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Dott.ssa Paola Papini

Psicologa clinica e giuridica

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Dott.ssa Paola Papini

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  • Roma (Ostiense)
  • consulenza online

Secondo figlio

Carissimi, innanzitutto vi ringrazio per la vostra disponibilità e per aver aperto questo piccolo spazio dove abbiamo modo di porre domande e, forse, trovare uno spiraglio di luce. Sono una donna di 41 anni e grazie alla FIVDO sono riuscita a diventare mamma di un bambino bellissimo e sanissimo che ha già un anno. Sin da bambina ho sempre sognato di avere una famiglia numerosa. Purtroppo le esperienze della vita (aborto, gravidanza extrauterina, cisti borderline...) hanno cambiato un po' le possibilità. Dal trattamento abbiamo ottenuto 2 embrioni: uno è il mio meraviglioso figlio e l'altro è attualmente congelato. Fra qualche mese mi piacerebbe poter provare a fare il secondo transfer, ma mio marito si oppone. Ogni anno dobbiamo rinnovare il contratto per mantenere l'embrione e, purtroppo, lui non vuole. Fra le sue ragioni ci sono i suoi interessi personali (lo sport), i costi della vita e la vita di coppia. In passato abbiamo avuto un periodo di crisi in cui non era sicuro di voler diventare padre, ma alla fine ha ceduto e abbiamo fatto il trattamento. Durante tutto il percorso ho dovuto gestire molto bene le sue incertezze e paure personali. Da quando sono arrivati i consensi del laboratorio da firmare, abbiamo iniziato a discutere. Cerco di gestire di nuovo le sue paure ma si oppone in maniera molto forte. Gli ho anche spiegato cosa significherebbe per me rinunciare all'embrione, la sofferenza che mi causerebbe e non sembra che il mio dolore gli interessi molto. Cerco di pormi domande per trovare delle risposte. Ad esempio, che cosa succederebbe se accettassi quello che vuole mio marito rinunciando all'embrione? Ho paura di non riuscire più a guardarlo negli occhi. Grazie per il sostegno.

Quella che stai vivendo è una situazione estremamente delicata, perché tocca aspetti profondi della tua identità, del tuo progetto di vita e del tuo essere madre. E al tempo stesso, coinvolge anche la dimensione relazionale e affettiva del tuo rapporto con tuo marito.

Credo sia importante dirti che questa è una decisione che non può essere presa né portata avanti da sola, né imposta all’altro. È qualcosa che idealmente dovrebbe essere affrontata insieme, nella coppia, cercando un terreno comune da cui poter partire per trovare una soluzione che consenta a entrambi, e soprattutto alla vostra famiglia, di andare avanti, qualunque sarà la scelta finale.

Quando si è così immersi nel dolore e nella frustrazione, come tu esprimi con grande lucidità, è facile sentirsi soli, incompresi o non visti. E questo può creare una frattura interna difficile da ricucire. È proprio per questo che, prima di decidere "cosa fare" dell’embrione, forse potrebbe essere utile lavorare insieme (anche con l’aiuto di uno spazio neutro, come una consulenza di coppia) per elaborare quello che sta accadendo tra voi. Per capire meglio cosa c'è dietro la resistenza di tuo marito e, allo stesso tempo, dare voce al tuo dolore, alla tua speranza, alla tua perdita.

La domanda che ti poni — "Cosa succederebbe se accettassi ciò che vuole lui?" — è centrale e merita ascolto, tempo e cura. Ma ti invito a porti anche un’altra domanda: Come possiamo affrontare questa scelta, così difficile, in modo che entrambi ci sentiamo ascoltati, rispettati e coinvolti?

Infine, non dimentichiamo che in mezzo a tutto questo c'è anche vostro figlio, che ha già un anno e che crescerà all’interno della relazione tra voi due. Qualunque decisione prenderete, sarà importante che venga da un luogo di comprensione reciproca, e non da una rinuncia imposta o da una lotta silenziosa. Perché anche lui, in futuro, potrà percepire quanto amore e quanta fatica ci sono state dietro le scelte della sua famiglia.

Un saluto

Paola Papini

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  • Psicoterapeuta ad indirizzo psicodinamico e relazionale sistemico
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