrebbe deludere i suoi genitori, che si aspettano da lui molto. Dategli una tregua! Ha fatto molto bene a scrivergli un biglietto per fargli capire che lo accettate così com'è, purché non veda nel vostro volto la delusione. E' un bimbo e per lui è fondamentale sapere di essere amato incondizionatamente da mamma e papà, altrimenti potrebbe ledere la sua autostima e credo non sia proprio il caso trattandosi di sport!Meglio piuttosto che pratichi lo sport- che fa sempre bene al corpo e alla mente- ma non più a livello agonistico.
buongiorno, non si colpevolizzi più del necessario, suo figlio potrebbe sentirsi a sua volta ulteriormente in colpa anche per questo. E' normale che un genitore abbia aspettative rispetto alle conquiste del proprio figlio, certo questo non deve diventare fonte di stress o ansia di prestazione per quest'ultimo, far sentire che ci si aspetta che lui "vinca" non tanto la gara ma soprattutto la paura di non farcela, è importante far sentire al bambino che la sua aspettativa è che lui stia bene, si senta bene prima e durante la gara e non solo se vincerà la gara. Partecipare ad uno sport dev'essere un gioco a quell'età, e non uno stress da prestazione, al gioco si può anche perdere, ciò non toglie nulla al fatto di essersi divertiti, di aver scambiato coi coetanei e compagni di gioco un'esperienza entusiasmante e partecipativa, e di aver agito secondo le proprie forze e i propri limiti..nella vita conta di più imparare a considerare senza timore o disistima la possibilità di avere e incontrare anche i limiti, propri e altrui, perchè questa è la realtà, a anche la possibilità di crescere in modo autentico. cordiali saluti
Le parlo da psicologo e da padre di un ex nuotatore. Mio figlio ha nuotato sino a dodici anni e da un anno non gareggia più' smettendo da qualche mese di nuotare. La verità'? È'rifiorito! Credo che oggi sia già' abbastanza difficile vivere affrontando la vita per come si presenta senza offrire come possibile realizzazione personale la vittoria a tutti i costi. Nuotare e' bello ma più' bello credo sia offrire al proprio figlio ' l'opportunità' di scegliere la strada migliore per realizzar si. Vincere e' bello e rende orgogliosi noi è i nostri figli ma il rischio di trasferire su di loro aspettative mai realizzate e' talmente alto che è' molto difficile capire se non stiamo spingendo i nostri figli su una strada che forse non è la loro. Auguri
Salve Antonella sicuramente non è un solo episodio ad angosciare suo figlio ma forse lei pensa di avere caricato troppo emotivamente l'attività sportiva di suo figlio, infondo lo sport deve essere divertimento. Io dire che più che dirgli sempre che le cose vanno bene qualsiasi cosa accada dovrebbe alleggerire di aspettative, emozioni, attese, proiezioni, lo sport che fa suo figlio. Un bimbo così piccolo che non regge la tensione dopo poco lascia l'attività oppure cambia sport. E' una difesa! Mi faccia sapere! Auguri