Ho 51 anni mi sono separato e ora mi sento incapace, inutile, non so fare niente da solo
Ho 51 anni e da un anno e mezzo mia moglie mi ha lasciato (abbiamo due figlie adolescenti) perché stanca di me che per lei sono stato sempre un peso. Mi ha definito "terzo figlio problematico". Devo riconoscere che ha ragione, mi sono sempre aggrappato a lei, timoroso di fare le cose: dalle faccende di casa all'organizzare un viaggio, dal risolvere un imprevisto al trattare con gli operai per i lavori in casa. Purtroppo, sono sempre stato così: insicuro, bloccato. Mi sono laureato ma ricordo che ad ogni esame andavo solo se super preparato, ero terrorizzato dal fallimento, anche l'esame di terza media fu uno choc per me, non volevo farlo, fu il primo trauma di questo tipo. Dopo la laurea sono riuscito a vincere un concorso e ho iniziato a lavorare ma non sono mai andato a vivere da solo. Dopo poco mi fidanzai con quella che sarebbe diventata mia moglie e andai a vivere con lei, appunto aggrappandomi a lei in tutto e per tutto. Ora senza di lei mi sento disperato, sono tornato a vivere dai miei genitori e rimpiango la famiglia che ho perso per sempre. Sono stato un vigliacco, un marito pessimo e un padre assente. Ho trascurato le mie figlie in quanto sempre concentrato a recuperare il rapporto con mia moglie che mostrava dopo pochi anni di non sopportarmi. Purtroppo io non sono riuscito a cambiare. Ora mi sono aggrappato ai miei genitori anziani. Sono un eterno bambino che ha paura di crescere. Ho paura che non ci sia soluzione per me, tutto mi sembra una montagna troppo ripida da scalare e ormai ho perso la mia famiglia. Mia moglie si è disinnamorata per sempre. Sto pensando anche al suicidio per quanto sono disperato e sfiduciato da me stesso. Andrea
Andrea, mi dispiace tanto per quello che stai attraversando. La tua situazione suona davvero dolorosa e complessa, e riconosco il coraggio che ci vuole nel parlarne. Quello che stai vivendo è incredibilmente difficile, e credo che sia normale sentirsi sopraffatti in momenti come questi. Ma voglio dirti che ci sono ancora speranze, anche se ora sembra impossibile vederle.
La tua autoanalisi è molto profonda, e dimostra che stai cercando di fare i conti con te stesso e con il passato. Questo è già un passo importante, anche se può sembrare difficile da apprezzare in un momento di grande sofferenza. È chiaro che hai vissuto molte difficoltà legate alla tua insicurezza e alle dinamiche nella tua famiglia, ma ciò non ti rende meno meritevole di aiuto e di un futuro migliore.
Ti consiglio di cercare un professionista con cui parlare, che possa aiutarti a capire meglio la causa di queste tue paure e insicurezze e come affrontarle. La psicoterapia, ad esempio, può essere un valido supporto per rielaborare il passato e lavorare su te stesso in modo che tu possa ricostruire la tua vita e il tuo benessere. Anche se ora sembra che la montagna sia insormontabile, il fatto che tu stia cercando di aprire il dialogo su come ti senti è già una via di uscita. Non sei solo.
Pensare al suicidio è segno di una sofferenza intensa, ma è anche un segnale che hai bisogno di aiuto immediato. Ti invito caldamente a parlarne con qualcuno di fiducia, che può darti un sostegno concreto, e se ti senti in pericolo, non esitare a contattare un professionista o una linea di supporto per emergenze psicologiche.
Tu non sei un "eterno bambino", sei una persona che sta affrontando una crisi molto dolorosa, ma che ha la possibilità di cambiare e crescere. Hai valore e meriti di vivere una vita che ti soddisfi, anche se adesso ti sembra difficile da raggiungere. Le tue figlie, purtroppo, hanno vissuto situazioni difficili, ma ci sono sempre possibilità di riparare e ricostruire anche in queste circostanze. Non sei mai troppo vecchio o troppo tardi per cercare di riprendere in mano la tua vita, per affrontare le tue paure e fare dei piccoli passi verso un cambiamento.
Psicologo - Milano