Dott. Giovanni Romito

Dott. Giovanni Romito

Psicologo, Psicoterapeuta

Non riesco a non pensare ai miei difetti, ai miei limiti. Sono confusa mentalmente.

Salve, a chiunque mi stia leggendo. Mi chiamo Viviana, ho 21 anni. Vi scrivo perché mi ritrovo in un periodo molto confuso, e sostanzialmente non so che fare. Due anni fa, dopo la rottura traumatica di una relazione, sono caduta in depressione e ho accusato alcuni problemi comportamentali, tra cui un atteggiamento evitante che ha causato il mio ritiro dal liceo, dalle relazioni sociali, da tutto: vivevo reclusa in casa perché non avevo il coraggio di affrontare la vita. Ho consultato due psichiatri, entrambi mi hanno detto che sono affetta da un disturbo bipolare e da un disturbo della personalità di cluster b non specificato. Il terzo che ho consultato invece mi ha detto che non avevo nulla di così grave. Ho abbandonato le terapie prima che il quadro mi fosse più chiaro. Ho cominciato a frequentare gruppi di meditazione, filosofia orientale e cose simili, e per molto tempo le cose, dal mio punto di vista, stavano migliorando. Ad oggi però, in un periodo dell'anno che per me è sempre stato tragico (l'arrivo della primavera) mi sento come pervasa dalla sensazione che ci sono cose che dovevo risolvere, come se non tutti i miei problemi fossero stati considerati, perché effettivamente sto ancora male, c'è ancora qualcosa di strano che mi disturba. Il campanello d'allarme è stato il mio rapporto con alcuni amici: in più occasioni hanno dimostrato poca empatia nei miei confronti, e per questo ho cominciato ad odiarli, nonostante volessi loro molto bene. Non dimostrandosi quello che credevo, ho cominciato ad elaborare, nuovamente, inclinazioni evitanti e rabbiose. Inoltre, ho cominciato a notare il riaffiorare di alcuni comportamenti che credevo di aver risolto, come la manipolazione e la presunzione di avere il dominio sulla vita degli altri. Un'altra amica, più vicina alle mie problematiche, mi ha fatto capire quanto questo fosse un comportamento insano. Da qui, una valanga di rielaborazioni e ricordi: non sono mai stata bene. Anche quando credevo di esserlo. Soprattutto, durante l'autunno, ho capito che mi comportavo in modo strano, sia con me stessa che con gli altri. Avevo strane ossessioni. Mi sono informata su internet, e ho scoperto che si trattavano di episodi psicotici. Per me le psicosi sin son sempre limitate al 'sento le voci', 'vedo cose che non esistono'... Dalla pagina che ho trovato in questo sito, posso dire con certezza di aver sofferto, di: Confusione delle funzioni mentali, Convinzioni false (per un periodo molto lungo ero convinta di essere perseguitata e controllata dagli alieni, per esempio), Cambiamenti emotivi e comportamentali. Questa scoperta mi ha profondamente turbata. E' un turbamento in più che si è aggiunto alla mia quotidianità: non riesco a non pensare ai miei difetti, ai miei limiti. Sto psicosomatizzando tutto, e ormai ho un mal di stomaco 'emotivo' che va avanti da settimane (ho sempre sofferto di psicosomatizzazione, da quando avevo 12 anni). Vi scrivo per sfogarmi, e ovviamente chiedere aiuto. Secondo voi, cosa dovrei fare? Sono economicamente dipendente dai miei genitori, e non voglio chiedere loro altri finanziamenti per possibili terapie. Li ho già fatti soffrire abbastanza, e li avevo rassicurati che si sarebbe risolto tutto, che stavo finalmente bene. Ormai, sia per problemi psicologici che fisici, nessuno ci fa più caso. Sono così abituati ai miei dolori, che quando si aggiunge qualcosa di nuovo, l'impazienza dilaga, escono frasi tipo "Ma non stai mai bene?", e gli amici se ne dimenticano... Mi sento sola ad affrontare queste mie continue ricadute: se all'inizio erano tutti amorevoli, preoccupati e disponibili, adesso per loro sono un peso. Non riesco a farmi una vita, a trovare un lavoro, a diventare indipendente; mi sento costretta in questa gabbia che è la mia mente, che mi tira sempre tranelli e mi tiene legata. Alle volte vorrei solo scappare via, cercando una libertà, di quelle che si vedono nei film. Ma internamente so che è solo l'esigenza disperata della mia anima che vuole liberarsi da questi problemi. Ci sto provando, ma non riesco in nulla.
Gentile Viviana, da ciò che lei scrive, è palese che il suo disagio si manifesta al termine della relazione sentimentale di due anni fa. La fine di questa relazione, infatti, ha prodotto su di lei un effetto piuttosto forte che con il tempo si è cronicizzato assumendo forme diverse (depressione, ossessioni, false convinzioni, somatizzazioni…). È come se lei fosse stata destabilizzata a tal punto da questo evento che, da quel momento in poi, avesse guardato alla sua vita in modo completamente diverso. Il punto essenziale da cui partire è, a mio parere, cominciare a comprendere qual è l’effetto che la separazione ha prodotto e in che modo lei si è riposizionata emotivamente rispetto a ciò. Badi bene: quando parlo di effetto emotivo, questo non deve essere confuso con la depressione, le ossessioni… queste sono solo conseguenze del modo in cui lei si è sentita. Infatti, il motivo per cui, nonostante tre terapie, non è riuscita a risolvere il suo problema, è che l’approccio psichiatrico è un tipo di approccio che inquadra la persona in base ai sintomi che questa porta in terapia (disturbo bipolare, disturbo di personalità…). Il punto, tuttavia, è che se la persona è inquadrata in base ai sintomi, allora anche la terapia si baserà sull’eliminazione di questi senza mai riuscire ad arrivare al cuore del problema. Per capirci, di casi di disturbo bipolare o di disturbo di personalità c’è ne sono a centinaia, ma Viviana è unica, perché unica è la sua storia e la sua sofferenza. Tutti si sono concentrati sul cercare di dirle cosa ha o non ha e nessuno ha cercato di capire lei “chi è”. Capisco le sue remore nel chiedere di nuovo denaro ai sui genitori per una terapia, ma ritengo che sia necessario e non tanto per la gravità dei sintomi, ma per la sua giovanissima età. Penso che abbia già sofferto abbastanza e che sia arrivato il momento di riprendersi la sua vita e darle la direzione che lei vorrà scegliere. Questa volta, però, consulti uno psicologo psicoterapeuta, non ho nulla contro i colleghi psichiatri naturalmente ma ritengo che per lei sia più utile una psicoterapia cha l’aiuti a comprendere ciò che le sta accadendo. Resto a sua disposizione e la saluto cordialmente.