Paura della morte e terapia EMDR

Buongiorno.
Sono una ragazza di 25 anni.
A seguito di un lutto, avvenuto nel 2004, ho iniziato a soffrire di ansia, soprattutto di ansia da separazione e di attacchi di panico.
Sono stata seguita dal 2004 al 2009 da uno psicologo, che, purtroppo, ha saputo aiutarmi ben poco.
All'età di 16 anni ho deciso di rimboccarmi le maniche e di cercare di dare una svolta alla mia vita.
Mi sono affidata ad una dietologa per perdere i kg. che avevo accumulato nel tempo, poiché per anni avevo sfogato il mio malessere nel cibo. Ho fatto nuove conoscenze, nuove amicizie e nuove esperienze. Un cambiamento, sia fisico che psicologico, effettivamente, ero riuscita ad ottenerlo. Ero più serena, più sicura di me. Avevo ancora le mie ansie e le mie paure ma sapevo gestirle.
Da circa un anno, la situazione è nuovamente cambiata ma, questa volta, in peggio.
Ho iniziato con l'avere comportamenti strani, che si sono poi rivelati essere un leggero doc.
Successivamente, ho notato un ritorno di ansia quasi soffocante e la situazione, mano a mano, nei mesi, è peggiorata.
A inizio 2020 ho deciso di affidarmi nuovamente ad un professionista, con la speranza di tornare a vivere quella vita serena che, con tremenda fatica, mi ero costruita.
Il primo incontro è stato di conoscenza. Ho spiegato quale fosse la situazione che stavo vivendo, cosa mi disturbasse e ho raccontato, riassumendo, in generale, il mio percorso di vita.
Al termine del secondo incontro, lo psicologo, mi ha espresso il suo parere, ossia che soffro di DPTS, relativo al lutto vissuto da bambina, che, probabilmente per via dell'età, non sono riuscita ad elaborare.
Ha optato, quindi, per la tecnica EMDR.
Abbiamo utilizzato questo metodo per 3/4 volte, focalizzandoci, appunto, su quel tragico evento.
La prima volta è stato strano, ho fatto fatica a concentrarmi e, sia durante la seduta che nei giorni successivi, non ho notato alcun cambiamento.
La seconda volta è stata devastante. Durante la seduta mi sono lasciata guidare totalmente dalle parole del terapista, ho raccontato ciò che mi passava per la testa. Terminata la seduta, mi sentivo più leggera e ne ero contenta.
Dal giorno dopo, però, è iniziato il dramma. Ho cominciato ad avere paura della morte, in primis delle persone che amo, dopodiché anche della mia. Ho sempre temuto di perdere persone a me care, tant'è che, egoisticamente, speravo di andarmene per prima, ma mai, e dico mai, mi era capitato di pensare negativamente alla mia morte o di averne paura, anzi, mi sono iscritta all'AIDO e ho riferito ai miei cari quali sarebbero le mie volontà, molto serenamente.
Durante la terza seduta, mentre stavamo utilizzando questa tecnica, mi è capitato di piangere parlando di mia mamma.
Sono sincera, non avevo mai sentito parlare di EMDR prima che lo psicologo me la presentasse. Sono, dunque, un po' spaventata. Una tecnica che dovrebbe servirmi a farmi stare meglio, mi sta facendo stare peggio.
Ho scoperto paure che non sapevo di avere e, da due settimane, vivo con un forte senso di angoscia.
La sensazione che ho è come se avessi appena vissuto un grave lutto. Avete presente quella prima fase di stordimento?
Inoltre, tendo a proiettarmi molto in là nel tempo. Mi immagino anziana e sola, la paura che mi assale è proprio quella della solitudine. Tremo all'idea di restare sola al mondo, di perdere ogni persona cara che ho e la cosa strana, è che le emozioni che avverto sono come se mi trovassi ora in quella situazione.
E' possibile che sia un effetto collaterale della tecnica?
E' possibile che sia un periodo transitorio? Della serie "Per vedere l'arcobaleno bisogna sopportare la pioggia"?
A questo punto, devo pensare che il reale problema non sia stato il lutto?
E soprattutto, perché sono ossessionata dalla morte?

Gentile Arizona,

mi complimento con lei per la forza d'animo ed il coraggio con cui a più riprese è ripartita, intraprendendo diversi percorsi.

Ora con l'EMDR sta affrontando un periodo fortemente doloroso per lei e necessariamente ha favorito il riemergere di questo dolore con tante sfaccettature. Mi piace la similitudine che ha riportato: "Per vedere l'arcobaleno bisogna sopportare la pioggia". Sì, è proprio questione di darsi tempo, il tempo di affrontare e superare il lutto, e di farsi accompagnare dal suo psicologo in questo viaggio attraverso la sua tempesta e di parlargli di quanto prova, sente e pensa. Non è sola.

Le auguro ogni bene.

drssa Chiara Lecca