Dott. Marco Ventola

Dott. Marco Ventola

psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista

Disperazione al pensiero della minima fatica

Buongiorno, sono disperata! Le volevo chiedere (onestamente) se è possibile fare qualcosa per il mio problema per poi eventualmente iniziare una terapia. Ho 38 anni, dalla mia infanzia non ho mai avuto particolari interessi per le cose. Sono sempre stata estremamente sfaticata nel fare le cose, e quindi continuamente rimproverata ed umiliata. (ma non era scarsa volontà). Ogni volta che dovevo fare qualcosa (cucinare, curare il mio corpo, commissioni...) facevo una fatica bestiale, nonostante mi sforzassi. E quindi rimandavo sempre o lasciavo perdere se potevo. Anche per i piaceri, se comportavano uno sforzo minimo, ok, altrimenti dopo brevissimo tempo diventavo talmente irrequieta che lasciavo perdere. Quindi la maggior parte del tempo la trascorrevo stanca al letto senza far nulla, soltanto a ragionare su tutto, in attesa che finisse la giornata. Ma non era noia, aspettavo la fine della giornata disperatamente!! Questo ha condizionato la mia esistenza. Ora mi ha lasciata un ragazzo, ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Mi sono resa finalmente conto che ho un problema gravissimo. Ora come allora, mi ritrovo ad avere apatia totale per le cose, per le persone, non provo piacere per niente, non mi va nemmeno di sforzarmi per fare qualcosa di piacevole (uscire con le amiche, cercarmi un ragazzo...) anche se so che ho tutte le capacità, ma mi manca l'interesse di vivere. Mi isolo come da piccola e soffro tremendamente di solitudine. Ogni volta che esco o faccio qualcosa, solamente se vengo coinvolta intensamente, mi trovo bene, ma basta una frazione di secondo di calma o distrazione, che mi viene l'angoscia del tempo di nuovo. Mi sento una fallita e mi pesa fare o cercare qualsiasi cosa, anche piacevole perchè la mia mente è sempre rivolta al tempo. Quindi la mia motivazione non è fare qualcosa per il piacere che mi può dare, ma vivere e cercare di far qualcosa per trascorrere il tempo maledetto. Ovvio che così tutte le azioni mi mettono angoscia, fino alla disperazione e all'idea del suicidio. Mi può aiutare? Aiuto!!!
Allora Alessandra "disperata", mi sembra di capire che ciò che chiede sia un intervento psicologico che le permetta di capirci qualcosa di questa sua angoscia che la "passivizza"; la sua email mi fa pensare anche ad un tipico telefilm americano ormai molto diffuso anche in Italia dal nome singolare ma quantomai azzeccatissimo "desperate housewife" cioè casalinghe disperate! Ma disperate da cosa? Le casalinghe disperate sono donne che hanno puntato tutto sull'adempitività, sull'adempiere ad un ruolo, quello delle brave casalinghe, delle brave mogli e madri, senza chiedersi mai veramente cosa vogliono, cosa desiderano veramente. Mi sembra che la storia finita male con il suo fidanzato la abbia svegliata finalmente. Le abbia aperto gli occhi su una situazione che lei trova giustamente insostenibile: la sua difficoltà ad investire sulla vita. Non è un problema semplice da risolvere ma sicuramente attraverso un lavoro terapeutico è possibile affrontare il problema: un problema che nasce dal sentire tutti i legami affettivi come delle pesanti catene. Una ipotesi che posso avanzare è che lei si ritrovi a vivere ogni limitazione come terribile a causa di pretese passate esercitate da persone a lei vicine. Ed è come se lei continuasse a vivere chiusa in quel passato. Se vuole consultarmi può chiamarmi al 3465232845 o mi invii una email a ventola.marco@libero.it; potremo capire quali possono essere i primi passi da fare per affrontare la sua disperazione e ritrovare fiducia e sicurezza. Cordialmente,