Dott.ssa Veronica Rinaldo

Dott.ssa Veronica Rinaldo

Psicologa, Psicoterapeuta

Dubbi su come gestire un comportamento di mia figlia

Buongiorno, avrei bisogno di un consiglio su come affrontare alcuni comportamenti di mia figlia che ha 12 anni. Leggendo alcuni messaggi sul suo cellulare qualche mese fa sono venuta a sapere che la sua amica del cuore le ha confidato di essere omosessuale. Da quel momento mia figlia è cambiata moltissimo, all'inizio si è definita anche lei omosessuale, poi bisessuale, poi ancora pan sessuale e alla fine omnisessuale (non si definiva così con tutti, ma solo quando parlava con le sue amiche più intime). Da premettere che prima di allora era una ragazzina molto semplice, piuttosto ignara riguardo all'argomento LGBT. Sicuramente la confidenza della sua amica l'avrà messa di fronte a questa realtà e, a mio avviso, l'avrà anche turbata e confusa, tanto è vero che nel giro di pochissimo ha variato ampiamente il suo orientamento sessuale. Ho cercato di parlarne con mia figlia, spiegandole che per me è importante la sua felicità e che l'accetterei comunque, anche se prima di definirsi in un modo piuttosto che un altro, dovrebbe essere più consapevole, ma ho ottenuto solo un muro di silenzio e un atteggiamento di fastidio per essermi interessata ai fatti suoi e non ha gradito questa mia intromissione. Così ho deciso di non riprendere l'argomento e di "supervisionare" dall'esterno i suoi comportamenti e soprattutto la sua serenità.
Dopo qualche tempo ho notato che aveva iniziato a definirsi no binary e a usare pronomi maschili. Anche in questo caso soltanto con le sue amiche intime o in alcuni commenti su alcuni social, dove si è data un nome neutro.
Questa cosa mi ha gettato completamente nello sconforto, vedo che la situazione si sta complicando, mi chiedo perchè dovrebbe preferire i pronomi maschili se è sempre stata molto femminile? Ho paura che da sola non riesca a gestire questi sentimenti così contrastanti, anche se apparentemente sembra serena. Riprendere l'argomento con lei non porta a nulla, non ne vuole parlare con me e non gradisce l'idea di parlare con uno psicologo. Per questo motivo chiedo a voi un consiglio, lascio passare un po' di tempo per capire se spontaneamente mia figlia trovi la sua strada? o sarebbe opportuno che mi facessi aiutare io per cercare di seguirla meglio?
Da premettere che fino ad ora, all'esterno per lo meno, è rimasta la ragazzina brava, educata, che va bene a scuola e questo mi fa pensare che sia serena.
Allo stesso tempo ho paura, mi sento impotente e sconvolta da qualcosa che non avevo mai nemmeno immaginato, pensando all'adolescenza temevo tante cose, ma una cosa del genere non mi aveva mai sfiorato. Vi ringrazio per i consigli che vorrete darmi.

Buongiorno Cristina, 

la pubertà è un passaggio destabilizzante per ogni persona, e la confusione rispetto alla propria identità ne fa parte. É un momento di costruzione soggettiva, che tocca la sessualità e il proprio corpo sessuato con gli enigmi e i misteri che li contraddistinguono. Ogni ragazzo/a cerca di rispondere a questo travolgimento con un modo singolare. Nominarsi in un certo modo, trovare delle identificazioni fa da argine al disorientamento. Non è detto che per sua figlia nominarsi al maschile faccia da problema, sicuramente però fa breccia in una madre sconvolta che non riconosce più la sua bambina. Difatto i genitori, attraversano in prima persona, il periodo dell'adolescenza dei figli. È una messa in discussione radicale. I genitori sono implicati e spesso fanno parte del sintomo stesso dei figli. Cioè che in qualche modo li riguarda. Quando un genitore parla in uno spazio terapeutico è sempre un importante sgravio dal percorso del figlio, oltreché spesso una necessità per il proprio benessere.

A disposizione,

Un caro saluto,

Dr.ssa Veronica Rinaldo