Dott.ssa Barbara Sacchelli

Dott.ssa Barbara Sacchelli

Psicologo, Psicoterapeuta

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DOTT.SSA SACCHELLI BARBARA PSICOLOGA – PSICOTERAPEUTA LAUREATA PRESSO UNIVERSITA’ DI PARMA NEL 2002 E SPECIALIZZATA PRESSO IL CENTRO DI TERAPIA STRATEGICA DI AREZZO IN PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA NEL 2008

 

 
Intervista alla Dottoressa Barbara Sacchelli

MI DA ALCUNE INFORMAZIONI ? La terapia breve strategica, nella forma utilizzata attualmente, deve la sua formulazione alla collaborazione tra Paul Watzlawick e Giorgio Nardone ( la quale ha portato una forma di avanzata tecnologia terapeutica che ha dimostrato la sua sorprendente efficacia ed efficienza nella sua applicazione alle più invalidanti e persistenti forme di patologia (panico, fobie, ossessioni e compulsioni, disordini alimentari, presunte psicosi, etc.).

CHE DIFFERENZA C’E’ TRA LA PSICOTERAPIA CLASSICA E LA PSICOTERAPIA STRATEGICA ? Il concetto fondamentale su cui si basa l’approccio della terapia breve strategica è costituito dalla convinzione che i disturbi psichici siano generati dalle modalità percettive, emotive e cognitive che le persone assumono nei confronti della realtà favorendo, in tal modo, reazioni e comportamenti disfunzionali i quali, invece di risolvere, alimentano il problema di cui si soffre. La terapia breve strategica ha come scopo principale la rottura di quel particolare circolo vizioso che si viene a creare tra la manifestazione del disturbo ed il comportamento disadattivo che la persona mette in atto nel tentativo di risolverlo, ma che finisce, invece, per alimentarlo ed aggravarlo ulteriormente. La struttura del metodo si esprime in 3 fasi:

  • Studio delle caratteristiche specifiche di un problema.
  • Rilevazione delle soluzioni già tentate per risolverlo.
  • Cambiamento delle soluzioni disfunzionali che, invece di risolvere il problema, lo alimentano, con altre che si sono sperimentalmente dimostrate funzionali agli effetti desiderati.

    La caratteristica peculiare di questo approccio terapico consiste, dunque, nell’interessamento verso il “come” un disturbo sia strutturato e si autoalimenti, e non verso il “perché” esso si sia sviluppato. In questo modo le energie del terapeuta e del paziente vengono totalmente concentrate sul disturbo così come si manifesta nel presente, evitando di allungare i tempi del processo terapeutico nella ricerca delle cause del problema, le quali sono spesso remote e difficilmente rintracciabili.

    In sostanza, il metodo strategico si propone di modificare il modo di vedere le cose della persona che soffre di un disturbo; tale risultato può essere raggiunto attraverso una ristrutturazione del modo disfunzionale di percepire e reagire alla realtà. La ristrutturazione del proprio punto di vista inizia già durante le prime sedute, nelle quali la persona impara ad accedere a risorse che già possedeva ma che non era in grado di sfruttare, creandosi una nuova maniera di vedere e percepire ciò che fino a poco prima rappresentava un problema. La terapia breve strategica, in particolare, ha elaborato specifici protocolli di trattamento per attacchi di panico, agorafobia, fobie, disturbi ossessivo-compulsivi, ipocondria, disordini alimentari (anoressia, bulimia, sindrome da vomito), depressione, disturbi sessuali, disturbi dell’età evolutiva, problemi della famiglia e problemi di coppia.

    DOVE SI E’ SPECIALIZZATA ? Mi sono specializzata presso il Centro di Terapia Strategica (CTS) di Arezzo è stato fondato nel 1987 da GIORGIO NARDONE e PAUL WATZLAWICK. L’Istituto rappresenta, a livello internazionale, sia la tradizione che la evoluzione del Modello

    Da allora tanta strada è stata percorsa mantenendo la rotta tracciata all’ inizio, ovvero: studiare i problemi umani attraverso le loro soluzioni. Dagli studi condotti e pubblicati in, Brief Strategic Therapy (Nardone G., Watzlawick P., Rowman & Littlefield Publishers Inc, MD, USA, 2004) seguendo i parametri internazionali per la valutazione della efficacia ed efficienza delle psicoterapie, dal gruppo di ricerca del Centro di Terapia Strategica di Arezzo (che annovera 120 Centri affiliati in tutta Europa) nell’arco di 10 anni su un campione di 3.640 casi trattati, comprendente le varie patologie psicologiche, ben 86% con punte del 95% dei casi è stato risolto, mediante un trattamento di durata media pari a sole 7 sedute.   Tutto questo senza l’uso di alcun tipo di farmaci.

    A CHI E’ RIVOLTA LA PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA ? Risultati di Efficacia ed Efficienza  dei protocolli di trattamento nella cura dei seguenti disturbi:

    Disturbi d’ansia  (nel 95% dei casi) – disturbo da attacchi di panico – agorafobia – disturbo d’ansia generalizzato – fobia sociale – disturbo post-traumatico da stress (PTSD) – fobie specifiche  (di animali, oggetti, situazioni)

    Disturbi ossessivi compulsivi (nel 89% dei casi) – ossessioni  – compulsioni  – disturbi somatoformi   (ipocondria, dismorfofobia, ecc..)

    Disordini alimentari  (nel 83% dei casi) – Anoressia  – Bulimia  – Vomiting  – Binge Eating

    Disturbi sessuali  (nel 91% dei casi) – difficoltà di erezione   – eiaculazione precoce  – vaginismo e dispaurenia – disturbi del desiderio

    Depressione (nel 82% dei casi)  – nelle sue varie forme

    Problemi relazionali nei diversi contesti  (nel 82% dei casi) – coppia – famiglia  – lavoro  – relazioni sociali

    Problemi dell’infanzia e dell’adolescenza  (nel 82% dei casi) – disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività, – disturbo oppositivo-provocatorio, – mutismo selettivo, – disturbo da evitamento, – ansia da prestazione, – fobia scolare  – disturbo da isolamento

    Disturbi legati all’abuso di Internet  (nel 80% dei casi) – la dipendenza dalla rete – la information overloading addiction: quando le informazioni non bastano mai – lo shopping compulsivo in Rete  – on-line gambling: ovvero le scommesse in rete – il trading on-line compulsivo – la chat dipendenza – la dipendenza da cybersesso

    PERCHE’ SI CHIAMA TERAPIA STRATEGICA BREVE ? Si tratta di un intervento breve, perche’ si conclude con un numero contenuto di sedute, ( massimo dieci ) che agisce a due livelli: – elimina i comportamenti disfunzionali per i quali la persona ha cercato assistenza; – produce un cambiamento nella modalità attraverso cui la persona percepisce e costruisce la propria realtà.

    Quindi, è possibile  ottenere un cambiamento radicale e duraturo e non superficiale o sintomatico. Un intervento è sintomatico oppure no in base a ciò che ottiene, non a ciò che fa. Agire sui sintomi non significa necessariamente trattamento sintomatico. D’altra parte, andare alla ricerca delle “cause” di un certo disturbo non implica di per sé una maggior profondità o efficacia d’intervento. Spesso, anzi, è del tutto inutile Se devo andare da Firenze a Roma, dovrò occuparmi delle azioni necessarie per spostarmi e arrivare a destinazione: non avrà alcuna importanza sapere o soffermarmi a pensare su come avevo fatto ad arrivare sino a Firenze. Da un punto di vista strategico, quindi, per determinare un cambiamento non è necessario individuare le cause originarie del problema (aspetto sui cui, peraltro, non si avrebbe più alcuna possibilità di intervento) ma scoprire come funziona il problema nel momento attuale, grazie all’osservazione delle tentate soluzioni adottate.

    A differenza di altri orientamenti terapeutici, il terapeuta strategico si interessa direttamente a tutte e tre le seguenti aree della persona:

  • la funzionalità o disfunzionalità del comportamento;
  • il vissuto emotivo della persona;
  • il suo modo di interagire e di costruire la propria realtà, ossia cognizioni e percezioni.
  • Quando ci troviamo di fronte a una difficoltà – personale, relazionale o professionale – la prima cosa che ci viene da fare per risolverla è utilizzare la strategia che ci sembra appropriata perché ha funzionato in passato per difficoltà simili. Talvolta, però, essa non funziona come ci saremmo aspettati. E questo ci porta a intensificare i nostri sforzi in quella direzione, perché la soluzione pensata ci appare ancora la più logica, ovvia, o l’unica possibile.

    Un semplice esempio è la reazione tipica che le persone hanno quando la mattina si apprestano a mettere in moto la propria macchina, e questa non parte al primo colpo. Cosa si fa di solito? Naturalmente si tenta ancora. E ancora, e ancora. E a volte si arriva a scaricare completamente la batteria. Perché? Perché prima d’ora la macchina era sempre partita al primo colpo. Quindi, tentando ancora certamente partirà.

    In casi come questi è proprio lo sforzo ripetuto per risolvere il problema ad alimentarlo, ovvero: le tentate soluzioni messe in atto dal soggetto – e dalle persone a lei vicine – finiscono per determinarne la persistenza. Questi tentativi di soluzione spesso sono riconosciuti dall’interessato come non funzionali, ma nonostante ciò non si riesce a fare altrimenti. Alla lunga, si sviluppa sfiducia nella possibilità di un cambiamento della situazione problematica. Per questo motivo l’intervento strategico si focalizza fin dall’inizio sul rompere il circolo vizioso che si è stabilito fra tentate soluzioni e persistenza del problema, lavorando sul presente piuttosto che sul passato, su come funziona il problema piuttosto che sul perché esiste, sulla ricerca delle soluzioni piuttosto che delle cause.

    Questo permette al terapeuta di avere una linea guida sia delle fasi del processo della terapia dall’inizio alla fine, sia degli stratagemmi terapeutici più idonei a sbloccare i patterns di interazione disfunzionale tra la persona e la rappresentazione della sua realtà. A tal fine il Modello di TBS mira in primo luogo, attraverso l’utilizzo di tecniche indirette e dirette, a far vivere al paziente una esperienza emotiva-percettiva correttiva, ovvero una diversa modalità di percepire la realtà problematica, che dovrà essere ripetuta e consolidata nel corso della terapia, fino a costituire un nuovo equilibrio connotato da modelli percettivi, comportamentali e cognitivi funzionali al benessere della persona. Cosicché la prima e la seconda fase della terapia sono incentrate su tecniche idonee ad avvicinare a livello relazionale il paziente e a realizzare il primo sblocco dalla patologia, mentre le ultime due fasi della terapia si basano sull’accompagnamento al recupero di un nuovo equilibrio e all’ acquisizione di fiducia nelle proprie capacità e risorse.

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aree di competenza

  • Disturbo ossessivo compulsivo
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Emilia Romagna col n.3827/A

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