Disturbo pedofilico: tra maschile e femminile, uno sguardo sui trattamenti
Introduzione
Il lemma pedofilia deriva dal greco pais, paidos e philia, significa letteralmente “amore per il fanciullo” e fa riferimento all’attrazione sessuale che un soggetto di età adulta prova verso un soggetto in età prepuberale.
Il DSM V (2013) lo descrive come un ricorrente e persistente desiderio che si manifesta attraverso comportamenti e fantasie di avere contatti sessuali con soggetti al di sotto dei 13 anni. Ciò deve essere presente per almeno 6 mesi, deve aver indotto il soggetto ad agire e causare disagio clinicamente significativo.
Il soggetto cui si rivolge la diagnosi deve avere almeno 16 anni di età e 5 anni in più rispetto all’individuo oggetto di interesse; in più si specificherà se il disturbo è di tipo esclusivo o meno (attrazione solo per bambini o anche per adulti), se l’interesse è rivolto ad un sesso o entrambi, se l’individuo si rivolge ed in che modo a bambini della cerchia intra o extra familiare.
L’American Psychiatric Association (2013) stima la prevalenza di questo disturbo tra il 3% ed il 5% tra gli uomini, mentre le percentuali fra le donne sono ancora poco chiare. Ciò è riconducibile a problemi di campionamento, problemi nel modo in cui vengono effettuati gli studi e sicuramente al fatto che la pedofilia femminile è ancora un tabù, ma risulta essere una grave lacuna che non permette una comprensione più approfondita del fenomeno.
Cosa sappiamo sui pedofili? E sulle pedofile?
La criminologia ha provato a lungo a tracciare un profilo del pedofilo per comprendere se vi sono tratti personologici comuni che possono considerarsi come indicatori, o comunque fattori di rischio, per tale disturbo e condotta. L’importanza di rispondere a tale domanda da un punto di vista clinico, sta nel permettere di capire in che modo affrontare un percorso terapeutico che possa essere di cura e di riabilitazione.
In uno studio del 2002 Cohen e Galynker hanno notato che sebbene vi siano numerose difficoltà nel condurre studi che abbiano campioni e metodologie omogenee su popolazioni di pedofili, la letteratura offre una piccola panoramica su quelli che sembrano essere i tratti di personalità più comuni almeno nel campione maschile.
Timidezza, scarsa assertività, passività sembrano giocare un ruolo importante nella scelta del bambino come oggetto di desiderio: non solo i primi due tratti rendono difficile per il soggetto interfacciarsi ed avere una relazione romantico-sessuale con un adulto, ma la passività che li anima non consente loro di imporsi né relazionalmente né sessualmente con un pari; un bambino è sicuramente più facile da dominare. Proprio le difficoltà nel relazionarsi con gli altri compromettono l’autostima di questi individui, i quali trovano nel bambino qualcuno di troppo debole per minacciare il loro senso di Sé.
Come precedentemente detto, la scarsità degli studi condotti sul campione femminile in merito alle parafilie in generale, ma alla pedofilia nello specifico, sembra collaudare la visione popolare per cui le donne sono esenti da tali desideri. Tuttavia, tra gli studi disponibili emerge qualcosa che ribalta questa prospettiva.
Nel 1999 Federoff condusse uno studio in cui paragonava un campione femminile ed uno maschile allo scopo di individuare una differenza nella presenza e prevalenza di parafilie e loro manifestazioni. Il 36% di queste donne riportava interessi pedofilici (da notare che la percentuale tanto alta è comunque da considerarsi in riferimento ad un campione piuttosto esiguo, dunque benchè rilevante ed indicativo deve essere correttamente interpretato). Età, impiego, orientamento sessuale, numero di vittime e background culturale non sembrano essere dissimili e ciò restituisce una consapevolezza molto importante: dinanzi all’interesse pedofilico il genere non è un fattore rilevante e discriminante, e le caratteristiche personologiche riscontrate negli uomini si ritrovano anche nelle donne.
Strategie terapeutiche
La terapia farmacologica è la cosiddetta “castrazione chimica”, argomento riportato in auge in Italia da recenti dichiarazioni televisive. Consiste nell’utilizzo di farmaci antiandrogeni (in particolare il ciproterone acetato in Europa e il medrossiprogesterone acetato negli Stati Uniti), per interferire con l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. Avendo questa un ruolo nella produzione del testosterone, co- responsabile del desiderio e dell’eccitazione, si vuole inibire tali aspetti. L’azione che svolgono è dunque sulla possibilità che il comportamento aggressivo sia messo in atto, riducendo così le probabilità di recidive. Queste terapie hanno tre grandi limiti: non si hanno notizie della loro efficacia sulla popolazione femminile; si ha riscontro degli importanti effetti collaterali che inducono a lungo termine; non escludono la necessità della psicoterapia.
Ad oggi le psicoterapie rivelatesi più efficaci sono le terapie psicodinamiche e quelle di stampo cognitivo-comportamentale.
La terapia cognitivo-comportamentale ha lo scopo di interferire con gli schemi maladattivi appresi che collegano impulso-infante-gratificazione. I risultati mostrati dalla letteratura in merito alla sua efficacia sono contrastanti, ma ciò sembrerebbe influenzato dalla difficoltà dei clinici nell’aver fiducia nel trattamento e nel percorso che effettuano con il loro paziente.
Le tecniche comportamentali utilizzate, come la Covert Sensitization e il ricondizionamento orgasmico, sembrano essere più efficaci se associate all’uso dell’acido valerianico (Maletzky,1973), una sostanza non corrosiva dall’odore molto forte. Tale sostanza costituisce un rinforzo negativo che, così come altri tipi, verrebbe progressivamente associato al desiderio sessuale deviante. Se in un primo momento il comportamento perde di desiderabilità perché associato ad una sensazione non più positiva ma spiacevole, con il tempo anche lo schema cognitivo verrebbe modificato. Barlow (1974) fa notare come però questo risulti parziale: proprio perché il pedofilo presenta specifiche caratteristiche di personalità, come difficoltà relazionali ed emotive, lavorare su queste diventa necessario per un percorso più completo. Interventi sulle abilità sociali sia in gruppo che individuali sopperirebbero a tale mancanza.
La psicoanalisi e le terapie psicodinamiche sembrano essere le più consigliate per il loro valore altamente espressivo. Kouht (1971) fa notare come le fantasie ed i desideri devianti si collochino in un’area della personalità scissa e per questo siano soggette a negazione. Il soggetto con interessi pedofilici tenderà a negarli o negarne la gravità. Questa resistenza ad affrontare il problema deve essere considerata sin da subito per promuovere un’integrazione delle fantasie parafiliche con il funzionamento di personalità del paziente. Gli approcci dinamici offrono opportunità per una comprensione ed un miglioramento della propria realtà oggettuale e dell’ Io del paziente stesso(McDougall, 1993; Rosen, 1979).
Un’altra opzione ritenuta utile è la psicoterapia psicodinamica di gruppo. In questo contesto i pazienti hanno modo di confrontarsi con persone che conoscono intimamente il loro vissuto e con cui possono scambiarsi aiuto e sostegno. Rappeport, (1974) ha dimostrato come questo tipo di terapia si sia rivelato spesso efficacie, tuttavia vi è un rischio intrinseco molto importante. Proprio perché i partecipanti possono comprendere i reciproci vissuti e desideri, potrebbero fare squadra e sviluppare una nuova rete d’azione. Per questo è necessario valutare con estrema cautela l’adeguatezza dei soggetti da inserire nel gruppo.
Un’ ultima modalità di intervento è il trattamento ospedaliero, che in alcuni casi viene scelto dal paziente stesso come parte della sua strategia. Ciò è vero soprattutto per i pazienti con tratti antisociali, ma non solo, e lo scopo è ingannare il giudice e gli altri facendo sfoggio non solo della propria volontà di “guarire da certi impulsi” ma anche della bontà del loro percorso. Fingeranno di seguire trattamenti ed indicazioni con esiti positivi, oppure sposteranno l’attenzione su altri problemi. L’utilità è duplice: evitare il carcere, provare a “ripulire” la propria immagine agli occhi di chi li giudicherà.
Conclusione
La presa in carico di questi pazienti richiede un lavoro di equipe, e la prognosi in genere è parzialmente positiva: escludendo comorbidità con altre patologie possibili, l’età del soggetto sembra svolgere un ruolo incisivo nella prevenzione delle recidive poiché i comportamenti pedofilici diminuiscono con l’avanzare degli anni, benchè pensieri e fantasie permangono.
Adams (1980) fa notare che le reazioni emotive dei clinici sono molto forti anche perchè molti pedofili reputano la loro attività come innocua, non riconoscono la gravità delle loro azioni e le conseguenze sull’altro. Tale egosintonia è la ragione per cui non richiedono aiuto volontariamente, a meno che non vi siano forme di ansia e depressione associate ai loro interessi, o conseguenze gravi dalle quali sperano di fuggire. Le reazioni suscitate nel terapeuta, come rabbia, disgusto e disapprovazione, rischiano di trasformare il setting terapeutico in un contesto moralmente giudicante. Diventa di cruciale importanza per coloro che si interfacciano con tale disturbo non solo la preparazione accademica, ma anche la capacità del professionista di accogliere, tollerare e trasformare le intense reazioni controtransferali in strumenti d’aiuto per il paziente e per la relazione.
Soprattutto la psicoterapia dinamica e la psicoanalisi permettono al paziente di comprendere le loro dinamiche interne e cosa si cela dietro i loro interessi; di acquisire consapevolezza degli eventi quotidiani che li hanno indotti ad agire i loro impulsi, di recuperare l'autostima, migliorare le capacità interpersonali e trovare metodi di gratificazione sessuale adattivi e funzionali.
Bibliografia
American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Washington, DC: Author.
Federoff JP.,Fishell A., Federoff B., (1999) A case series of women evaluated for paraphlici sexual disorders. The Canadian Journal of Huma Sexuality, 8, 127-140.
Gabbard, G. O. (2014). Psychodynamic psychiatry in clinical practice (5th ed.). American Psychiatric Publishing, Inc.
Dott.ssaValeria Manni
Psicologa, Sessuologa, Educatrice all'affettività e sessualità - Roma
- Sessuologia clinica
- Aiuto psicologico alla coppia
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