Dott. Cristian Sardelli

Dott. Cristian Sardelli

Psicologo, Psicoterapeuta

Malessere forte e stress / rabbia repressa

Buonasera psicologi, premetto che ho già scritto diverse volte in questo spazio e ho sempre apprezzato i vostri pareri che trovo assolutamente costruttivi e utili per riflettere su se stessi senza agire o pensare d’impulso.
Cercherò di essere esaustiva e breve (per quanto possibile).
Allora: sono una studentessa universitaria di 21 anni. Sono sempre stata una persona allegra, positiva, felice e tenace. Grata alla vita e a Dio (sono profondamente credente) per tutto quello che ho. Persino per qualcosa che, sebbene spesso mi abbia portato ad intristirmi, ossia il fatto di avere una piccola disabilità alla mano destra (mi mancano 5 dita dalla nascita). Ripeto che per me non ha mai rappresentato un problema o il centro della mia vita anche grazie alla mia famiglia e alla forza che ho sempre ritenuto di avere. Questo però non ha comunque impedito di intristirmi o farmi cambiare qualche volta umore per via degli sguardi, le parole e atteggiamenti di gente che reputo ignorante e lontana da me. Il fatto è che io per anni e anni non ho mai sfogato la rabbia provocata da tutto ciò quando si è presentata, mai pianto o creato problemi per questo. Anche perché onestamente non volevo far preoccupare i miei genitori, qualche volta ho pianto in “silenzio” la notte.
Bene, ora arriva un’altra parte. Che poi forse tanto scollegata non è, io ci ho riflettuto abbastanza e l’ho trovata collegata a ciò che sto per descrivere.
Quest’anno frequento l’ultimo anno accademico all’università e avendo appunto deciso che sarebbe stato l’ultimo ho anche iniziato a impegnarmi e dare il massimo al fine di ottenere la massima votazione (come se la laurea mi potesse assicurare la perfezione e la felicità). Peccato però che da novembre questo obiettivo ha iniziato a diventare un po’ “tossico” (sebbene io non me ne sia resa conto subito). Ho dato 3 esami in un mese e mezzo scarso, ho studiato come se non ci fosse un domani imponendomi ritmi troppo alto e ho abusato di me. Sebbene io me ne sia resa conto ad un certo punto ho comunque continuato perché mi dicevo che ormai dovevo finire , ma dentro di me ero molto stressata. Così ho finito gli esami, sono andati bene e cosa mi è rimasto poi? Solo tanto tanto stress, stanchezza e mi sono trasformata in tutto ciò che non sono mai stata: ho sofferto di insonnia, mal di testa, attacchi di panico e pensieri ossessivi rivolti verso le persone che più amo e in particolare mia madre. Tutto il giorno e la notte a pensare e ripensare a quanto mi succedeva e se davvero l’avessi pensato o era solo un pensiero, sensi di colpa alle stelle. Insomma, ho perso la serenità e la motivazione. Piango quasi ogni giorno ma sfogandomi e parlandone coi miei mi sono resa conto che sto un po’ meglio. Ma vorrei raccontare un’altra cosa : in pratica un giorno, dal nulla, mi è venuta una paura: che io potessi perdere il controllo e dire a mia madre che non le volevo bene (cosa assurda perché non vera, io la amo da impazzire e le devo tutto) e che la insultavo dicendole che non era una mamma bella e preferivo un’altra che era un’altra persona cattiva che ha fatto del male alla mia famiglia. Un giorno mi sono arrabbiata (per una sciocchezza dato che sono molto irascibile ultimamente ) e ho pensato “in ogni caso non le direi mai una cosa simile”. E nella mia mente ho pensato anche “vabbè lei sarà arrabbiata con me e per questo non si sta sedendo vicino a me nel letto anche se piango .. “ quando invece lei lo ha sempre fatto, mi è stata vicina ,( semmai cerca di farmi ritornare la voglia di vivere!!) e nel frattempo nella mia mente “forse se avesse più pazienza un’altra persona non si seccherebbe “ e subito nella mia testa immagino quella persona cattiva. Automaticamente vado in ansia perché penso troppo velocemente e questo per me significa che invece ho sbagliato e sono stata cattiva e di nuovo da lì pianto e disperazione come se l’avessi tradita. Cosa devo pensare?

Buonasera Amelia, scrive che ha già avuto modo di parlare con "noi" psicologi, mi chiedo se per lo stesso argomento o per altre questioni, in ogni caso ciò che descrive a mio parere corrisponde ad una situazione piuttosto nota e frequente, che incontrano perlopiù sportivi agonisti, donne e uomini in carriera e più recentemente anche studenti. Si tratta di un quadro simil depressivo che si presenta a fronte del vuoto che che lascia davanti a se aver raggiunto un obiettivo molto alto, con sacrificio e lavorando assiduamente. Raggiunto l'obiettivo spesso è come se non ci fosse altro da fare, subentra un senso di disagio accompagnato da agitazione, insofferenza se non vera e propria rabbia. E' difficile da comprendere specialmente a fronte di un successo. Non sempre in effetti le nostre sensazioni sono razionalizzabii, comunicano però intensamente con la nostra mente. Credo che il colloquio, parlarne, potrebbe permetterle di ritrovare una condizione di minor sofferenza, come parlando con i suoi le ha già fatto scoprire. Tuttavia un colloquio psicologico è cosa diversa, strutturato in modo da supportarla ma anche ad orientarla ad una soluzione, oltre che ad accogliere la sua sofferenza senza giudicarla. Il mio suggerimento dunque è quello di individuare un professionista con cui iniziare un dialogo.

Un cordiale saluto.