fiaba e mito in psicologia


Il mito è: “un racconto sacro ed esemplare che riferisce un avvenimento del tempo primordiale e fornisce all’uomo un senso determinante per il suo comportamento”.

I miti sono giunti a noi tramite testi scritti e tradizione orale. Il bisogno dell’uomo di capire quali sono le proprie originie, che cosa fa nel mondo, lo porta a cercare delle risposte all’interno del mito. Il mito perciò, oltre a spiegare e giustificare, ha anche lo scopo di far nascere la fede, di giustificare contraddizioni e durezze della vita.

E’ possibile, grazie alla grande quantità di miti, individuarne alcune strutture.
Queste sono dette strutture di base e formano una trilogia che inizia per O: oralità, origine, operatività. Per oralità si intende l’espressione verbale del mito.

Il mito è legato all’origine in quanto ci parla delle origini e della nascita del mondo. Il mito si unisce all’azione in quanto legato al rito.
I miti non si riferiscono solo all’origine del mondo e della natura, ma anche a tutti gli avvenimenti tramite i quali l’uomo è diventato ciò che è oggi: “L’uomo quale è oggi è il risultato diretto di questi avvenimenti mitici, è stato costituito da questi avvenimenti”.
Il mito fa rivivere una realtà originaria e risponde a un bisogno religioso.
Secondo J.Vidal ogni mito è come uno specchio in cui gli uomini cercano la loro immagine e vi si riconoscono; può essere, inoltre, considerato un esempio, perché propone dei modelli da seguire ed è quindi piano legato all’etica. I miti hanno una struttura tragica e androgina, in quanto trattano
del dramma dell’origine e tendono a cancellare la dualità a favore di una creatura completa (unisce giorno e notte, cielo e terra, uomo e donna). I miti sono le gesta di eroi che sono all’origine di una tradizione o di un popolo.
G. Jung i miti sono manifestazione dell’inconscio ma li riconduce a dei modelli psichici collettivi detti immagini archetipiche. Per archetipo s’intende una serie d’immagini rappresentanti temi universali che hanno origine nell’inconscio collettivo e costituiscono i contenuti di miti e leggende. Jung crede che negli archetipi siano presenti sia le esperienze degli avi, sia tutta la storia della cultura umana.
Le fiabe nascono non appena i miti vengono svuotati dal loro contenuto religioso: le fiabe sono spesso combinazioni di frammenti di antichi motivi mitici, perciò sono totalmente comprensibili partendo dal mito, ma ciò non vuol dire che alla base di una fiaba debba esserci sempre un mito.

La fiaba è un mito senza gli dei, in essa compaiono le stesse forze e potenze che nei miti, ma in questo sono legate a divinità dall’aspetto umano. Il mito trova realtà nel rito mentre la fiaba la trova dove la persona se la rivive, ma entrambe sono al di sopra della storia e del reale in un mondo che vive in sé e per sé; nel mito e nella fiaba i personaggi non hanno né nome né storia (la matrigna, il principe…).

Fiaba e mito non realizzano i desideri, ma fanno vedere come si può capire la realtà fuori e dentro come natura interiore ed esteriore. Le culture arcaiche trattano fiabe e miti in modo completamente diverso perché, mentre le prime trattano di avvenimenti che anche quando hanno prodotto cambiamenti ( es. particolari anatomici di alcuni animali) non hanno modificato la condizione umana, i secondi invece concernono direttamente cambiamenti legati all’uomo: non solo la nascita dell’uomo, ma anche cambiamenti avvenuti in lui durante il passare del tempo. Come abbiamo detto per Drewermann la differenza tra fiaba e mito sta nel fatto che i miti sono legati alla religione, mentre le fiabe sono svuotate del contenuto religioso. Non vi è quindi una differenza tematica.  Miti e fiabe sono entrambi più per un pubblico adulto che non per quello dei bambini; le storie popolari e le fiabe erano patrimonio orale delle classi popolari così come i miti erano si trasmettevano filtrati da rituali religiosi e dalle classi colte. È riconosciuto che miti e fiabe usano un linguaggio di simboli che rappresenta un contenuto inconscio, cioè riguardano sia la parte conscia che inconscia della mente perciò si può dire che trattano fenomeni psicologici interni. Propp nel libro “Le radici storiche dei racconti di fate” tratta oltre che del legame tra fiaba e rito anche della correlazione tra questa e il mito.

Per mito Propp intende: “Un racconto su divinità o esseri divini nella cui realtà il popolo crede”e si differenzia dalla fiaba per funzione sociale più che per la forma. In alcuni popoli i miti e le fiabe possono coincidere al punto da essere confusi nel folclore. Il significato sociale del mito non è lo stesso ovunque, dipende dal paese e dal sottotipo di cultura.  Miti e fiabe rispondono entrambi a delle domande relative alla nascita del mondo o insegnano come affrontare la vita, ma mentre le risposte date dal mito sono dirette la fiaba risponde in modo più indiretto e meno esplicito, perché lascia più libero l’ascoltatore di fare lavorare la propria fantasia.

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