l'Età della Fanciullezza

Secondo la psicoanalisi, la fanciullezza rappresenta il periodo in cui gli impulsi e gli istinti sessuali cadono nell'inconscio ed il fanciullo ricerca la compagnia degli amici, dei suoi coetanei. Il gioco individuale viene sostituito dal gioco di gruppo e collettivo, in generale.

Egli entrando in contatto con il "mondo delle cose" monta, smonta, costruisce gli "oggetti" con la curiosità intellettuale tipica di questa età che va dai 5/6 ai 10 anni.

Questo periodo, definito anche "età dell'apprendimento" consente al fanciullo di ragionare nell'ambito di operazioni concrete, cercando di trovare soluzioni all'interno di un problema, attraverso varie prove. É l'ausilio di una "logica concreta" in quanto si riferisce a qualche cosa che può da lui essere manipolato. Pertanto, l'esperienza scolastica, é da lui stesso avvertita come un progresso, un invito alla conoscenza. Spesso, l'inizio della scuola elementare, può causare tensioni, paure, conflitti dovuti anche al timore dell'ignoto, della novità, dal percepire l'esistenza di una valutazione della sua persona in mezzo agli altri (coetanei). Questo turbinio di emozioni, sensazioni é più accentuato laddove non vi é stato un inserimento in età prescolare (asilo). In questa fase, lo sviluppo del pensiero é proiettato verso il controllo dell'ambiente "nuovo" e, tale pensiero si va socializzando mediante il rapporto e le eventuali divergenze col pensiero altrui.                      

La razionalizzazione si evolve insieme alla socializzazione in due momenti : il primo, mette in risalto il non adattamento del soggetto al nuovo ambiente, il secondo, comprende il processo del suo adattamento. Nel primo momento, esistono aspettativa, inquietudine, tendenza a reprimersi verso gli altri, nel secondo, egli comincia a vivere con gioia la sua vita in relazione con i compagni. L'uso della parola diventa più appropriato, in contemporanea con l'evoluzione del  "pensiero logico".

Verso i sette anni il linguaggio si socializza molto passando, completamente, dal monologo isolato, parallelo e dal dialogo sullo stesso argomento sconnesso da legami, al discorso con risposte adattate nella reciprocità. Il linguaggio, ora, inizia a diventare un vero mezzo di comunicazione e di espressione delle proprie idee, nonché strumento di condivisione affettiva come già accaduto nel bambino, negli anni precedenti.

Grazie alla socializzazione con il pensiero si sviluppa anche il senso morale e Piaget spiega "la logica come una morale del pensiero" che si determina nel rapporto con gli altri. Attraverso la collaborazione che induce alla discussione, si provoca la critica ed il confronto oggettivo, portando prima all'abbandono della convinzione riduttiva perché egocentrica, poi,  al superamento del sociocentrismo, che é sinonimo di fiducia profonda ed incondizionata nell'adulto, fin quando l'individuo arriva a riconoscere i principi della "logica formale" in quanto leggi necessarie alla convivenza comune.

Quando il soggetto raggiunge tutto ciò significa che ha assunto autonomia del giudizio etico sul piano intellettuale. 

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