Dott.ssa Isabella Conti

Dott.ssa Isabella Conti

psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista

La mia paura è quella di perdere materialmente tutto

Buonasera ho 43 anni ho famiglia con due figli, a fine 2014 sono finito al pronto soccorso per la paura di un infarto e poi ho scoperto che era un ' ansia asfissiante... Ho problemi con il lavoro e la mattina mi sveglio con la paura di affrontare la giornata... Dormo poco e male e mangio poco...ho perso 7 kg in neanche 1 mese....non trovo una sola ragione per stare tranquillo e questo mi Sta rovinando la vita... Non voglio ricorrere a farmaci... Io so qual' è la mia paura è quella di perdere materialmente tutto non so più che fare

Gentile signor Nicola, il suo modo di raccontare le sue difficoltà e la ricostruzione  dell’iter che lo ha portato a formulare una domanda ad uno psicologo, ci forniscono degli indizi interessanti rispetto al suo problema. Lei inizia la narrazione riferendo di  un evento critico che riguarda il corpo, l’infarto, che viene subito dopo tradotto con un termine tecnico nell’ambito psicologico, l’ansia. Il suo racconto prosegue poi con un elenco di fatti, più o meno oggettivi, i problemi con il lavoro, lo scarso sonno, la perdita di peso. Compare nel suo racconto un’unica, ripetuta più volte emozione, la paura. La paura dell’infarto, la paura di affrontare la giornata, la paura di non stare tranquillo, fino a quella che Lei ipotizza possa essere una definizione maggiormente esplicativa del suo stato attuale: la “paura di perdere materialmente tutto”.

Salta all’occhio la sua modalità di raccontare, che passa innanzitutto attraverso fatti, anche quelle dimensioni che rendono pertinente la sua domanda posta allo psicologo, ovvero le sue emozioni. Sembra cioè come se le sue emozioni fossero congelate, appiattite, sfocate, costrette dentro un’unica connotazione, la paura.

Sarebbe interessante cominciare a restituire complessità innanzitutto linguistica alle situazioni relazionali a cui lei si riferisce. Questo nell’ottica di recuperare lo spessore emozionale che ipotizzo appiattito meccanicamente nell’ esperienza attuale entro i suoi contesti di vita. Rispetto alla famiglia con due figli, il lavoro, la giornata da affrontare, la ricerca di una ragione, lo stare tranquillo a cui anela, i farmaci a cui fa riferimento e infine il tutto di cui parla, il lavoro terapeutico potrebbe consistere  innanzitutto nel costruire ipotesi ed interpretazioni che recuperino la varietà di affetti ed  emozioni  che li connotano nella sua esperienza di vita quotidiana.

Cominciare a chiamare per nome emozioni e affetti dentro i rapporti, potrebbe aiutarLa a restituire senso e spessore al tutto così staticamente e monotonamente definito attraverso la paura. La possibilità di pensare alle sue emozioni La aiuterebbe a svincolarsi dal non saper più cosa fare.

La saluto cordialmente