Dott.ssa Claudia Colamedici

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Dott.ssa Claudia Colamedici

psicologo, psicoterapeuta, psicodiagnosta, mediatore familiare

La Violenza Assistita, quando viene meno il diritto all'infanzia!

La Violenza Assistita, quando viene meno il diritto all’infanzia.

Oggi tratterò un tema a me particolarmente caro, e scrivendo queste righe non posso non pensare ai tanti bimbi che incontriamo quotidianamente nei servizi: grandi occhi, consapevoli e spaventati, che con coraggio lasciano che tu intraveda il loro dramma!

Secondo il rapporto di Save the Children, in Italia, 427 mila minori, negli ultimi 5 anni, hanno subito e assistito a situazioni violente all’interno delle mura domestiche. 1.4 milioni di mamme sono state vittime di violenza, e molti bambini hanno visto, sentito, o compreso, da lividi e porte rotte, l’accaduto. 446 mila madri, nonostante tutto, vivono ancora con il partner violento. Secondo la definizione messa a punto dal CISMAI, il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso all'Infanzia, “la violenza assistita da minori si verifica quando i bambini sono spettatori di qualsiasi forma di maltrattamento espresso attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative, adulte o minori” (madri, sorelle, fratelli, etc). “I minori possono essere esposti direttamente alle violenze, quando sono fisicamente presenti durante l’accaduto, e in tal caso possono frapporsi tra la vittima e l’aggressore oppure tentare di nascondersi sperimentando così il senso di colpa e di impotenza, o possono averne conoscenza indiretta quando qualcuno, volontariamente o inconsciamente, li informa in proposito, forse per ottenere una qualche forma di alleanza o protezione; o possono percepirne gli effetti quando avvertono tristezza, terrore, angoscia e un continuo stato d'allerta della vittima; o quando vedono lividi, ferite, vestiti strappati, lacrime, suppellettili rotti” … Studi dimostrano come gli effetti traumatici della violenza assistita siano pari a quella della violenza subita in prima persona. Prima che questo venisse riconosciuto i suoi effetti sono stati lungamente sottovalutati, sia a livello psicologico che a livello giuridico. Solo nel 1999 il Cismai ha portato alla luce questo fenomeno dandone rilevanza clinica e formale. I minori coinvolti spesso non riescono a dissociarsi emotivamente dal genitore abusato. Assorbono e incassano su di loro l’odio e la distruttività rivolta all’altro. A livello sintomatico si isolano, hanno disturbi del sonno, della concentrazione, alimentari, perdita di fiducia, disturbi post-traumatici da stress, stati ansiosi e depressivi, enuresi notturna, attaccamenti insicuro-disorganizzati. Sono minori che avranno una probabilità più alta di essere vittime di violenza all’interno di altre relazioni sociali o affettive, saranno più facilmente coinvolti in episodi di bullismo, potranno fare abuso di sostanze o tenere condotte antisociali. Si perde la capacità di individuazione e pensiero autonomo, si perde la possibilità di avere uno sviluppo sano che è favorito da una serena vita famigliare. Attualmente, a livello giuridico il codice penale considera la violenza assistita un'aggravante del reato di maltrattamenti in famiglia ]se l'abusante maltratta continuamente il coniuge o il convivente davanti ai figli, procurando loro grave pregiudizio, e non quando le vessazioni sono solo occasionali. Il giudice può obbligare il maltrattante a lasciare immediatamente la casa familiare; in ambito civile può disporre la decadenza della potestà genitoriale. Può essere attivata una valutazione sull’idoneità genitoriale anche nei confronti del genitore abusato, per verificare la sua capacità di protezione e tutela nei confronti dei figli e il suo stato psicologico. Il giudice può disporre anche l'intervento dei servizi sociali con il compito di tutelare la salute psico-fisica dei coinvolti e, collaborando con centri di psicoterapia, prendere in carico il caso per guidare la vittima in un percorso di elaborazione dell’evento traumatico, comprensione delle motivazioni profonde che hanno portato alla scelta di un partner maltrattante, ricostruzione di una vita sociale e relazionale adeguata. Le denunce sono rarissime rispetto alla frequenza con cui si verificano tali episodi… l’invito per insegnanti, pediatri, istruttori … ma anche per ciascuno di noi, è di non volgere lo sguardo dall’altra parte, e di segnalare alle autorità competenti o ai servizi sociali situazioni di violenza. L’augurio è che a livello legislativo, velocemente, ci si muova verso una sempre maggiore tutela e salvaguardia dell’infanzia e del “diritto all’amore” che ogni bambino ha!

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