Perché mio figlio viene escluso.
Buongiorno, sono una mamma di 46 anni e mio figlio ha sette anni, quasi otto. Ci siamo trasferiti in Germania quando lui aveva tre anni. Ha affrontato il cambiamento in modo un po’ burrascoso, ma col passare del tempo ha imparato la lingua e si è integrato. Il problema è sorto quando ha iniziato ad andare in prima elementare, perché i suoi compagni di classe non lo vogliono, lo lasciano in disparte, non lo invitano a giocare, e in tutto questo la maestra non fa nulla. Il mio bambino è un bambino allegro, pieno di inventiva, gioca con la fantasia, è intelligente e altruista. La maestra mi ha detto che lui cerca un'amicizia affettuosa e che purtroppo i bambini tedeschi non sono abituati a questo. Io gli ho spiegato che queste cose sono successe anche a me e che prima o poi tutto si sistemerà. Abbiamo parlato molto e lui si è confidato con me, alla fine abbiamo preso una decisione molto importante insieme, abbiamo deciso di cambiare scuola. Adesso mi chiedo se ho sbagliato in qualcosa, oppure dovevo insistere che lui continuasse a stare in quella scuola. Ho sbagliato? Perché non so se ho fatto la cosa giusta, io percepisco il suo dolore e vorrei aiutarlo, gli organizzo incontri con bambini, e al corso di judo si trova benissimo perché non ha di questi problemi, tutti vogliono giocare con lui… allora dove sta il problema? In attesa di una vostra risposta vi porgo i miei saluti e vi ringrazio in anticipo.
Gentile Antonella,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità e attenzione la storia di suo figlio. Le sue parole raccontano non solo la fatica di un bambino che sta cercando il proprio posto nel mondo, ma anche l’amore profondo e il coinvolgimento affettivo di una madre che lo accompagna con sensibilità, ascolto e responsabilità.
Cambiare Paese, imparare una nuova lingua, adattarsi a una cultura diversa… tutto questo, per un bambino, è un compito enorme. Suo figlio ha già fatto un percorso molto importante, e il fatto che oggi esprima la sua sofferenza non è un segno di fragilità, ma di maturità emotiva. Si sente escluso, e ne parla con lei. Si fida. Si lascia aiutare. Questo è già un punto di forza.
Il tipo di esclusione che descrive – sottile, silenziosa, a volte ignorata persino dagli adulti – può lasciare ferite invisibili ma profonde. È comprensibile che lei si interroghi su ciò che è giusto fare, e il dubbio che esprime è il segno della sua attenzione genitoriale autentica.
La decisione di cambiare scuola non è mai semplice, ma da ciò che scrive emerge che è stata presa con il cuore e con il dialogo. Non esistono scelte perfette, ma ci sono scelte fatte per proteggere e sostenere, e la sua lo è. In più, il fatto che suo figlio stia bene in ambienti come il judo ci dice che ha capacità relazionali e risorse personali che meritano solo di essere riconosciute e sostenute nel modo giusto.
Se lo desidera, possiamo intraprendere insieme un percorso di consulenza psicologica, che le dia uno spazio per elaborare i suoi dubbi, comprendere più a fondo cosa sta accadendo e rafforzare le strategie educative e affettive già in atto. L’obiettivo non è trovare colpe, ma sostenere voi come famiglia in questo delicato momento di passaggio.
Resto a disposizione per un primo incontro conoscitivo, anche online.
Un caro saluto,
Dr. Alessio Gennaro Miele
Psicologo clinico e forense
Dott.Alessio Gennaro Miele
Psicologo clinico - Napoli
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