Dott.ssa Monia Biondi

Dott.ssa Monia Biondi

Psicologo, Psicoterapeuta

Problemi relazionali per ipovisione

Ho 42 anni e ho la retinite pgimentosa in fase terminale. E' difficile sintentizzare in poche righe.
Ho avuto una vita molto difficile, ma da qualche anno le cose sono cambiate, dopo due traumi, un licenziamento per mobbing, la diagnosi di stress post traumatico e l'agarofobia.
Il mio grande problema è l'isolamento nel quale vivo, perché nell'ultimo anno vedo cosi poco e in dipendenza dal tipo di luce e distanza, che devo usare degli ausili per muovermi autonomamente.
Ho sempre avuto problemi relazionali e adesso si sono accentuati, perché nessuno mi aiuta, se qualcuno lo fa, appena capisce che vedo un po la volta, dopo o mi ignora o mi ostacola il cammino o quel che è, insomma se voglio fare qualcosa devo contare solo su me stessa cosi mi deprimo.
Non ho amici, la mia famiglia è chiusa e non mi ha mai voluta, perché sono nata con la malattia e femmina, ho paura di tutto e tutti, non so come uscirne, perché se provo a frequentare un gruppo non so perché ma finisco emarginata, frequentavo l'unione italiana ciechi, ma invece di farmi fare qualcosa sono stata emarginata non so relazionarmi, andare d'accordo con le perosne, creare legami... sono cose che non conosco, non so come si fa.
Come posso fare?

Seguo un corso di acquagim che conobbi quando frequentavo l'unione, ma anche li non riesco a instaurare rapporti che non siano il semplice ciao come va. Cosa posso fare?

Gentile Maruska,

la situazione che descrive è molto dolorosa ed anche di una certa complessità se, oltre a dover convivere con una malattia cronica, deve anche confrontarsi con problematiche lavorative, familiari e relazionali che, nel tempo le hanno causato un ulteriore stress emotivo e psicologico. Ciò che si evince dalle sue parole è anche che lei è una persona molto in gamba se riesce a fare tutto da sola, anche se ne immagino la fatica.

Credo che un percorso psicologico le possa essere di grande aiuto sia per trovare uno spazio di ascolto empatico in cui poter esprimere i suoi vissuti che per approfondire le sue difficoltà ad instaurare relazioni ed il senso di solitudine che ne consegue. A mio parere ciò ha a che fare, più che con la malattia di per sè, con la sua percezione di rifiuto e non accettazione da parte degli altri.  Un percorso di psicoterapia che approfondisca queste tematiche, potrà aiutarla anche a modificare la percezione che ha di se stessa e a trovare nuove strategie per approcciarsi agli altri, infine ma non ultimo, a convivere con la malattia nel miglior modo possibile.

Questo è un processo che le richiederà tempo ed impegno ma sono convinta che valga la pena di tentare.

Un caro saluto ed un grande in bocca al lupo!