Dott.ssa Katia Romano

Dott.ssa Katia Romano

Psicologa, Counselor e Coach ICF

Secondo figlio

Carissimi, innanzitutto vi ringrazio per la vostra disponibilità e per aver aperto questo piccolo spazio dove abbiamo modo di porre domande e, forse, trovare uno spiraglio di luce. Sono una donna di 41 anni e grazie alla FIVDO sono riuscita a diventare mamma di un bambino bellissimo e sanissimo che ha già un anno. Sin da bambina ho sempre sognato di avere una famiglia numerosa. Purtroppo le esperienze della vita (aborto, gravidanza extrauterina, cisti borderline...) hanno cambiato un po' le possibilità. Dal trattamento abbiamo ottenuto 2 embrioni: uno è il mio meraviglioso figlio e l'altro è attualmente congelato. Fra qualche mese mi piacerebbe poter provare a fare il secondo transfer, ma mio marito si oppone. Ogni anno dobbiamo rinnovare il contratto per mantenere l'embrione e, purtroppo, lui non vuole. Fra le sue ragioni ci sono i suoi interessi personali (lo sport), i costi della vita e la vita di coppia. In passato abbiamo avuto un periodo di crisi in cui non era sicuro di voler diventare padre, ma alla fine ha ceduto e abbiamo fatto il trattamento. Durante tutto il percorso ho dovuto gestire molto bene le sue incertezze e paure personali. Da quando sono arrivati i consensi del laboratorio da firmare, abbiamo iniziato a discutere. Cerco di gestire di nuovo le sue paure ma si oppone in maniera molto forte. Gli ho anche spiegato cosa significherebbe per me rinunciare all'embrione, la sofferenza che mi causerebbe e non sembra che il mio dolore gli interessi molto. Cerco di pormi domande per trovare delle risposte. Ad esempio, che cosa succederebbe se accettassi quello che vuole mio marito rinunciando all'embrione? Ho paura di non riuscire più a guardarlo negli occhi. Grazie per il sostegno.

Cara Costanza,
La ringrazio per la fiducia con cui condivide una parte così intima e delicata della sua vita. Le sue parole raccontano non solo il grande amore per suo figlio e il desiderio profondo di dare continuità a quel sogno, ma anche la fatica di sentirsi sola in una scelta che per lei ha un significato esistenziale molto profondo.

Dal punto di vista psicologico e relazionale, è evidente che lei stia cercando non solo una soluzione, ma soprattutto un punto d’incontro che possa tenere insieme i suoi desideri con quelli di suo marito. È un compito difficile, specie quando si ha la sensazione che le emozioni e i bisogni non siano riconosciuti o accolti dalla persona che ci accompagna nella vita.

La inviterei a considerare un approccio che non si basi solo sul “convincere” l’altro, ma sul creare uno spazio aperto in cui entrambi possiate esprimere autenticamente i vostri timori, vissuti e bisogni. Da ciò che racconta, suo marito potrebbe stare manifestando resistenze che hanno radici profonde: non solo nei timori concreti legati alla vita quotidiana, ma, probabilmente, anche in vissuti ancora non del tutto elaborati, legati alla paternità e alle dinamiche relazionali di coppia.

Come psicologa e counselor di coppia, spesso accompagno i partner a riconoscere che dietro il “no” dell’altro può nascondersi una richiesta di ascolto, un bisogno non detto, o la paura di perdere qualcosa. Allo stesso tempo, è essenziale che anche il suo desiderio e delusione rispetto alla posizione di suo marito abbiano voce piena, senza doverli reprimere per tenere insieme la relazione, in una migliore comprensione reciproca.

Un percorso di coppia, anche breve, potrebbe offrire un contesto neutro in cui entrambi possiate sentirvi ascoltati e compresi, non per trovare una soluzione immediata, ma per ritrovare una visione maturata e accettata da entrambi.

Il rischio maggiore, come giustamente intuisce, non è tanto la scelta che verrà fatta, ma il modo in cui ci arriverete. Le decisioni più difficili, se condivise con rispetto reciproco, rafforzano il legame. Se invece maturano nel silenzio o nel senso di esclusione, lasciano ferite che rischiano di riemergere nel tempo.

La incoraggio quindi a cercare il dialogo non come confronto tra volontà opposte, ma come ricerca condivisa di significato di un secondo figlio, per entrambi. E, se sente di non riuscirci da sola, chiedere un supporto, che non è un segno di debolezza, ma un atto di cura verso di se', verso il suo partner e verso la vostra famiglia.

Le mando un caro saluto, con stima e vicinanza,

Katia Romano