Trascorro molte ore presso malati terminali

renzo

Buona sera, sono da 6 anni un volontario dell'A.V.A.P.O. di Venezia,presso il reparto oncologico di Venezia. Trascorro molte ore presso malati terminali, e il problema mio, è riuscire ad essere il più possibile di aiuto e di sostegno (soprattutto psicologico) a questi "AMICI/CHE" ormai sono figure importanti della mia vita. Loro hanno molte difficoltà nella comunicazione verbale, ma in quella non verbale sono un fiume in piena. Vorrei un suo consiglio e un aiuto, se può essere valido un libro che sto cercando senza risultato: La sinergologia. Comprendere l'interlocutore dalla gestualità. di Philippe Turchet. Se non fosse il più adatto, saprebbe gentilmente consigliarmene qualche altro? Premetto che non voglio essere quello che risolve i loro problemi, ma almeno potergli esse accanto nella maniera più giusta fino alla fine! Grazie infinite per qualsiasi fosse la sua risposta. Renzo

8 risposte degli esperti per questa domanda

Caro Renzo, il grande pregio dei volontari è quello di esserci laddove altre figure di riferimento a volte possono mancare e laddove le figure mediche non possono arrivare per gli evidenti limiti che la loro professione impone loro. Certo che comprendo il suo enorme slancio nei confronti di queste persone che probabilmente sono diventate a lei familiari. E non è casuale il suo bisogno di prodigarsi sempre di più... Io utilizzo una metodologia corporea che però non nasce dalla lettura di soli testi ma soprattutto da una costante pratica ed osservazione. E non le dico questo a caso ma bensì per mettere in evidenza alcuni punti importanti secondo me per la sua vita da volontario e non. Il malato ha bisogno di contatto e appoggio ed io credo che lei questo lo stia già facendo con grande amore. Ma è anche il volontario che deve sapersi fermare e capire quando deve chiedere appoggio... Per poterlo poi restituire in maniera più integra e buona. Quello che può continuare a fare è dare contatto e stare in contatto(quello vero anche, delicato di una piccola carezza o di uno stare senza parlarsi tenendo semplicemente la mano della persona che in quel momento non trova altro modo per far uscire il suo dolore). Questa è un'esperienza che ricostruisce e "riempie" molto di più di un libro o delle parole. Non esiti a ricontattarmi per qualsiasi tipo di richiesta. Un caro saluto
Gentile Renzo, un vivo riconoscimento per quanto dona; sono certa che riceve in cambio altrettanto... Mi occupo da anni di formazione del volontario, ma non conosco il testo che Lei cita. A ma piace molto questo: "PARLARE NON BASTA, l'importanza del contatto fisico e della vicinanza nelle relazioni di cura", autore AUtton, editrice EDT. Se vuole dare un'occhiata anche al testo che ho scritto io sull'argomento, è questo: Brunialti, FORMAZIONE PSICOLOGICA E RELAZIONE DI AIUTO, ED OARI, Brezzo di Bedero. Può ordinarlo presso la casa editrice. Saluti cordiali
Dott.ssa Carla Maria Brunialti

Dott.ssa Carla Maria Brunialti

Trento

La Dott.ssa Carla Maria Brunialti offre supporto psicologico anche online

Complimenti per il lavoro da volontario AVAPO: Lei é ammirevole!! Per quanto riguarda la disciplina della Sinergologia credo che ci siano dei corsi appositi che possano approfondire ed intensificare la relativa cultura della decodificazione del linguaggio non verbale (corporeo). Per quanto riguarda il libro di Turchet Philip ritengo che sia validissimo. Non so come mai Lei abbia difficoltà a trovarlo poiché é edito da Armando Editori e se non lo trova forse é in ristampa. Cordiali saluti
Buongiorno, sincramente, così su due piedi, non saprei indicarle qualcosa di specifico. Nella letteratura moderna ci sono molti testi di comprensione Linguaggio del Corpo, ma sono piuttosto generici.
Caro Renzo, comprendo il tuo stato d’animo, certamente non deve essere facile vedere ogni giorno persone che stanno per lasciarci e capisco il tuo desiderio di star loro vicino nel modo più adeguato. Quello che mi sento di risponderti in tutta di sincerità è che non per forza devi credere che solo in un libro troverai le risposte che cerchi … la cosa più importante è quello che tu senti quando stai con loro, ciò che trasmetti. Loro hanno bisogno di sentire l’amore di chi sta loro accanto, quello che di certo devi evitare è comunicare con i tuoi gesti e, soprattutto con i tuoi occhi, compassione nei loro confronti. Comprensione per la loro sofferenza di certo, ma compassione mai. Io non so se tu sei un operatore delle professioni definite “d’aiuto”, né conosco le condizioni specifiche dei pazienti con i quali ti trovi a interagire, ma penso che ti basta affidarti ai tuoi sentimenti … prova a capire cosa ti arriva dai loro gesti, quale significato dai tu e non quello che in genere potrebbe voler dire. Per quanto riguarda il testo, non saprei consigliarti un libro specifico … il linguaggio non verbale è trattato in molti libri, anche con singoli capitoli all’interno di libri. Personalmente, non conosco bene il testo che citi, ma visto l’argomento potrebbe andar bene. Considera che non esiste un testo che ti dia tutte le risposte che vuoi, qualcuno ti soddisferà per certi aspetti, qualche altro per altri … Perciò ti ripeto: affidati ai tuoi sentimenti. Spero di esseri stata d’aiuto. Cordialmente.
Se le possono essere utili le consiglio i testi di Elisabeth Kübler Ross.
Le rispondo più da persona con esperienza diretta di malattia oncologica, che da Psicologa. Non conosco il libro che cita, ma al di la delle letture, che riprendono sempre la scia di gusti personali e altrettanti inclinazioni, le consiglio di utilizzare nel suo piccolo la musica come coadiuvante nella comunicazione non verbale. E' un ottimo canale per liberare le emozioni, sia nostre - cioè di chi assiste - sia per il paziente. Per quanto possa sembrare banale, un atteggiamento positivo, allegro, orientato al futuro, è sempre preferibile. L'ascolto passivo non serve a molto. Interagisca con i pazienti ma non li chiami "amici". Non sono amici. Sono persone che vivono una situazione dolorosa, ognuno con la sua storia alle spalle, con una famiglia, relazioni, con tratti di personalità, simili o diversi dai suoi. L'empatia è importante, ma dobbiamo mantenere sempre la giusta distanza emotiva, se ovgliamo che il lavoro sia svolto con efficienza, e se vogliamo sopravvivere all'inevitabile separazione che verrà. :) Non si arrenda, il suo è un lavoro speciale!

Gentile Renzo,

premetto di non conoscere il libro a cui fa riferimento nel testo della Sua mail. Rispondo sulla base della mia esperienza, ormai abbastanza consolidata in campo oncologico (lavoro da diversi anni per un'organizzazione che si occupa di malati oncologici). Ogni testo (quando ben fatto sulla base di studi e dati da fonti attendibili, ovviamente) può essere un validissimo aiuto, una fonte di informazioni per il proprio "Sapere". Sicuramente però saprà, perchè lo avrà imparato sul campo e vicino a tanti letti, mani e occhi, che la migliore qualità di ogni Volontario è il "Saper essere", un mix tra nozioni apprese con corsi di formazione o testi specifici e (e io tendo a sottolineare moltissimo questo secondo aspetto) caratteristiche di umanità, sensibilità, empatia che nessuno davvero può insegnare fino in fondo. Credo siano il risultato della combinazione tra le proprie predisposizioni e il proprio percorso di vita e di evoluzione personale. E quando la parola non può più essere un mezzo di comunicazione accendere la propria capacità intuitiva è l'unico canale possibile. Quando "non si sa" come fare o cosa dire a volte entriamo in quell'affanno di ricerca della cosa giusta che ci allontana dall'altro per il quale, paradossalmente, tanto ci affanniamo. Il mio personale suggerimento, in quei momenti, è di spegnere tutto, tutte le nozioni a cui cerchiamo di appigliarci, e di seguire quello che ci suggerisce l'ascolto profondo dell'altro, il nostro sintonizzarci con lui. Siamo talmente abituati a non stare nel silenzio verbale che abbiamo dimenticato, o comunque abbiamo perso un po' di allenamento a farlo, come connetterci all'altro attraverso gli altri sensi e segni. Quello di cui parlo, ovviamente, è reso possibile se, come Volontario, ha la possibilità di essere supervisionato da una figura formata appositamente che favorisce e accompagna. L'argomento non è semplice ed è ricchissimo di sfumature, spero con le mie parole di non avere fatto confusione e di essermi spiegata al meglio. Buon proseguimento per la Sua attività, preziosissima. Liana