Come si sopravvive?

Ciao, mi chiamo Giada e ho 22 anni. Un mese fa mia madre è morta a causa di un tumore al cervello molto aggressivo. Io studio all’estero da 3 anni, e mio padre è il classico padre assente che sento una o due volte all’anno, dipende dai periodi.
Mia madre mi ha cresciuta, formata, forgiata e amata tanto.
Ma adesso, come si fa a vivere da qui in poi? Senza avere una persona che ti ama in maniera incondizionata?

Ero molto legata a mia mamma: facevamo discorsi solo nostri e mi ha sempre capita nel profondo. Era una donna molto intelligente e sapeva tante cose su tutto. Ha fatto da mamma anche a tante mie amiche che ne hanno avuto bisogno.

So che ci sono sempre situazioni peggiori al mondo, dunque non so bene che diritto ho di lamentarmene…
Mia mamma mi amava tantissimo e mi ha sempre dato tantissimo, ma ugualmente mi sembra di avere perso tutto nella vita, a soli 22 anni.
Non ho neanche ancora fatto in tempo a raggiungere qualcosa che ho perso la cosa più preziosa…
Di conseguenza non trovo veramente utile vivere.

Nel senso: mi sembra solo un passare dei secondi, minuti, ore, giorni, e nulla di più.
C’è così tanta sofferenza al mondo, che supera di gran lunga la bellezza, perché tanto è tutto momentaneo.
Perché ci incarniamo qui?
Cosa ho fatto di male per vivere questo?

Insomma, voglio sapere come si fa a vivere, e che senso ha vivere a questo punto.
Per me, l’unica ragione sono le altre persone e il non dargli dispiaceri.
Ma è davvero questa una ragione sufficiente per vivere? Per gli altri?
Mi sembra così poco…
Non so neppure se voglio una risposta.

Ciao Giada,

le tue parole arrivano dritte e fanno sentire tutto il peso di quello che stai vivendo.

Perdere una madre così presente e amata è una ferita profonda, e non esistono parole giuste per consolarla davvero.

In momenti come questo, è naturale chiedersi come si possa andare avanti, o che senso abbia farlo. Quando manca la persona che ci ha visti e amati incondizionatamente, il mondo sembra perdere contorni e significato. È come se il tempo scorresse, ma tu restassi ferma dentro un vuoto che non sai nominare.

Non c’è un modo “giusto” di sopravvivere a una perdita così: c’è solo il tempo di stare nel dolore, finché, piano piano, comincia a trasformarsi. Non per cancellarsi, ma per lasciare spazio anche ad altro — a volte solo un respiro, un piccolo gesto quotidiano, un ricordo che scalda invece di ferire.

So che ora sembra impossibile, ma dentro quel legame con tua madre c’è anche la radice della tua forza. Lei ti ha cresciuta, amata, formata — e una parte di lei continua a vivere nei tuoi modi di sentire, nel modo in cui guardi il mondo.

Forse per ora non serve capire “come si vive”, ma solo permetterti di non saperlo. Di stare in ciò che c’è, giorno per giorno, e di cercare — anche con un aiuto professionale, se puoi — uno spazio in cui questo dolore possa essere condiviso, accolto, e lentamente attraversato.

A volte, il senso non si trova: arriva, quando qualcuno ci aiuta a restare in contatto con ciò che resta vivo, anche dentro la perdita.

A volte il primo passo non è cercare risposte, ma concedersi di essere ascoltati, così come si è, senza dover capire tutto.