Dott. Luciano Marchet

Dott. Luciano Marchet

Psicologo, Psicoterapeuta

Relazione forzata e senso del dovere

Buongiorno, mi chiamo Andrea e ho 36 anni. Scrivi per un consiglio o spunto di riflessione anche per capire se ci sono percorsi terapeutici che possano aiutarmi di più rispetto a quello che sto già seguendo. Sono una persona estroversa ma anche sensibile e molto analitico, tanto da avere forme ossessive in alcuni momenti della mia vita a casa di questo, più le paure indotte dai miei e la voglia di andare oltre alle semplici informazioni che trovo o che mi vengono dato di fronte ad un' analisi di un problema (sono ingegnere...ecco..l ho detto :-) ). Sono cresciuto in una famiglia di provincia molto tranquilla ma, come in tutte le famiglie, con alcune difficoltà . Nel mio caso mi sono sempre sentito poco capito, nonostante gli sforzi, da parte dei miei. Mia madre ti ascolta ecc ma è piena di paure ed insicurezze anche a causa del fatto che ha sempre vissuto qui in casa e ad 1 km dai suo genitori...sposata giovane, non ha mai fatto chissà quali esperienze da potermi trasmettere o almeno capire. Mio padre invece è molto schivo nel fare discorsi profondi e banalizza tutto...si lamenta di tutto (davanti al telegiornale da il meglio di sé). Mio fratello più grande invece, a differenza della mia reazione ansiosa e di dolore interiore, lui reagiva con aggressività (forse l'altra faccia della medaglia) a causa dello stesso problema verso i miei. Detto ciò, io sono cresciuto insicuro e con un senso di caccia alla figura di riferimento che mi potesse fare da guida nella vita per poi camminare con le mie gambe. Per questo, da circa dieci anni, sto seguendo varie sedute di psicoterapia (tre percorsi al momento) ma, per la mia sensibilità e complessità interiore, ho bisogno di qualcuno che mi capisca e mi aiuti a capire le mie emozioni che ancora ad oggi, in alcuni casi ( anche se va molto di un tempo) fatico a definire o accettare ma soprattutto a capire. Una di queste che mi lacera interiormente da anni portandomi a chiudere tutte le relazioni è un senso di castrazione che provo nelle relazioni in cui non son convinto o non provo forte attrazione. Detta così sembra normale...magari lo è pure...ma sarebbe bello interiorizzare questa cosa. Mi sono trovato spesso ad iniziare relazioni con persone con cui avevo un forte dialogo sia a livello profondo che su cose più blande ...probabilmente compensavo il mio bisogno di sentirmi capito e ascoltato (diciamo che posso dirlo abbastanza con certezza) ma la voglia di trovare una "compagna di squadra " (mi piace chiamarla così dato che si è in due a crescere, condividere, litigare e provare a capirsi venendosi incontro ecc ) c è. O almeno mi piacerebbe averla ...il punto è che parto in amicizia, poi vedo che ci è un bellissimo dialogo, da lì la ragazza si sente capita e anche io (rendo ad ascoltare ed essere di supporto per gli altri dato che conosco anche io la sofferenza) ..scatta il bacio e Boom!! Dopo qualche ora inizio a dirmi " Oddio ma devo fare il moroso?" :-) " cosa vuole da me?" Mi sento invaso ( a volte) e poi parte un senso del dovere nel rimanere dentro la relazione,; rabbia mia per affrontare a muso duro questa mia reIazione che da anni mi si presenta e che non accetto; inizio di una relazione forzata in cui mi chiedo il motivo per cui le voglio bene ma nel mantenere un impegno costante con lei mi sento morire dentro e soffro...piango ..giorni di angoscia come se mi portassero al patibolo o come se avessi un matrimonio combinato. Non me ne vado per non avere sensi di colpa nel non provarci ma è dura. Non so se sto combattendo contro i mulini a vento o se devo ascoltare questa voce interiore che da subito mi dice che qualcosa non va. È questo il punto. Una volta questa voce mi ha fregato (o magari aveva anche ragione...non so...ma per un ossessione con la mia prima ragazza, mi ha bloccato e ho dovuto chiudere soffrendo molto per anni...chi si fida più di questa voce ? Per questo non accetto e provo a starci dentro...troppo però...nell' ultima relazione sono durato 5 mesi con continui pianti, malesseri, distacchi (l ho lasciata un paio di volte) ..crolli emotivi con tanto di tremori e attacchi di ansia (anche al lavoro)....così ho provato ad ascoltarla (questa voce interiore) e me ne sono andato circa un mese e mezzo fa...dopo un mese di quasi tranquillità , è uscito il dolore e la mancanza nelle ultime due settimane...e mi chiedo com è possibile questa incoerenza..forse di una persona c è sempre qualcosa di bello che ti lascia e altre cose negative. C è il bianco e il nero e non è mai assoluto. Forse è la prevalenza del nero sul bianco che fa chiudere....ma quel bianco, per quanto poco, la mente te lo ricorderà e t ne fa sentire la mancanza. Non so...la mia domanda da 100 milioni di dollari è se ho un problema relazionale oppure se inciampo sempre in relazioni non giuste per compensare altre mancanze o per senso del dovere o per risolvere un dolore passato della mia prima esperienza. Non so....so solo che è così da 20 anni e non ne posso più ..se avete qualche spunto...non so. Cercavo informazioni anche sulle persone sensibili...magari ho reazioni forti per questo motivo...niente di più ..perché mi chiedo come mai questa mia voce interiore sia così forte (ci sta che ci sia...ma così forte da subito????????)..cavolo, non posso fare come altri che provano a starci dentro senza mille sensi del dovere e capire come va prendendomi i miei tempi? Perché mi sento subito incastrato? Ps: questa reazione l'ho avuta anche nel mio primo lavoro post università...ho scelto un lavoro che non soddisfava i miei bisogni interiori e ogni giorno per almeno 6 mesi andavo in ufficio con ansia, tachicardia , malessere, senso di castrazione e lacrime...boccetta di ansiolitico in tasca e supporto terapeutico che mi diceva di restarci dentro e non fuggire per imparare ad adattarmi (forse è questo...non mi so adattare o mi rifiuto ..perché quando hai in mente una cosa, diventa frustrante non seguirla e farti appagare da quella..in quel caso era un tipo di lavoro diverso. Avevo altri sogni in quel periodo) infatti, poi mi sono licenziato e ho iniziato a lavorare , dove sono tutti ora, in un' azienda che fa prodotti elettronici e in cui sognavi di andare a quel tempo del mio primo lavoro. Appena entrato, mi si è aperto il cuore e sono stato bene...ma al primo cenno di adattamento e frustrazione, tendo a reagire. Ok...mi fermo. Grazie dei consigli

Gentile Andrea,

nel suo racconto ci sono dei motivi narrativi:

Cercasi percorso terapeutico appagante. Aspettative deluse. La guida. Le guide. Cercasi figura di riferimento.Cercasi compagno di squadra.

I dubbi. La relazione forzata. Non mi arrendo, mi arrendo. La voce. Chi si fida più di quello che dici. Fuggire o adattarsi.

Un motivo di riflessione: ( seguo tre percorsi al momento ), questo essere un pò qua, un pò là, oltre che disperdere energie, mi sembra esprimi una frammentazione del sè, di Andrea che si dà a pezzetti e mai tutto intero.

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