Dott.ssa Caterina Scarciglia

Dott.ssa Caterina Scarciglia

Psicologa, Psicoterapeuta

Come prevenire il bullismo

COS’E’ IL BULLISMO

Per distinguere il bullismo vero e proprio da altre forme di aggressività bisogna riconoscerne alcune caratteristiche sue peculiari.

-          Prima di tutto, la sistematicità. si tratta di atti ricorrenti e ripetuti nel tempo, non due giorni, non una o due settimane, ma tempi più lunghi.

-          Secondo, l’asimmetricità di potere. abbiamo la presenza di una vittima o gruppo di vittime, che non riescono a difendersi, non vengono difese da nessuno, e non riescono a far cessare gli atti perpetrati a loro svantaggio. La presenza di soggetti passivi richiede necessariamente e ovviamente che vi sia un bullo, o un gruppo di bulli, che esercitino questo “abuso di potere”, ossia qualcuno che opprime e minaccia qualcun altro.

-          Terzo, l’intenzionalità di arrecare danno o disagio

 

La natura delle minacce del bullo può essere di tipo:

-          Diretto

ossia fisico: spintonate, percosse, danneggiare le cose degli altri, sputi, o anche molestie sessuali; oppure verbale: minacciare, offendere, prendere in giro, soprannomi poco carini.

Questa forma di bullismo è maggiormente praticata dai maschi

-          Indiretto

ovvero una forma più nascosta e subdola di tipo mentale (o sociale): esclusione dal gruppo, dai rapporti sociali, diffusione di falsità e calunnie, prese in giro pesanti, canzonette inventate sul momento aventi per oggetto la vittima, ecc.

Il bullismo indiretto è tipico delle ragazze

-          Razzista

nei confronti di compagni appartenenti a etnie diverse o verso disabili

-          Cyber bulling

ovvero servirsi di telefonini e computer per intimidire, ricattare o prevaricare i coetanei.

In questa categoria può rientrare il fenomeno, ben più ampio, del sexting.

 

Il sexting, divenuto rapidamente una vera e propria moda fra i giovani, consiste principalmente nello scambio di messaggi sessualmente espliciti e di foto e video a sfondo sessuale, spesso realizzate con il telefono cellulare, o nella pubblicazione tramite via telematica, attraverso canali come chat, social network, internet e varie app. Tali immagini, anche se inviate in origine a una ristretta cerchia di persone, in seguito si possono diffondere in modo incontrollabile e creare problemi seri alla persona ritratta.

Assume l’aspetto del bullismo quando è fatto per ricattare o denigrare la persona interessata.

La partecipazione di altri studenti (oltre al bullo e alla vittima) ad episodi di bullismo dipende talora da una riduzione della responsabilità individuale che, diluendosi in quella collettiva, può ridurre il senso di colpa.  Secondo Olweus (1997), rifacendosi alle teorie freudiane della psicologia delle masse, ragazzi e adulti si comportano in modo più aggressivo dopo aver osservato qualcun altro che si pone aggressivamente. L’effetto imitativo sarà inoltre più forte se il modello preso a riferimento sarà positivamente giudicato, determinando così un vero e proprio contagio sociale. Inoltre tale meccanismo comporta un indebolimento del controllo e dell’inibizione delle tendenze aggressive.                                                                                                            

Si individuano ben 6 ruoli all’interno della dinamica del bullismo di gruppo:

bullo. Chi prende attivamente parte all’iniziativa
aiutante. Chi agisce in modo prepotente ma con una posizione secondaria di seguace del bullo
sostenitore. Chi agisce in modo da rafforzare il comportamento del bullo, ad esempio ridendo, incitando, o semplicemente stando a guardare
difensore. Chi prende le difese della vittima consolandola o cercando di far cessare le prepotenze
esterno. Chi non fa niente, cercando di rimanere fuori dalla situazione
Vittima. chi subisce prepotenza
 

Di solito i difensori della vittima sono pochi in quanto si teme che nel prendere le difese dell’amico anch’essi possano diventare bersaglio di angherie. Il gruppo degli esterni invece è costituito da un’ampia percentuale di ragazzi e questo è un dato preoccupante ai fini della diffusione di una cultura di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno.

 

BULLISMO E DENUNCIA

le vittime di prepotenze hanno grandi difficoltà a comunicare il loro malessere agli insegnanti; la maggior parte dei ragazzi lo farà tendenzialmente con un amico o un familiare. questi comportamenti vengono deliberatamente nascosti agli insegnanti poiché gli alunni che subiscono prepotenza sono spesso restii a raccontarli per paura di rappresaglie, per vergogna o temendo di non essere compresi. Anche quando una vittima viene direttamente interrogata dall’insegnante tende a negare i soprusi ricevuti, preferendo indossare la maschera del coraggioso.                                                                                                  Dalle ricerche italiane di Fonzi (1997) e da altre ricerche straniere, si evince che solo il 50% dei ragazzi che subisce prepotenza lo rivela a insegnanti, genitori o amici, e questa percentuale diminuisce sempre più con l’aumentare dell’età (nella scuola superiore solo il 10% lo denuncia). inoltre, si è visto che la frequenza di atti di bullismo diminuisce con l’età (infatti è più frequente nella scuola elementare e media che in quella superiore) ma la gravità degli atti compiuti aumenta con l’aumentare dell’età!

 

COSA È POSSIBILE FARE IN QUANTO EDUCATORI

Perciò, accorgersi di questi fenomeni non è spesso cosa facile.

Allora cosa è possibile fare come educatori?

  • Innanzitutto stare attenti ai segnali comportamentali.

- isolamento in classe

- rabbia eccessiva o umore depresso

- aumentata disattenzione in classe

  • segnalare ai genitori (sia delle vittime che dei bulli) e consigliare l’invio presso uno psicoterapeuta
  • puntare su una didattica emotiva
     

 

DIDATTICA EMOTIVA

Quindi, attraverso l’utilizzo di un approccio didattico maggiormente basato sull’empatia e l’assertività, è possibile aumentare le competenze emozionali e relazionali che sono un fattore protettivo trasversale all’emergere del disagio attuale del bambino, o di problematiche personali e relazionali in età adolescenziale e adulta.

Infatti, l’educazione alle emozioni oggi riveste un’importanza nuova, legata al fatto che non siamo più abituati ad affrontare gli stati d’animo relativi alla sfera emotiva sin da piccoli. La dimensione affettivo-relazionale viene relegata in angusti spazi sino all’età adulta, in quanto si cerca di preservare i bambini da qualsiasi stato d’animo o mentale che possa comportare una situazione di stress. Si arriva ad essere adulti senza nessuna preparazione o abitudine all’ascolto di sé e dell’altro.

La didattica emotiva Si basa proprio sui concetti fondamentali di:

-                    EMPATIA Capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d'animo di un'altra persona.

L'empatia è dunque un processo: essere con l'altro, mettersi nei suoi panni, stare davvero con l’altro in sinergia di sentimenti.

L’empatia non si basa solo sulla comprensione degli stati emotivi espressi verbalmente o esplicitamente, ma anche tramite il linguaggio non verbale, i gesti, la postura corporea, l’espressione del volto, ecc…

-                    ASSERTIVITA’ Esprimere i propri pensieri ed emozioni nel rispetto dell’interlocutore senza assumere atteggiamenti aggressivi o passivi.

Il lavoro con la didattica emotiva è un progetto quotidiano fatto di empatia e comunicazione assertiva.

 

Cos’è

Per me, la didattica emotiva è innanzitutto un’attività di prevenzione primaria, efficace e precoce, per la promozione del benessere a scuola, ma anche nel modo di approcciarsi agli altri e al sociale in generale.

Come?

spinge i ragazzi al confronto e all’espressione verbale, al costruirsi di un’opinione personale, al mettersi nei panni degli altri (empatia), al dialogo emozionale (ossia, non solo cosa si pensa su un determinato argomento, ma anche cosa si prova).

Perchè?

Infatti, alla base di tutto vi è una difficoltà nel trovare luoghi e modi di esprimersi, una mancanza di parole, un’incapacità di “sapersi spiegare” che sfocia, quindi, nel modo più immediato ed efficace che si conosce per sfogarsi: il bullismo come espressione del proprio disagio che si rivolge all’esterno sulla vittima di turno.

 

BULLO ED EMPATIA

Si è notata una forte correlazione tra mancanza di empatia e aggressività: i ragazzi che prevaricano i propri compagni manifestano deficit nelle capacità empatiche, in quanto non si rendono conto delle sofferenze che causano in coloro che subiscono le prepotenze. Questa attitudine ha come fondamento l’autoconsapevolezza, in quanto chi è in grado di leggere le proprie emozioni, è sicuramente più abile nel comprendere quelle degli altri.

 

La riflessione sugli stati d’animo propri e altrui, infatti, incrementa la capacità empatica, caratterizzata da 2 dimensioni:

- cognitiva, relativa alla comprensione delle emozioni dell’altro

- affettiva, concernente la risposta emozionale suscitata a sua volta dal contatto con i sentimenti dell’altro.

Si è notato che nei bulli la componente cognitiva è molto sviluppata: buoni livelli di intelligenza sociale, buoni livelli di teoria della mente (cioè la capacità di intuire o comprendere gli stati mentali propri e altrui, i pensieri, le credenze, i ragionamenti, le inferenze, le emozioni, le intenzioni e i bisogni sulla base dell'osservazione del comportamento e del contesto), buona capacità di comprensione delle intenzioni; mentre la componente affettiva è deficitaria. Diversi studi indicano che esiste una relazione negativa tra empatia e comportamento prepotente, e che i bulli farebbero più fatica a entrare in contatto con la sofferenza della vittima e a considerare negative le conseguenze del proprio comportamento.

 

Per questa ragione, molti programmi di intervento atti a prevenire e ridurre il bullismo nella scuola sono incentrati sullo sviluppo e l’accrescimento delle capacità empatiche, tali da favorire i processi di identificazione reciproca fra compagni. Lavorare sull’empatia, intesa come capacità di mettersi nei panni dell’altro, in questo caso rispecchierebbe la capacità di mettersi nei panni della vittima. L’inserimento di una strategia volta ad accrescere la consapevolezza emotiva degli alunni nei progetti antibullismo è importante perché la conoscenza e la gestione dei vissuti emotivi sono determinanti per il benessere e l’equilibrio psicofisico.

 

L’INSEGNANTE E LA DIDATTICA EMOTIVA

La scuola è chiamata ad occuparsi anche di questa forma di educazione, acquisibile dall’interazione col gruppo classe e con l’insegnante nei panni di caregiver.

Saper riconoscere tratti e profili emotivi degli alunni diventa necessario per l’insegnante al fine di disegnare percorsi di vita improntati alla creatività e al benessere della persona.

Ed è proprio durante il mio lavoro di psicologa scolastica attraverso l’osservazione in aula e il confronto con gli insegnanti che ho compreso quanto sia importante il lavoro del docente per lo sviluppo di una buona vita sociale ed affettiva del bambino!

Infatti, l’insegnante è innanzitutto mediatore e tutor di un gruppo classe, e quindi coordinatore e promotore di dinamiche relazionali sane in un gruppo di pari.

Perciò ritengo che la didattica debba essere basata prima di tutto su tecniche, strategie, modalità di apprendimento che sfruttino la grande risorsa che è ”il gruppo”. Ovviamente, non vi sono strategie standardizzate da seguire, in quanto, così come ogni singolo alunno è unico, anche ogni classe ha caratteristiche di unicità che le appartengono!

Solitamente, sono chiamata ad osservare situazioni di difficoltà dell’insegnante nella gestione di un alunno o della classe. E da questa esperienza ho potuto dedurre che, molto spesso (anche se non in tutti i casi, considerando altri fattori esterni come educazione familiare, condizioni ambientali e socio-economiche, diagnosi accertate di alcuni alunni, ecc.), il bambino o la classe “non funziona” quando l’insegnante non è in grado di strutturare un legame affettivo con gli alunni, ossia “essere un punto di riferimento autorevole, quanto empatico”. Un insegnante così è già un fattore di prevenzione importantissimo contro il fenomeno del bullismo.

 

COSA POSSIAMO FARE A SCUOLA?

Gli interventi a livello di classe

  •                    Alfabetizzazione emotiva e tecniche di sviluppo dell’empatia

 

  •                    Attività curricolari di sensibilizzazione sul tema

 

  •                    Condivisione di regole (giochi di ruolo, giochi sociali, ecc.)

 

  Gli interventi a livello di istituto

  •          Sportello di ascolto per Genitori, Insegnanti e alunni

A cosa serve?

-  Dare un nome a ciò che emerge

-  analizzare difficoltà, emozioni, blocchi rispetto alla situazione che si vive con un alunno/classe

-  Dare la possibilità di esprimere, senza giudizio, sia le emozioni positive che negative verso il ragazzo vittima o bullo

-  Evidenziare i nessi tra pensieri/sentimenti e comportamenti relazionali

-  Collaborare nello smantellamento delle credenze radicate e, a volte, non consapevoli che si hanno nei confronti di un compagno, allargando il punto di vista

-  Riconoscere i propri punti deboli nella relazione mettendo da parte atteggiamenti difensivi (come dare la colpa ad altri compagni o alla classe, atteggiamento fatalista, negazione, ecc.)

-  Dare un feedback all’alunno su come ci si sente quando fa/dice così

 

  •               Osservazione in aula da parte di figure esperte

 

  •               Formazione specifica / aggiornamento agli insegnanti                 

       

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