Figlio di 13 anni che non sopporta i coetanei
Buongiorno, mi rivolgo a voi perchè sono molto preoccupata per il comportamento di mio figlio tredicenne, appena uscito dalla seconda media. Premetto che fin da piccolo è sempre stato un bambino calmo e sensibile, molto più tranquillo dei coetanei ma anche più insicuro. All'asilo aveva paura di una maestra perchè alzava spesso la voce, nei primi anni delle elementari non saliva le scale se non per mano ad un adulto, poi è arrivato il covid e la chiusura in casa gli è piaciuta moltissimo, tanto che dopo non ha più manifestato grande voglia di stare con gli altri. Ogni tanto invitava gli amici a casa ma non ha mai accettato di andare lui a casa loro, ha smesso di andare a dormire dai nonni e ha mostrato sempre minore interesse a trascorrere del tempo fuori con gli altri. Due anni fa è arrivata la paura degli insetti e la tendenza ad evitare di uscire proprio. E sono iniziati i videogiochi, che via via sono diventati sempre più il suo rifugio dal mondo esterno. Anche i video su Youtube, sebbene io lo abbia sempre controllato e li abbia sempre trovati di buona qualità. Perchè in effetti mio figlio non cerca giochi o contenuti violenti o trasgressivi. Gioca molto a Minecraft, dove ha costruito un suo mondo molto bello, e guarda prevalentemente video di Youtuber giocatori. Il problema, evidenziato anche dai professori, è questa tendenza all'isolamento dai coetanei. Sembra che non gli interessino proprio e si rivolge preferibilmente agli adulti. Dice che ad uscire con loro, le poche volte che accade, si annoia, che non sa cosa dire, che parlano solo di calcio e sesso e lui si sente diverso. Segue un corso di tennis e uno di batteria, ma anche in questi contesti non riesce mai a crearsi vere e proprie amicizie, sta in disparte e parla poco. Io non so più che fare. Io ho un passato di bambina/ragazza timida e capisco un po' il suo disagio, ma lui mi supera, io ambivo molto a stare con gli altri anche se a volte mi sentivo un po' fuori posto. Anche il padre secondo me ha qualche problema relazionale...ma possibile che non riusciamo a trovare il modo di aiutarlo? Io ho cercato di spiegargli che è un atteggiamento sbagliato, che deve sentirsi come loro e cercare di integrarsi perchè è indispensabile avere rapporti con i propri pari alla sua età. Lui mi ascolta ma continua a rifiutarsi di uscire con loro e passa le giornate al pc o sul letto a leggere manga. L'anno scorso abbiamo contattato una psicologa on line, ma non è servito a niente, le raccontava bugie e particolari che io sapevo essere insignificanti, tanto per farla contenta. Ovviamente rifiuta qualsiasi ipotesi di psicoterapia e chiede solo di essere lasciato in pace. Ma io non posso farlo. Sapete darmi un consiglio?
Gent.le sig.ra Alessia,
mi dispiace per la situazione che descrive e che purtroppo tanti adolescenti stanno vivendo soprattutto da dopo il covid, Da quello che descrive emerge il ritratto di un ragazzo riflessivo, introverso, con un mondo interiore ricco e strutturato, ma che fatica ad abitare quello esterno, in particolare nelle relazioni con i pari. È assolutamente comprensibile la sua preoccupazione, e il desiderio profondo di aiutarlo.
Questo atteggiamento che sta descrivendo sembra infatti una progressiva chiusura sociale che è iniziata già da tempo (sensibilità spiccata dall’ infanzia, pandemia) e che lo porta quindi a ricercare uno spazio in cui si sente protetto ovvero il mondo digitale.
Lei scrive con molta onestà di avergli spiegato che deve “sentirsi come loro” e integrarsi. È comprensibile il desiderio di vederlo parte di un gruppo, più “come gli altri”. Ma attenzione: messaggi di questo tipo, seppur mossi dall’amore, possono essere recepiti come invalidanti, perché trasmettono (senza volerlo) l’idea che così com’è, non vada bene. Questo può rinforzare il suo senso di inadeguatezza e allontanarlo ancora di più.
Per sostenerlo potrebbe cercare di farlo inserire in gruppi più affini ai suoi interessi come es. corsi di fumetto, club di lettura di manga ecc... Accanto a ciò sarebbe utile una valutazione psicodiagnostica (io sarei anche disponibile ma leggo che non siete di Roma). Potrebbe esser utile anche un lavoro più diretto a voi, per sostenervi nel rapporto con vostro figlio.
In ultimo, sebbene lui abbia espresso un rifiuto per iniziare un nuovo percorso, sarebbe utile riprovare magari non si era creata la giusta alleanza terapeutica.
Cordiali saluti
Dott.ssa Oriana Adamo
Psicologa - Roma