Dott. Antonio D'urso

Dott. Antonio D'urso

psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista

Vivo la vita che è stata programmata per me. La odio.

Gentili dottori,
sin da quando ero piccina i miei genitori hanno preteso che io facessi tutto ciò che volevano, calpestando i miei desideri ed aspirazioni ed usando i loro sentimenti per me come un vero e proprio ricatto. Mi sono laureata con lode in una facoltà che non mi piaceva, ma voluta dai miei, ed ora sto lavorando nell'azienda di famiglia come i miei vogliono. Una vita di sacrifici, spesso senza la possibilità neanche di avere la domenica libera o di poter organizzare una vacanza. I soldi che si guadagnano non mi arrivano, in quanto mi viene ripetuto che è grazie alla mia famiglia che ho un lavoro, che devono gestirli loro, e che comunque ora non mi servono.


Ciò mi ha gettato in una specie di circolo vizioso in cui mi dicono che mi comporto come una bambina, che non prendo iniziative e che sono troppo remissiva ed accomodante con le persone, ma d'altra parte non mi è concessa la possibilità comportarmi diversamente o di far cose, come organizzare la mia esistenza diversamente ciò che la mia famiglia ha in programma per me.
A ciò si aggiunge il fatto che il lavoro in azienda è molto stressante e mio padre ne ha risentito molto, al punto che ha continuamente scatti d'ira o necessità di sfogarsi verbalmente in maniera molto forte con me, ricordandomi tutti i miei lati negativi o quanto non sono adatta a questo lavoro, a volte incitandomi anche al suicidio.

Ho un'autostima molto bassa da sempre, ma ultimamente le cose stanno andando peggio del solito. Avevo cominciato a diventare impermeabile alle critiche, ma da qualche mese basta che mi si faccia un discorso anche fra i più banali, ad esempio che non sono in grado di fare nulla e che non farò mai nulla nella mia vita, per gettarmi in uno stato di sconforto che perdura per giorni e giorni. Quando sono in questa fase ho continue crisi di pianto che durano anche ore, pensieri negativi, voci nella testa che mi incitanto a prendere l'auto e fuggire o peggio.
Non ho tempo né voglia di fare qualcosa di diverso dal lavoro, perché credo di non meritarmelo e che ogni cosa diversa dal lavoro sia per gente sfaccendata. Persino una passeggiata al sole, anche se piacevole, nella mia mente viene vissuta come una perdita di tempo.

Nel passato avevo un hobby che implicava la partecipazione a due o tre eventi culturali all'anno, ma l'ho dovuto abbandonare a causa dell'osteggiamento dei miei genitori, e questa cosa mi causa ancora oggi grande dolore, perché mi ha allontanata anche da tutte le mie conoscenze extra-lavorative.


Mi sento in generale triste, sola, vedo la vita come non mia davvero e non capisco se i miei sono lamentele o capricci, come sostengono a casa, o se ho davvero bisogno di un medico. Ma anche se fosse, sono imposibilitata a vederne uno per i motivi di cui sopra. A volte credo che non ci sia una via d'uscita in tutto ciò e sento di aver sbagliato tutto nella vita. Non ho comunque la forza di fare qualcosa, o almeno non al momento.

Se non le piace lavorare l'azienda di famiglia perché non si crea qualcosa di suo? Oppure se fosse legato ad un aspetto economico può anche chiedere ai suoi di darle più soldi, ovviamente le mie sono solo supposizioni sulla base di pochissimi elementi, ma il consiglio maggiore che posso darle è il seguente ne parli con suo padre, si apra le dica la verità è vedrà che capita il suo stato d'animo , poi se fosse il caso di andare da uno psicologo per capire cosa le sta accadendo dentro di se, lo faccia solo dopo averne parlato in famiglia con i genitori per capire se è un aspetto legato alla sua personalità in continua evoluzione e voglia di cambiamenti e stimoli nuovi oppure all'ambiente familiare non del tutto positivo 

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Dott.Antonio D'urso

psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista - Salerno

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