attaccamento adulto: come comportarsi

Sulla base degli studi sugli stili di attaccamento infantili effettuati dalla Ainsworth, la Main e collaboratori hanno potuto classificare le madri utilizzando le categorie di attaccamento che riflettono i modelli rappresentazionali dell’attaccamento nella vita adulta. A tal fine hanno messo appunto un’intervista semistrutturata, l’Adult Attachment Interview (AAI), partendo dal presupposto che “non è la qualità delle prime esperienze di attaccamento a influenzare le relazioni interpersonali adulte, quanto piuttosto le rappresentazioni mentali di quegli attaccamenti che sono significativi per le relazioni intime adulte” (Fisher, Crandell in Clulow, 2003, pag. 50). Nell’AAI viene chiesto ai soggetti adulti di descrivere le relazioni che hanno avuto con i loro genitori nell’infanzia e, attraverso un sistema di codifica basato sulla qualità dei ricordi e sulla coerenza del linguaggio utilizzato, tali persone vengono classificate in:

·       individui “sicuri”, che presentano una modalità flessibile di raccontare, ricordano e descrivono episodi sia negativi che positivi;

·       individui “preoccupati/invischiati”, che manifestano ricordi soprattutto negativi dell’infanzia, attraverso una descrizione piuttosto confusa e frammentata degli eventi, associati a sentimenti di rabbia;

·       individui “evitanti/svalutanti”, che hanno difficoltà a ricordare episodi infantili, mostrano un’affettività limitata ed esprimono rappresentazioni contraddittorie delle relazioni avute con i propri genitori;

·       individui “irrisolti/disorganizzati”, che mostrano disorientamento, pensieri confusi e associati a morte, abuso infantile e/o altre situazioni drammatiche.

Le classificazioni delle madri sono risultate predittive della qualità della relazione stabilita con i loro figli e della sicurezza di attaccamento dei bambini (Bartholomew, Horowitz, 1991). Inoltre, dalle ricerche effettuate (Holmes, prefazione, in Clulow, 2003) si è riscontrato che gli adulti che hanno sperimentato efficacemente il rapporto di “base sicura” con le figure di accudimento, nei momenti di stress e/o difficili della vita saranno in grado di attivare una zona interna rassicurante, oltre che possedere la capacità di stringere legami affettivi duraturi con il proprio partner.

A partire dalle teorizzazioni della Ainsworth e della Main, Shaver e Hazan (1992) hanno considerato l’amore di coppia come un processo di attaccamento e, mutuando le tre tipologie di attaccamento infantile (sicuro, ansioso/ambivalente ed evitante), hanno provato a classificare l’attaccamento adulto. A tal fine hanno utilizzato la teoria dell’attaccamento infantile per studiare come le relazioni di coppia tra gli adulti siano connesse alle relazioni intraprese nel passato coi genitori, in particolare con la madre.

Nella versione adulta della SST e AAI:

·       il modello sicuro è caratterizzato dalla capacità di vivere le esperienze intime, di ricevere e dare supporto al partner;

·       il modello ansioso/ambivalente si distingue per la preoccupazione riguardo l’affidabilità del partner e la possibilità di essere amato; si tratta di quelle persone che nella relazione bambino-genitore hanno sperimentato inversione dei ruoli o ambivalenza;

·       il modello evitante si contraddistingue per il timore dell’intimità e l’incapacità di dipendere dagli altri, fornendo descrizioni negative rispetto alle storie avute.

Rifacendosi a queste teorie, ma tenendo conto anche delle analisi teoriche espresse da Bowlby, Bartholomew e collaboratori (1991; 2003) danno vita a un modello dell’attaccamento adulto che prende in esame quattro categorie, anziché tre, derivanti dall’incrocio di due dimensioni: la positività del Sé, intesa come grado in cui gli individui hanno internalizzato la propria autostima (se positiva, le persone hanno sviluppato un senso di fiducia in sé adeguato; se negativo, la persona è alla ricerca dell’approvazione dell’altro), e la positività dell’altro, che riflette le aspettative sulla disponibilità e supporto da parte dell’altro (se positiva, la persona è propensa a cercare aiuto; se negativa, la persona tende a evitare e mantiene la distanza dall’altro). Dall’intersezione dei due assi (vedi fig. 1) si ricavano quattro categorie di attaccamento:

·       l’attaccamento sicuro: esperienze di cura responsive facilitano lo sviluppo di una corretta immagine di sé; gli individui sicuri sono ben disposti e sensibili, autonomi e sostenuti da alta autostima che li porta a stabilire legami intimi senza perdere il senso di sé;

·       l’attaccamento preoccupato (ambivalente): esperienze di cura incoerenti contribuiscono allo sviluppo di una immagine positiva dell’altro ma non di sé; gli individui sono dipendenti dal giudizio altrui e desiderosi di continua approvazione, diventando intrusivi e richiedenti;

·       l’attaccamento timoroso: gli individui credono che gli altri non siano disponibili, per cui concludono che non meritano l’amore, e sfuggono l’intimità di coppia per evitare rifiuti, risultando inibiti nel chiedere supporto e timorosi nel coinvolgimento emotivo;

·       l’attaccamento distaccato/svalutante (evitante): gli individui mantengono una immagine positiva di sé e un senso di indipendenza, evitando il coinvolgimento emotivo e controllando le emozioni, mentre mal considerano gli altri che allontanano da sé.

 

 

 

 

 

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