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Dott.ssa Giuseppina Cantarelli

psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista

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Dott.ssa Giuseppina Cantarelli

psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista

  • Parma
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Autostima e sensazione di fallimento a 24 anni

Buongiorno, scrivo della mia situazione per sapere se altre persone che hanno vissuto una situazione simile alla mia sono riusciti a superarla. Esempi di storie personali o di pazienti che sono riusciti a sbloccarsi, ad esempio. Ho parlato con tante persone di ciò che sto vivendo e sono pieno di consigli, tutti ottimi, ma non sento che mi servano come invece sento il bisogno di sapere che qualcuno come me, là fuori, ce l'ha fatta.
Sono il classico ragazzo dotato che, non avendo dovuto impegnarsi per molto tempo, ha procrastinato all'inverosimile ed ora ne sta pagando le conseguenze. Non ho fatto niente nella vita? Non esattamente. Ho conseguito una triennale in Psicologia, viaggiato all'estero per diverse volte, anche per brevi mesi, perfino in Asia. Ho lavorato presso due cooperative. Ho avuto molti amici anche se poi non sono bravo a mantenere le relazioni che, inevitabilmente, si allentano e si perdono.

Sono di bell'aspetto, anche ora che sto perdendo i capelli piaccio comunque, ho una bella intelligenza (che spreco molto nell'autoanalisi, lo confesso) che mi permette di afferrare anche concetti ardui in poco tempo, socialmente vengo riconosciuto come abile e brillante. La mia famiglia ha una pessima gestione emotiva, ma niente di allucinante: nessuno ha mai picchiato qualcun altro, però molta tensione e silenzio in casa, specie nel periodo fino ai 20 anni.

Mio padre è stato molto collerico fino alla pensione, mia madre è sempre stata iperprotettiva e ha teso a sostituirmi nei miei doveri.

E' veuto fuori in terapia che sono un Puer aeternum, come vuole la lettura junghiana, e ci sta, lo riconosco. Ho avuto molte ragazze, ho sempre pensato che fosse amore, ma probabilmente era più bisogno, rivedendo a posteriori.
Il mio più grande difetto è la procrastinazione e continuo imperterrito per questa strada. Non riesco ad assumermi le mie responsabilità, vengo schiacciato dai pensieri e cado spesso in fasi depressive, dove mi sento di non aver vissuto niente di quello che ho fatto nella vita, perché sempre concentrato sul mio malessere e come evitarlo e mandarlo via per sempre. Ho sempre avuto tendenze depressive ed un episodio di depressione maggiore in tarda adolescenza. Non ho mai coltivato me stesso e le mie passioni, non so nemmeno quali siano perché il mio comportamento è sempre stato orientato a fare il minimo possibile e godermi il tempo libero tra videogiochi e cazzeggio. Sono sempre uscito poco, sempre temuto in buona parte il confronto con il mondo che reputo migliore di me e non mi piace far niente di quello che c'è fuori, perché passo il tempo più a giudicare che godermi una bevuta o andare a ballare.
Ora, a grandi linee ho consapevolezza dei miei problemi, so anche che "evitando di giudicare me stesso e gli altri" e "cominciando a fare qualcosa" la situazione migliorerà. Il nocciolo della questione è questo però: perché non voglio?
Mi sento come se non volessi vivere, tentare, sperimentare, lasciarmi andare. Sono aggrappato ai miei dolori, le mie giustificazioni, le mie scuse. Ho vissuto buona parte di tutto questo inconsapevolmente finora, credevo avessero motivo e ragione d'esistere. Ora tutto sta svanendo e senza il mio malessere non posso più nascondermi dietro niente: mi rimane solo questa voglia enorme di non fare, di abbandonarmi, di distruggermi.

Dall'altro canto poi, faccio molte fantasie sulle mie ambizioni, come diventare un maestro spirituale o un ricercatore sempre in materia, per esempio di meditazione.

Il tempo però ne è passato molto, mi sento disagiato e indietro rispetto gli altri, sono spesso crucciato e non facendo nulla e non uscendo quasi mai da un paio di mesi, non so di che parlare, non so relazionarmi un granché con le realtà che ho creato finora (che ora rivedo sotto un'ottica di bisogno e mi sento in colpa per questo, come se avessi stretto rapporti per ottenere stimoli e amore e ridando nulla) galleggiando tra la fuga dal mio malessere e l'attesa di un futuro migliore.
Mi sento di non saper vivere, di non sapere accettare le difficoltà.
Ho scritto di getto, rileggendo qualcosa mi rendo conto che potrebbe suonar sconnesso.

Riassumo in breve: siete riusciti a realizzarvi, a lasciarvi il vostro passato alle spalle e ricrearvi una vita che amate,  se ripensate al passato vedete solo fallimento?

Siete riusciti a trovare voi stessi dopo avervi evitato per tutto il tempo?

Gentile Matteo, caro "Puer Aeternus",

certo che si può uscire dallo stato di apatia in cui si trova, ma, piuttosto che perdersi in estenuanti quanto improduttive sessioni autoanalitiche che tanto ricordano altri tipi di pratica, tendenti a risolvere in solitudine e totale autonomia qualsivoglia tensione psico-corporea, è forse giunto il momento della condivisione dei suoi problemi nella relazione. Pare evidente da ciò che esprime, che il nodo del del suo disagio, risieda proprio nella difficoltà di compiere un adeguato "esame di realtà", perso com'è nell'immagine vincente di sè, acquisita in precedenza, quasi dando per scontate le sue capacità e qualità intellettive che hanno rappresentato invece un grande regalo che la natura le ha fatto e che le ha permesso di vivere " di rendita" senza in fondo impegnarsi granchè. Ma i doni vanno ricambiati e oggi la sua psiche profonda ( il suo Sè) le chiede di crescere poichè, come ha potuto notare, lei si scontra oggi con la dura verità che, anche nelle migliori condizioni di partenza ( per qualità innate, simpatia, amore e sostegno ricevuti ecc...),occorre ad un certo punto fare i conti con la necessità dell'impegno e con la necessaria acquisizione della consapevolezza di ciò che sarà possibile divenire ed essere nel mondo. Inizi quindi al più presto un percorso di conoscenza di sè per non commettere il grave peccato di vivere al di sotto delle sue possibilità, in ogni ambito della sua esistenza .

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