L’Ansia: vivere il futuro come se fosse nel presente

Quando parliamo d’ansia ci riferiamo ad una delle “bestie nere” dei nostri tempi. Non solo è uno stato affettivo particolarmente noto nella vita di quasi tutti noi, ma anche sul piano psicopatologico possiamo trovare un numero incredibile di persone che ne soffrono cronicamente: nel 2010 è stato riscontrato che in Europa 61,5 milioni di persone soffrono di un disturbo ansioso, e questo numero è in aumento. Quindi, non solo avere l’ansia è normale, ma è anche statisticamente normale avere un disturbo d’ansia!

Entriamo nel merito di cos’è l’ansia. Mi preme sottolineare che non sempre l’ansia è da considerare patologica, anzi, come vedremo in seguito ha dei connotati evoluzionistici specifici che la rendono una normale reazione della psiche e dell’organismo ai fini di un maggiore adattamento all’ambiente. L’ansia è patologica non solo se procura una certa sofferenza soggettiva (criterio un po’ ambiguo, in quanto uno stato d’ansia raramente è piacevole), ma quando induce ad un ridotto funzionamento soggettivo in almeno un ambito della vita quotidiana allora si può considerare appunto patologica. Secondo molti autori, soprattutto di stampo evoluzionistico, l’ansia è una reazione psicofisiologica dell’essere umano che serve a fronteggiare un pericolo percepito. I dati sperimentali sembrano proprio avvalorare questa tesi, poiché una moderata ansia migliora notevolmente le prestazioni innanzi a un compito, l’assenza di ansia o un’ansia smodata le peggiora notevolmente.

In Psicologia Cognitiva abbiamo una forte frizione intellettuale su quali siano emozioni primarie, secondarie, sulla primarietà dell’emozione sul pensiero e viceversa e sui sentimenti. Molti autori del Cognitivismo invece sembrano concordare nel classificare l’ansia come emozione, ovvero come una attivazione di dominio affettivo in risposta ad un determinato stimolo, recante informazioni su di esso. Nel Cognitivismo Razionalista di Beck l’ansia è descritta come un’emozione primaria, suscitata dalla stimolazione di un nucleo ideico di apprensione nei confronti di un futuro percepito come infausto. I temi legati all’ansia sui quali Beck pone l’accento sono: la perdita, la separazione, una crisi intellettuale e la minaccia all’integrità fisica. Da fine psicopatologo Beck esamina anche le reazioni cognitive che possono indurre a una difesa contropolare allo stato ansioso, ovvero che siano capaci di spostarlo verso il polo opposto, alla percezione di piacere, di agonismo o di eccitazione per intenderci. Una di queste difese, di valore fondamentale, è la percezione di poter affrontare/reagire alla minaccia ideale.

Ricollegandomi a quest’ultimo concetto, vorrei porre l’enfasi sul fatto che vi sono anche vissuti positivi d’ansia, non solo negativi. E questo quando l’attesa del futuro è legata sì a temi critici, ma è elevata anche la percezione di autoefficacia nel gestire tali cognizioni. Prendete ad esempio l’ansia nel dover incontrare dopo lungo tempo una persona amata, ci può essere un vissuto di impazienza, forse di incertezza del legame, ma può essere maggiore la percezione di aver saputo creare un legame valido; quindi si, una paura di fondo ci può essere, ma sarà maggiore l’eccitazione, l’anticipazione del piacere del ricongiungimento.

Nella distinzione tra paura e ansia possiamo vedere come la paura sia legata alla coscienza del pericolo, l’ansia è lo stato d’animo successivo quando il pericolo percepito viene “stimolato”. Tendenzialmente, quando si parla di paura, in quest’ambito, la persona non ha tanto la paura dell’oggetto rappresentato in sé, quanto delle circostanze legate all’oggetto. Ad esempio: un ipotetico fobico non ha paura dell’aereo in quanto tale (oggetto) ma di non poter controllare il volo e schiantarsi al suolo (contingenza – tema di incolumità fisica). Di fatto, molte persone si spaventano e possono ricavare poi uno stato d’ansia al solo pensiero di un determinato oggetto, al quale legano il loro tema personale. In questa prospettiva, chiaramente, nello stato d’ansia comunque è presente una certa quota di paura per qualcosa.

E’ molto importante mettere in luce come nell’ansia sia fondamentale il poter concettualizzare il futuro, l’aver sviluppato quindi un pensiero prospettico il “cosa succederà se…” legato al proprio tema. Molto frequentemente tali pensieri hanno una nota catastrofica, ovvero dopo il “cosa succederà se..” vi è una immaginazione degli eventi che vengono auto-descritti come estremamente negativi.

Personalmente concordo con Beck su tutta la linea della genesi dell’ansia e dei temi legati a essa, anche se inserirei, per molti, pure il tema di giudizio sociale. Non concordo con l’autore Razionalista, e con molti colleghi Cognitivisti, sulla definizione di ansia come emozione, dal mio personale punto di vista si tratta più di un sentimento complesso. Se consideriamo l’emozione come uno stato affettivo improvviso, perturbante, risolto nell’immediatezza, che sarà poi spiegato da un pensiero, possiamo notare che l’ansia ha un decorso diverso: per quanto sia acuta la manifestazione ansiosa, quest’ultimo stato affettivo risulta più “spalmato nel tempo” rispetto ad una semplice emozione, ed è carico di tutta una serie di concatenazioni pensieri che possono lasciar intuire che siano in realtà molte più emozioni più o meno confuse che vanno a formare tale fenomeno. Quindi: lo stato d’ansia origina sì da un’emozione, è costellato da una serie di pensieri orientati al futuro e molto spesso con una nota pessimistica – catastrofica, vi è comunque una quota dell’emozione paura in relazione a tali pensieri e l’individuo è portato o ad affrontare le contingenze / l’oggetto temuto o a rifuggirne. La scelta di fuga manterrà o accrescerà lo stato ansioso nei confronti del tema personale sensibile.

Concludo sottolineando come l’ansia sia uno stato affettivo solo umano: soltanto noi umani riusciamo a concettualizzare il futuro, ad immaginarcelo, a distorcercelo, ed a crearci dei castelli in aria che riflettono la nostra fragilità ma anche la nostra forza.

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