Dott. Matteo Papantuono

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Dott. Matteo Papantuono

Psicologo, Psicoterapeuta

Esiste una maniera di riportarla alla ragione, anche senza la sua volontà

Come si può agire per riportare a casa una ragazza maggiorenne che, non ha accettato la separazione dei genitori? Già più volte rivoltasi ad una consulenza psicologica, rifiuta e vive dove capita essendo preda di qualsiasi pericolo, frequenta persone con problemi di droga ed altro. Situazione molto difficile e conflittuale con la madre che cerca di riportarla a casa. La mia domanda è: esiste una maniera di riportarla alla ragione, anche senza la sua volontà, magari in un centro di rieducazione e recupero pur essendo maggiorenne? Come si può procedere? Grazie, aspetto Vs aiuto.

Premetto, è improbabile una richiesta d'aiuto spontanea e reale da parte delle ragazza (sarebbero tentativi manipolatori o di controllo della situazione). D'altra parte, se venisse costretta, boicotterebbe la terapia: trova ciò che le occorre nel piacere che danno amici e sostanze.

Più si cerca di aiutarla più si convincerà che sta facendo bene a fare così (gli adulti...sono invischianti, vogliono controllarla, non capiscono, ecc... Meglio evitarli e/o sfruttarli/manipolarli/servisene!).

Allora cosa fare? Iniziare a lavorare con la madre (o con qualcuno del sistema intenzionato a collaborare e in grado di farlo), andando ad indagare sulla situazione presente (quali sono i contatti che hanno, se ci sono, cosa accade in quei momenti, qual è il loro pattern comunicativo, cosa fanno...)

Se ci fosse un momento in cui la ragazza per qualsiasi ragione tornasse a casa (es. bisogno di soldi, farsi una doccia, prendere vestiti, ecc...). 

Questo momento potrebbe essere un'occasione da non lasciarsi sfuggire, per cui, il genitore dovrebbe evitare di fare ramanzine su ciò che non va (di solito sfociano in escalation che, per evitare il peggio o per la sua paura, portano il genitore ad accontentare il figlio, il quale dopo aver soddisfatto il suo bisogno fugge via abbandonando il genitore alle sue tetre paure. La storia si ripeterà la volta dopo, quando ritornerà a casa con una nuova e più impegnativa richiesta.

Anziché essere vittima dei timori e lasciarsi andare alle provocazioni. cosa potrebbe fare la madre? Quando la figlia ritorna dovrebbe dichiararle la sua debolezza dicendole: "sai cara, io come sempre anche questa volta vorrei aiutarti, purtroppo però non ce la faccio. Sai sto andando da un dottore perché ora sono io ad aver bisogno di aiuto. Mi è stato diagnosticata una grave forma di depressione e devo curarmi. Inoltre. mi ha detto che nei tuoi confronti ho sbagliato tutto e che d'ora in poi, per il tuo ed il mio bene, dovrò restare fuori dalla tua vita, perché anche tu, come ognuno di noi, hai il diritto di vivere la tua vita".

In questo caso, se ho inquadrato bene la situazione sinteticamente descritta, riproponendo questa manovra ogni qualvolta vi è un contatto da parte del figlio (che vuole) verso il genitore (che dà), questo circolo si interrompe e si vanno ad eliminare alcuni dei vantaggi secondari.

In concreto: le richieste avanzate,non essendo più soddisfatte, si stoppano; si eliminano i litigi che confermano nel ragazzo che lo stile di vita scelta è meglio; nella figlia potrebbe dominare la paura di ritrovarsi da un momento all'altro senza l'aiuto necessario presente in qualche modo fino a quel momento, e potrebbe andarne alla ricerca; si elimina, inoltre la possibilità illusoria "c'è sempre una via di uscita senza o con pochi rischi"; il genitore non si si sentirebbe più complice del problema del figlio (droga, cattive abitudine, ecc...); si sentirebbe più forte poiché disporrebbe di un'arma con cui fronteggiare i momenti critici. Resterò a disposizione telefonicamente per ulteriori chiarimenti.