Mio figlio non riesce a restare concentrato

Gent.me Dottoresse, Gent.mi Dottori, sono la mamma di un bambino di 6 anni che ha iniziato la scuola primaria. Ha voglia di andare a scuola ed imparare ma arriva a casa sempre piu' nervoso ed agitato cercando ogni pretesto per attaccare briga con me e per sfogarsi con tanti capricci ed il rifiuto per ogni regola e richiesta. La situazione è questa: non riesce a restare concentrato e porta a casa sempre vari esercizi e/o disegni da finire o da fare (che avrebbe dovuto fare a scuola ma che non fa perche' si isola nel suo mondo perche' è distratto e perche' vuole sfuggire a cio' che lo circonda, per es. le urla della maestra) aumentando il carico dei compiti. Ha subito alcuni "scherzi" da parte di bambini piu' grandi e si fa distrarre dai compagni piu' vivaci (si ritrova un po' da solo e magari vuole farsi accettare o non stare da solo?). E' un bambino molto affettuoso, estremamente sensibile, molto generoso, solare ed intelligente (gia' da tempo sa leggere e scrivere ed ha imparato da solo spinto dalla sua curiosità e voglia di imparare). Leggendo qua e la', ho trovato vari riferimenti ai bambini definiti "spirited" (amplificati) ed ho riconosciuto la maggior parte dei tratti caratteriali del mio bambino e dei suoi comportamenti. Abbiamo cercato di parlargli ed esortarlo a rispettare le regole, a fare gli esercizi in classe e a capire quali sono i suoi doveri rispetto alla scuola ed al suo comportamento in famiglia ma la situazione è difficile, non migliora (neanche con le punizioni) ed inoltre crea nervosismo anche in famiglia. Mi sento inadeguata e comunque non riesco ad arginare i suoi sfoghi ed i suoi capricci. RingraziandoVi per avermi ascoltata, spero in un Vostro consiglio. Distinti Saluti.

Gentile Barbara, ho letto con attenzione la Sua lettera e, le informazioni che ho colto, sono le seguenti: - Il bimbo non ha manifestato disagi sino all'inizio della scuola primaria - Ha piacere a recarsi in classe (curioso e già “capace”), ma ha difficoltà a concludere i compiti assegnatigli - Forse, per la prima volta nella vita, è stato oggetto di scherzi (frustrazione e paura) - E’ insofferente alle “alzate di voce” della maestra - Si lascia coinvolgere dai bimbi più vivaci forse per farsi accettare, per “trovare” amici - Si isola nel suo mondo per difendersi da ciò che non riesce a tollerare e gestire - Esprime il suo malumore come tutti i bimbi: capricci, opposizione, rifiuto di regole… - … Di conseguenza fatica a concentrarsi e a portare a termine i compiti anche a casa In base a questi elementi (ovviamente un po’ scarsi data la natura della comunicazione) mi permetto alcune considerazione e qualche consiglio: - Forse, il piccolo, non ha avuto un impatto particolarmente felice col suo nuovo ruolo di scolaro (i motivi possono essere molteplici) - Reagisce come può esprimendo il disagio con “rabbia” (senso d’impotenza) e isolandosi - Potrebbe aver bisogno di tempo per “assestarsi” in una nuova condizione ed a un impegno che percepisce come “gravosi” - Non so se il piccolo abbia frequentato altre situazioni comunitarie (scuola materna ecc.) Lo stacco dalla famiglia potrebbe rappresentare motivo di ansia Detto ciò: - Osservare, nel limite del possibile, se il bimbo, quando per qualche giorno non andrà a scuola, ritorni ad essere più solare e più “gestibile” - Cercare di interessarlo ai compiti (sapeva già leggere e scrivere) magari inventando qualche gioco che stemperi il suo rifiuto a “finire i compiti” - Con cautela, indagare il rapporto che le maestre hanno instaurato con lui - Confrontarsi con altri genitori dei bimbi della classe - Informarsi se esiste uno psicologo scolastico a cui poter rivolgersi - Non drammatizzare. Chi non ha difficoltà nella vita? E’ un momento di passaggio, i figli, in alcuni periodi, sono fonte di ansie e preoccupazioni - Attenzione: le “categorizzazioni” , se hanno il pregio di individuare i disagi, corrono il rischio di “etichettare” il soggetto (figlio) e di generare un senso di inadeguatezza nei familiari (genitori), questo limite può creare una spirale viziosa in cui i soggetti coinvolti si sentono “sbagliati” e ciò, difficilmente, approda a qualcosa di buono… Per concludere: non rilevo (sempre in base alle scarse informazioni) la presenza di una “patologia”, tanto meno mi pare che, Lei, Barbara, sia inadeguata. Essere (non fare: essere) genitori è difficile, si può sbagliare, sentirsi non all’altezza ecc. E’ normale. Naturalmente avrei domande da porLe, per esempio come si chiama Suo figlio, se condivide le Sue ansie col padre del cucciolo, se ci sono altri bimbi in famiglia e molte altre, ma mi fermo qui, augurandomi di essere riuscita, se non a darLe risposte “risolutive”, a fare un po’ di chiarezza e a tranquillizzare una mamma attenta e preoccupata: sono bimbi, a volte “troppo” vivaci, “cocciuti” ed “incomprensibili” … Sono bimbi, appunto. Un cordiale saluto,