Dott.ssa Francesca Carubbi

Dott.ssa Francesca Carubbi

Psicologo, Psicoterapeuta

Il rischio della Dipendenza da Internet tra gli adolescenti

L'utilizzo tra gli adolescenti del Pc, e di Internet, è cresciuto, dal 2000 ad oggi, in modo costante e netto; se nel 2000 solo il 37% aveva in casa un personal computer e nella grande maggioranza dei casi senza collegamento ad Internet e ad aver navigato in Internet (almeno una volta) era poco più del 5%, oggi il 97% ha un computer in casa (il 16% ne ha addirittura più di due) il 51% (55% delle ragazzi) si collega tutti i giorni ad Internet e il 16,7% lo fa per più di 3 ore al giorno.

Chat e messenger sono utilizzati da oltre il 75% degli adolescenti e circa l'80% è abituale frequentatore di YouTube. Il 41% ha un suo blog, nel quale inserisce prevalentemente foto e musica (e le ragazze, molto più dei maschi, inseriscono anche proprie riflessioni sulla famiglia, le amicizie, l'amore...).

Su Facebook, fenomeno dell'anno, ha introdotto la propria scheda oltre il 50% degli adolescenti (53% delle ragazze) e un ulteriore 17% dichiara di essere in procinto di iscriversi.
Il computer è diventato sempre più personale e oltre il 54% lo ha nella propria camera con il 21,7% che naviga in Internet la sera tardi prima di addormentarsi.
Dall’indagine Doxa “Junior 2002” si rileva che 2.579 ragazzi tra i 5 e i 13 anni il 23% ha un cellulare personale, molti navigano su internet, utilizzano videogiochi e DVD. Un uso eccessivo del cellulare è lamentato dal 30% dei genitori; nel 44% dei casi nella stanza dei giovani sono presenti computer, playstation e videoregistratori. La percentuale dei ragazzi che utilizza internet è passata dal 7% nel 2000 al 16% nel 2002; il 38% dei ragazzi utilizza internet per inviare e ricevere e-mail, il 30% per scaricare musica e il 25% per leggere siti in inglese (cit. in Baiocco et al., 2004)

Una ricerca italiana del 2004 ha indagato su 1.075 studenti delle scuole superiori che avevano familiarità con l’uso di internet (a causa del tipo di scuola frequentata): solo 16 soggetti hanno dichiarato di utilizzare la rete per oltre 30 ore settimanali; la larga maggioranza ha dichiarato di navigare per meno di 5 ore la settimana, una piccola parte di soggetti ha dichiarato un utilizzo superiore alle 20 ore settimanali (circa 3 ore al giorno). I settori più utilizzati risultano essere i motori di ricerca, la posta elettronica, le chat e i giochi di ruolo.
Una ricerca del 2001, fatta per telefono, su oltre 7.000 ragazzi di 12/18 anni ha evidenziato che l’85% usa internet, il 4,6 % dei ragazzi contro il 4,7% delle ragazze risulta a rischio di dipendenza, mentre l’1% dei maschi e l’1,4% delle femmine sono già dipendenti dall’uso di internet (Kaltiala Heino et al., 2004).

U’indagine dell’Agenzia di studi Swg (pubblicazione annuale del CORECOM del Friuli, 2005) condotta su un campione di circa 800 soggetti rivela come i ragazzi navigano da prima dei 12 anni (34%). I giovani preferiscono la TV quando devono informarsi, ma internet è praticamente l’unica fonte di informazione per chi studia o lavora (90%). Ascoltano musica per 34 ore settimanali, stanno sul computer 20 ore, navigano per 19, leggono libri per solo 4 ore e giornali per 2. In internet utilizzano principalmente servizi quali le chat, la posta elettronica, i blog. Il 44% degli intervistati riferisce di aver fatto brutte esperienze in rete, mentre il 22% riferisce di essersi sentito in pericolo. Secondo un recente sondaggio condotto da SicuramenteWeb su 2400 persone circa, emergono dati non rassicuranti relativi la sicurezza degli utenti e la consapevolezza sui metodi per la gestione della privacy. Più la metà degli iscritti ai social network (il 56%) ha meno di 19 anni.

In questo senso, Save the Chlidren Italia ONLUS rilancia alcuni dei dati che emergono dalla ricerca “Sessualità e Internet: i comportamenti dei teenager italiani ” che ha preso in esame ragazzini e ragazzi dai 12 ai 19 anni. Secondo l’indagine, resa pubblica in occasione del Safer Internet Day il 9 febbraio 2010 dall’organizzazione e da Adiconsum, tra i comportamenti che gli intervistati dichiarano diffusi tra la propria cerchia di amici, lo scambio di immagini o video personali a contenuto sessuale sembra essere un fenomeno piuttosto frequente secondo il 22% degli intervistati[1], percentuale che scende al 17% per i giovanissimi (12-14 anni), ma risale al 25% per i 15-17enni e al 26% per gli over 17. In particolare il 14% specifica che ciò avviene al fine di ricevere regali come ricariche e ricompense in denaro.

E percentuali significative emergono laddove i ragazzi vengono interpellati sui loro comportamenti e non su quelli degli amici: il 45% dichiara di ricevere messaggi con riferimento al sesso, il 37% dà il suo numero di cellulare online, il 24% riceve immagini o video di persone conosciute solo online seminude o nude, il 19% ammette di avere rapporti intimi con qualcuno conosciuto in rete. Quanto alla gestione dei propri dati personali, i ragazzi non sembrano curarsi molto di che fine facciano e li consegnano alla rete spesso e facilmente: il 44% degli intervistati dichiara infatti di postare proprie foto e il 34% di pubblicare video su di sé.


I.A.D. - Internet Addiction Disorder

L'espressione Internet Addiction Disorder è stata introdotta nel 1995 dal dottor Ivan Goldberg.
Tale patologia, pur non essendo stata ancora introdotta nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder (DSM IV), è reputata da alcuni studiosi (Young, 1996) compatibile con altri disturbi di carattere compulsivo, come il gioco patologico d'azzardo. In questo senso, la il dott. Goldberg e la dr.ssa Young stanno attualmente facendo opera di pressione perché la dipendenza da Internet venga inclusa nel DSM V. (progettoelp.org).
L’Internet Addiction Disorder non è una categoria omogenea (Cantelmi et al. 2000), ma si manifesta sotto varie forme, le più importanti delle quali sono le seguenti:

- Cybersexual Addiction. E’ la tendenza ad instaurare relazioni amicali o amorose con persone incontrate on line. Le applicazioni più usate dai soggetti sono le e-mail, ma soprattutto le chat e i newsgroup. Progressivamente le relazioni virtuali divengono più importanti di quelle reali e il soggetto si isola, vivendo in un mondo parallelo, popolato da persone idealizzate. L’anonimato consente di presentarsi agli altri con identità del tutto inventate, sulla base del “come ci piacerebbe essere”.

- Net Compulsions. I tre principali comportamenti compulsivi che si possono mettere in atto tramite internet, e che hanno in comune la competizione, il rischio e il raggiungimento di un’eccitazione immediata sono il gioco d’azzardo, la partecipazione ad aste on line (eBay) e il commercio in rete.
- Information Overload. La ricerca di informazioni tramite la “navigazione” sul WWW sta diventando un problema per molti. La gente desidera essere sempre più al corrente e avere accesso alle informazioni, finendo con il trovarsi intrappolata in un’enorme quantità di dati dei quali non si sa cosa fare.

- Computer Addiction. E’ la tendenza al coinvolgimento in giochi virtuali, come i MUD, giochi di ruolo interattivi in cui il soggetto partecipa costruendosi un’identità fittizia. Il soggetto vive una sorta di sdoppiamento, intrappolato nel bisogno di uscire dalla propria vita quotidiana, per trasformarsi nel personaggio virtuale sul quale proietta i suoi desideri e le sue illusioni.
La dipendenza dalla rete passa attraverso diverse fasi. La fase iniziale, tossicofilica, è caratterizzata da un’attenzione ossessiva per la mail box, una polarizzazione ideo affettiva su temi inerenti la rete, un incremento del tempo di permanenza on line con difficoltà a sospenderlo, intensa partecipazione a chat e newsgroup, collegamenti notturni e perdita di sonno. La seconda fase, tossicomanica, è correlata a fenomeni psicopatologici; è caratterizzata dall’incontro con i MUD e da collegamenti così prolungati da compromettere la vita sociale (Coumyoumdjian et al., 2006).

In questo tipo di esperienze virtuali può essere fonte di piacere e di gratificazione non solo il contenuto cui consentono di accedere , ma l’uso stesso degli strumenti che ne consentono la realizzazione. Alcune caratteristiche quali l’anonimato, e l’assenza di vincoli spazio temporali, creano uno spazio psicologico in cui il soggetto può proiettare i propri vissuti e le proprie fantasie, contribuendo allo sviluppo di una vera e propria dipendenza dal mondo virtuale (Del Miglio, Corbelli, 2003).

Da quanto detto risulta chiaro che internet possiede caratteristiche allettanti che possono rappresentare fattori di rischio per lo sviluppo di una vera e propria dipendenza, in particolari in soggetti, adolescenti e non, meno maturi, con alto livello di curiosità, con bassa autostima e con difficoltà relazionali. I più colpiti sono gli adolescenti e gli adulti sotto i 40 anni con un elevato livello di conoscenza degli strumenti informatici, isolati per ragioni lavorative (es. turni notturni) o geografiche, con problemi psicologici, psichiatrici o familiari preesistenti. Gli adolescenti tra i 13 e i 20 anni dipendenti da internet sono quelli più numerosi; ragazzi soli, con scarso rendimento a scuola che passano ore e ore su web e proiettano il loro essere in un mondo virtuale sviluppando deficit emotivi e sociali. Anche i social network come Facebook e Twitter portano a comportamenti voyeuristici, basta pensare che la metà dei 350 milioni di iscritti accede quotidianamente al sito e non riesce a farne a meno.

Il tipo di personalità predisposto a sviluppare tale disturbo è caratterizzato da tratti ossessivo-compulsivi, inibito socialmente, tendente al ritiro, per il quale la Rete rappresenta un modo per fuggire dalla realtà.
L'abuso di Internet sarebbe determinato da un senso di vuoto, da un vissuto di solitudine e dalla difficoltà di investire la realtà off line. In alcuni casi estremi, la partecipazione alla realtà on line è finalizzata alla negazione di quella concreta, quotidiana, avvertita come minacciosa.
Questa dinamica, in un certo senso, è simile a quella che si verifica nel caso della dipendenza da sostanze. La realtà on line offre il vantaggio di fornire gratificazioni immediate, per la sua disponibilità pressoché continua.
Inoltre, l'universo virtuale rappresenta una fonte di attrazione per coloro che sono predisposti allo sviluppo anche di altre forme di dipendenza comportamentali o da sostanze.
Infine, è stata rilevata di frequente anche tra i cosiddetti 'sensation seekers', cioè coloro che ricercano continuamente nuovi stimoli, per raggiungere un livello ottimale di attivazione.
Si è visto che i più predisposti a sviluppare una dipendenza da Internet, spesso, hanno difficoltà relazionali. Questo è facilmente intuibile, osservando quanto avviene, ad esempio, nelle chat rooms. In esse assistiamo a relazioni estremamente mentalizzate: una buona parte di esse si costruiscono nella mente di chi le vive. Sono molto forti le tendenze ad idealizzare l'interlocutore, a creare un personaggio ideale, in cui le parti "mancanti", quelle che non conosciamo, vengono colmate dall'immaginazione personale. La relazione stessa risente di questa forte tendenza alla fantasmatizzazione.

La comunicazione nelle chat è dominata dalla sensazione, spesso illusoria, di essere capiti e di capire, di condividere le emozioni proprie ed altrui. L'illusorietà, molto spesso, si rende evidente nel momento in cui si decide di abbandonare l'ambiente virtuale per quello reale. Spesso quello che accade e che si tende a comprendere solo a posteriori è che la comunicazione, fino a quel momento, è stata interiorizzata e rivolta prevalentemente a se stessi.
La modalità di conoscenza on line sembra fornire anche la falsa impressione di poter conoscere in brevissimo tempo una persona. Tale modalità sembra essere in grado di annullare la quantità di tempo necessaria per la conoscenza reciproca, l'incertezza e le piccole frustrazioni che si incontrano progressivamente in tale processo. Eppure, si tratta di una convinzione errata: non a caso, una parte delle relazioni instaurate on line non riescono a superare la prova della realtà.

Questo esempio, però, non conduce necessariamente alla condanna delle esperienze on line, ma ad una loro valutazione critica, considerando vantaggi e svantaggi.
Le esperienze on line, infatti, offrono la grande opportunità di sperimentare se stessi e le proprie abilità relazionali. Inoltre, va precisato che i sintomi della IAD, identificati come comportamenti patologici, si ritrovano anche nella popolazione normale, in soggetti per esempio dipendenti dalla TV, ma non per questo definibili come patologici. Secondo alcuni ricercatori, nelle dipendenze tecnologiche saremmo di fronte a forme di non vera dipendenza patologica ma piuttosto di auto gratificazione (Song et al., 2004; La Barbera, 2005), per cui sarebbe opportuno parlare di uso patologico di internet e sostituire la denominazione IAD con le denominazioni Pathological Internet Use (PIU) o Internet Related Psychopathology (IRP).

La sfida che viene posta da Internet e dalla realtà virtuale, quindi, è rappresentata dalla valorizzazione e dall'utilizzo consapevole di ciò che di positivo esse possono offrire, senza cadere negli estremi della demonizzazione, del rifiuto a priori, o della sua esaltazione acritica. Questo atteggiamento rappresenta un valido antidoto contro qualsiasi forma di uso distorto, compreso l'abuso. In questo senso, questo progetto si pone come obiettivo una maggiore sensibilizzazione dell’uso di Internet, soprattutto da parte di chi ha il compito di educare le fasce più sensibili della nostra società. L’adulto, allora, si pone come modello di azione, modello che si imprime nella mente del giovane e di cui se ne appropria. Una sana educazione alla Rete non può bypassare un’educazione permanente dell’adulto, attraverso una sua consapevole presa di coscienza che egli è pienamente responsabile dei messaggi relazionali che veicola e che il suo stile educativo avrà un’impronta nel giovane per tutta la vita

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