Psicoanalisi e arte: Freud e il Mosè di Michelangelo
Nel 1901 Freud si reca per la prima volta a Roma, rimanendone completamente affascinato.
Roma si spalanca davanti ai suoi occhi in tutta la sua bellezza, ma è un’opera in particolare a catturare la sua attenzione: il Mosè di Michelangelo a San Pietro in Vincoli.
Freud ne viene talmente rapito che, in un altro viaggio, nel 1912, trascorre tre settimane ad ammirare giornalmente questa scultura.
Nel 1914 pubblica in forma anonima il saggio “Der Moses von Michelangelo” sulla rivista Imago, perchè non lo ritiene uno scritto di vero stampo psicoanalitico.
Ma che cosa suscita la visione del Mosè nel padre della psicoanalisi?
Innanzitutto, un’identificazione: Mosè è raffigurato nel momento in cui Dio gli ha consegnato le tavole della Legge e il popolo liberato dall’Egitto danza attorno al vitello d’oro; Freud ha dedicato tutte le sue energie a ideare e diffondere i concetti della psicoanalisi e Jung e altri seguaci si stanno discostando da lui.
Nell’interpretazione più accreditata della scultura, Mosè viene rappresentato da Michelangelo proprio nel momento in cui la rabbia è violenta per l’idolatria del suo popolo, tanto che arriverà a rompere le tavole della legge.
Da bravo scopritore dell’inconscio, Freud si concentra sui dettagli corporei della scultura per interpretarne i significati sottostanti, non gli interessa analizzare la figura biblica di Mosè, o quella storia di Michelangelo, ma dare voce all’opera come se gli parlasse.
Le tavole della legge stanno cadendo poiché Mosè, dapprima seduto tranquillamente, sente il rumore del suo popolo che canta e balla intorno al vitello, così gira la testa e solleva il piede pronto ad alzarsi, lasciando le tavole per un attimo.
Accorgendosi, però, della rovinosa caduta che avrebbero potuto fare le inscrizioni della Legge di Dio, Mosè le riafferra con la mano destra, che esprime lo sdegno per il comportamento del popolo ebraico, accenna un gesto di rabbia, che viene però contenuto, per fermare l’impulso dell’ira prima che sia troppo tardi.
Il nodo della barba che Mosè forma con la mano sinistra è un altro indizio della volontà di non lasciarsi trascinare dalla collera, ma di trattenere l’aggressività, poiché la ragione cerca di dominare la passione per salvare la sua missione, che prevale sui suoi sentimenti.
Freud si rivede in questo comportamento: il dolore e la delusione per quanto sta accadendo nel territorio della psicoanalisi lo fanno soffrire, ma egli non dimentica la sua missione, a cui non può e non vuole rinunciare.
Il conflitto tra passione e ragione, così centrale nella teoria psicoanalitica, viene vissuto da Freud e proiettato su Mosè in un tentativo di elaborazione e sublimazione, con la vittoria della dimensione conscia su quella inconscia.
Dott.ssaAnna Laura Beretta
Psicologa Psicoterapeuta - Monza e della Brianza
- Consulenza Psicologica e Psicoterapia