Adolescente
Buongiorno, Vi ringrazio dell'opportunità di esporre il mio dubbio, se così si può chiamare. Mi chiamo Desirè ed ho 50 anni, sposata con tre figli di cui 1 di 16 anni. R. è un ragazzo piuttosto tranquillo, diligente e bravo a scuola, i professori lo definiscono "dotato", ha amici e fino a qui tutto nella norma. A casa invece è taciturno, parla pochissimo, con me è scontroso e raramente mi parla, lo fa con il padre solo se sollecitato ma con lui scherza anche, con i fratelli a volte esce ed ha un legame molto stretto. Il problema sono io a questo punto. Da me si aspetta che gli prepari la colazione, tutto ciò di cui ha bisogno, se non sta bene si rivolge a me e a volte in silenzio viene nello studio in cui lavoro, se non mi sente o vede per un po', mi guarda sorride e basta. Mi parla in maniera scontrosa e solo se lo sollecito. Ho provato a capire cosa c'è che non va, dice che rompo e che sono troppo presente. Però è me che cerca se ha qualche problema o malessere. Gli ho proposto una terapia con me o famigliare per cercare di risolvere la situazione ma non ne vuole sapere. Questo atteggiamento è iniziato circa un paio di anni fa. Cosa mi consigliate? Grazie
Buonasera,
grazie per aver condiviso la sua esperienza con tanta sincerità. Quello che descrive è un fenomeno abbastanza comune nell’adolescenza: ragazzi che fino a poco prima erano più aperti iniziano a ritirarsi, a essere più silenziosi o scontrosi, soprattutto con la madre. Questo non significa necessariamente che ci sia qualcosa che “non va” in lui, ma spesso riflette un bisogno di autonomia, di gestire le proprie emozioni in modo indipendente, e una forma di sperimentazione dei confini all’interno della famiglia.
Il comportamento che osserva – taciturnità, scontrosità, il rifiuto della terapia – può essere frustrante, ma è importante ricordare che non implica mancanza di affetto. Il fatto che cerchi la sua presenza quando sta male, che accetti cure o attenzioni, che sorrida quando la nota, mostra che il legame affettivo è ancora presente, anche se espresso in modi meno diretti. Gli adolescenti spesso comunicano in maniera indiretta e si avvicinano ai genitori quando ne sentono il bisogno, pur opponendosi a tentativi di “controllo” o sollecitazioni troppo insistenti.
In questa fase, alcune strategie possono essere utili: mantenere una presenza affettuosa ma non invadente, offrire supporto concreto senza insistere troppo sulla comunicazione verbale, creare momenti neutri di condivisione (come pasti insieme, attività comuni), rispettando i suoi spazi. Evitare conflitti o pressioni sulla “condivisione obbligatoria” può ridurre la resistenza.
Il fatto che abbia suggerito un percorso di supporto psicologico è positivo; tuttavia, forzare la terapia può generare opposizione. Spesso, proporre un ambiente sicuro, senza obblighi, in cui il ragazzo possa eventualmente aprirsi quando si sente pronto, è più efficace.
In sintesi, la situazione che descrive sembra più legata alla normale ricerca di autonomia di un adolescente che a un problema grave. Continuare a essere presente, disponibile e accogliente senza invadere i suoi spazi è la chiave. Con il tempo, e mantenendo un dialogo aperto ma rispettoso, la relazione tenderà a riequilibrarsi. Rimango a disposizione, un saluto!