Dott.ssa Daniela Bonfini

Dott.ssa Daniela Bonfini

Psicologo, Psicoterapeuta

Cos'è un attacco di panico?

Quali sono i sintomi di un ATTACCO DI PANICO?

L’individuo può avvertire anche vampate, sudorazione profusa, dolore toracico acuto tanto da essere convinto di avere un infarto e di essere sul punto di morire. Di solito gli attacchi giungono alla
massima intensità in dieci minuti, regrediscono nel giro di venti o trenta minuti e spesso la crisi lascia la persona in un profondo stato di spossatezza.

Agli attacchi di panico molto spesso si associa anche l’agorafobia, cioè la paura di rimanere intrappolati in luoghi in cui la fuga può essere difficile o imbarazzante. Inoltre per la ricorrenza degli attacchi di panico chi ne soffre sviluppa una forma secondaria di ansia anticipatoria, preoccupandosi di se, quando e dove avverrà il prossimo attacco. Entrambi questi fattori determinano un circolo vizioso per cui il soggetto in specifici contesti sviluppa ansia.

Tutto ciò comporta gravi limitazioni nella libertà personale dell’individuo per l’evitamento delle situazioni considerate a rischio di insorgenza sintomatica. Il modello esplicativo delle cause di insorgenza dell’attacco di panico è noto col nome di modello “stress-diatesi”, esso afferma che vi è da un lato una scientificamente comprovata vulnerabilità organica predisponente (diatesi), e dall’altro che questa interagisce con specifici fattori stressanti ambientali (stressor).

Vi sono delle situazioni statisticamente correlate al ruolo di attivatori del primo attacco di panico: sono il lutto ed in generale la perdita di una persona cara. Inoltre un altro fattore di stress ambientale in grado di favorire l’insorgenza di tale disturbo è l’abuso durante l’infanzia. Le caratteristiche caratteriali sono anch’esse tipiche di tale disagio.

Questi soggetti di solito utilizzano ogni combinazione dei seguenti meccanismi di difesa psicologici:

1. L’Annullamento Retroattivo: lo sforzo inconscio di controbilanciare un affetto, solitamente un senso di colpa o la vergogna, con un atteggiamento o comportamento che “magicamente” lo cancelli (ad esempio un marito che torna a casa con un regalo per la moglie destinato a compensare lo scatto di nervi della sera prima).

2. La Formazione Reattiva: conversione di un affetto positivo in uno negativo, ciò allo scopo di negare l’ambivalenza (per esempio la trasformazione dell’odio in amore, del desiderio in disprezzo o dell’invidia in attrazione è facilmente riconoscibile in molte relazioni comuni). Entrambi favoriscono il disconoscimento di affetti negativi come la rabbia.

3. La Somatizzazione: l’attenzione della persona focalizzata su fenomeni fisici piuttosto che su cause o significati psicologici (ad esempio un ragazzo che si preoccupa dell’aumento del proprio battito cardiaco proprio mentre sta pensando ad una ragazza di cui è infatuato).

4. Lo Spostamento: una emozione, preoccupazione o comportamento viene diretto dal suo oggetto iniziale verso un altro, poiché la direzione originaria per qualche ragione provoca ansia (ad esempio la classica vignetta dell’uomo strapazzato dal principale che torna a casa e inveisce contro la moglie che a sua volta sgrida i ragazzi che infine prendono a calci il cane).

Entrambi agiscono sinergicamente per prevenire una riflessione interna. Da queste quattro difese congiunte si crea una specifica modalità interpersonale in cui i familiari, i medici, gli amici ed eventualmente lo psicoterapeuta vengono vissuti come guaritori a cui è affidata la responsabilità per la propria salute. I temi principali su cui centrare un buon trattamento psicoterapeutico rimangono quindi il riconoscimento della rabbia e la difficoltà di vivere l’ambivalenza tra la voglia di indipendenza e la paura abbandonica della separazione.

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