Psicologa Gloria Simoni

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Psicologa Gloria Simoni

Psicologa, Sessuologa, Specializzanda in Psicologia Perinatale e in Psicoterapia Sistemico Relazionale

Ansia nel canto

Studio e pratico attivamente il canto con grande passione da alcuni anni e desidero continuare a farlo, tuttavia sono vittima di un perfezionismo che si sta trasformando in ansia. Non si tratta di un'ansia da "ciò che la gente pensa". L'ansia che provo quando devo cantare davanti agli altri è qualcosa di più misterioso... è l'incapacità di ricreare davanti agli altri ciò che sento di aver raggiunto nella pratica da sola senza nessuno intorno. L'ansia che provo si manifesta come una stretta nella zona addominale, come se avessi un nodo perenne, e nel canto diventa rigidità fisica sia generale che dell'apparato fonatorio, respirazione alta, la mia mente letteralmente si annebbia (NON SO PIU' COSA DEVO FARE, PERDO OGNI TIPO DI LUCIDITA') e non riesco a cantare come SO che posso e che so fare. Questo accade specialmente nei brani o nei passaggi che io ho battezzato come "difficili": da sola mi riescono, per quanto magari con le umane imperfezioni, mentre in ambienti "non safe" non è solo questione di imperfezioni, è proprio che mi escono voci strozzate, nebbia mentale (panico?), incapacità di eseguirli. Quindi tendo a rimanere nella mia "comfort zone", non riesco mai ad osare qualcosa in più, nemmeno alle prove con altri musicisti. Anzi, paradossalmente quando faccio un concerto sono molto più rilassata (anche perchè evito di eseguire qualsiasi cosa che esca dalla mia comfort zone). Questa esperienza ripetuta ha instillato in me una lacerazione tra il forte desiderio di cantare in libertà e la paura... e questo ambiente mentale ha portato a un comportamento che ha reso tutto questo autosufficiente: sforzarsi troppo, ipercontrollo (vocalmente parlando) che non sta facendo altro che irrigidirmi ulteriormente causandomi non poca frustrazione, la quale a sua volta alimenta il circolo vizioso. Non so come uscirne.

Gentile Chiara, capisco cosa intende quando chiede un tono più discorsivo, come se ne stessimo parlando con calma, senza troppi tecnicismi. Provo a risponderle così.

Quello che descrive non è semplice tensione da esibizione, ma qualcosa di più sottile e profondo. È come se da sola, nel suo spazio sicuro, riuscisse a esprimersi liberamente attraverso il canto, mentre davanti agli altri subentra una sorta di blocco che le mette il corpo in allerta e la mente in confusione. Non perché abbia paura di essere giudicata, ma perché sente di non riuscire a essere lì con tutto ciò che sa fare. È come se volesse dimostrare qualcosa invece di viverlo, e proprio quel tentativo di controllo la porta a perderlo.

Il perfezionismo in questi casi non aiuta, anche se nasce da un desiderio genuino di fare bene. Anzi, diventa una gabbia: più cerca di far funzionare tutto alla perfezione, più il corpo si irrigidisce, la respirazione si alza, la voce si restringe e la testa si riempie di nebbia. E allora entrano in gioco frustrazione, autocritica, senso di fallimento… e il circolo si alimenta da solo. Sentirsi incapace proprio quando sa di poter riuscire è estremamente faticoso, e capisco che la porti a restare nella sua zona sicura, evitando ogni tentativo che possa mettere in discussione quell'equilibrio precario.

Ma la sua difficoltà, in fondo, parla di un desiderio molto forte di cantare coniugando tecnica e autenticità. Non vuole solo “farlo bene”, vuole sentirlo, viverlo anche davanti agli altri. E questa è una cosa preziosa, perché significa che il canto per lei non è solo performance: è espressione, è identità. Il passo che può cominciare a fare non è spingersi oltre con forza, ma ridurre la pressione interna, spostare l’attenzione dal controllo al sentire, concedersi margine di imperfezione. Non come rinuncia, ma come spazio vitale.

Può essere utile allenarsi non solo sul piano tecnico, ma anche su quello corporeo e mentale. Lavorare sulla respirazione profonda, muoversi un po’ prima di cantare, fare prove in un contesto semi-sicuro con una persona alla volta, concedersi microesperimenti invece di prestazioni. Piccoli passi che le permettano di “farsi trovare pronta” non per eseguire, ma per esserci. A volte, anche un supporto psicologico specifico per artisti e performer aiuta a tradurre l’ansia in energia creativa e non in barriera.

Lei ha una grande consapevolezza e una reale passione, si sente chiaramente dalle sue parole. L’obiettivo non è eliminare completamente l’ansia, ma imparare a conviverci, farle spazio e poi andare oltre. Non è debolezza quella che prova: è semplicemente la traccia di quanto le importa. E da lì si può ripartire.

Se lo desidera, possiamo lavorare insieme anche su strategie concrete per affrontare passo dopo passo le situazioni “non safe”.

Resto a disposizione, un saluto!