“Sono fatto così, non puoi chiedermi di cambiare”. È proprio vero? La differenza tra temperamento e carattere
Quante volte ci è capitato di sentire o di pronunciare questa frase “d’altronde, se sono fatto/a così, non posso farci niente, o ti va bene, o non puoi chiedermi di cambiare”. Verrebbe facile schierarsi a favore di una delle due posizioni: è vero, non si può tradire la propria natura, oppure è una frase di comodo, per non fare alcuno sforzo di cambiamento.
Come spesso succede, quando si trattano argomenti tutt’altro che superficiali, la frase è in parte vera e in parte falsa, perché sì, esistono dei tratti innati e perciò praticamente immutabili, ma esistono anche comportamenti e reazioni appresi, che si possono modificare o possono evolvere, naturalmente se siamo disposti a lavorarci.
Cloninger definisce due dimensioni psicobiologiche della personalità: il temperamento e il carattere.
Il temperamento è la dimensione innata della personalità, presente fin dalla nascita e determinata dall’eredità genetica. Il temperamento è costituito da istinti, impulsi, predisposizioni, necessità.
Esistono quattro dimensioni principali del temperamento: ricerca delle sensazioni (novelty seeking), evitamento del danno (harm avoidance), dipendenza dalla ricompensa (reward dependence), persistenza (persistence). Vediamole più nel dettaglio.
La ricerca delle sensazioni riguarda la necessità di stimoli nuovi, diversi, la tendenza all’esplorazione e all’annoiarsi facilmente, la propensione al disordine, all’impulsività e alla novità.
L’evitamento del danno si caratterizza per la preoccupazione per le conseguenze delle proprie azioni, la riflessività, la sensibilità alle critiche, la prudenza e l’apprensione.
La dipendenza dalla ricompensa si manifesta con il timore delle reazioni degli altri ai propri comportamenti ed è connessa ad un’attitudine socievole e all’attenzione ai segnali sociali.
La persistenza riguarda la perseveranza e la tenacia nel raggiungimento di un obiettivo, unite ad ambizione e perfezionismo.
Queste dimensioni sono presenti in ciascuno di noi e non costituiscono un sistema binario (“ce l’ho, non ce l’ho”), ma si tratta di differenze quantitative (“ho un’altra predisposizione alla ricerca delle sensazioni, ho una bassa predisposizione all’evitamento del danno”).
Oltre a queste quattro dimensioni del temperamento, ne sono state teorizzate altre tre: estroversione/disinibizione, affettività negativa, capacità di controllo/autocontrollo.
L’estroversione/disinibizione è simile alla ricerca di sensazioni e riguarda il bisogno di stimoli nuovi e la tendenza all’impulsività.
L’affettività negativa si riferisce all’inclinazione all’irritabilità, alla paura e al pianto.
La capacità di controllo/autocontrollo corrisponde alla capacità di autoregolarsi, di autogestirsi, di calmarsi in situazioni specifiche.
Il carattere è il complesso di comportamenti caratteristici di un individuo ed è il risultato psichico delle interazioni tra l’individuo e l’ambiente circostante (fisico, relazionale, culturale) ed è meno stabile del temperamento.
Il carattere non è quindi presente fin dalla nascita, ma si forma soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza, con possibilità di evoluzione e cambiamento anche in età adulta.
La personalità costituisce quindi la sintesi di carattere e temperamento, ossia l’amalgamarsi di tratti biologici e innati e comportamenti acquisiti ed è in continua evoluzione.
Essere consapevoli di se stessi significa riuscire a identificare i propri tratti temperamentali e ad essere coscienti delle proprie predisposizioni innate, ma significa anche riconoscere l’importanza delle interazioni e delle relazioni in tutti i contesti che frequentiamo e di quanto una certa flessibilità possa aiutarci a vivere una vita più completa e arricchente.
Per rispondere quindi alla domanda iniziale: no, non possiamo stravolgerci, ma sì, qualcosa di noi, se siamo disposti a farlo, può cambiare.
Dott.ssaAnna Laura Beretta
Psicologa Psicoterapeuta - Monza e della Brianza
- Consulenza Psicologica e Psicoterapia