Per il bene di mio figlio devo dirgli la verità?

Gentili/e sono Luca, ho ventiotto anni e da quasi 5 anni condivido la mia vita con mio figlio. Vi ringranzio in anticipo per l'opportunità. Descrivo brevemente la mia storia in modo da contestualizzare la situazione attuale. Sono stato “fidanzato“ con la madre di mio figlio dall'età dei 12 fino a 22, quindi praticamente siamo cresciuti insieme. Nel momento della nascita del nostro bambino ( e più precisamente durante la gravidanza, a 22 anni), io e la ex-compagna ci lasciammo per diversi motivi. Sono stato io a decidere di non voler stare con lei, anche se decidemmo che lo avremo cresciuto insieme pur separati. Purtroppo, nel momento della nascita, non ho riconosciuto il bambino, anche se presente in ospedale, in quanto d'accordo con la madre avvremo apposto il cognome successivamnte, quando la situazione economica fosse migliorata. Pur non avendo nulla di legame in mano, sono riuscito a vedere mio figlio e a passare momenti con lui. All'età di un anno del bambino, nella vita della mia ex-compagna ( come giusto che sia), entra il suo nuovo compagno. Tutti e tre cominciano una convivenza, e pian piano le opportunità di vedere mio figlio diminuiscono. All'incirca dopo 6 mesi, la minaccio, prima di ricorre all'avvocato e dopo avviamo un percorso di mediazione familiare ( da lei poi interotto), che porta a far si che il rapporto con lei si riavvicini, e di conseguenza, anche quello con mio figlio. Dalla nascita e fino ad oggi, ho chiesto a lei il riconoscimento senza nessun successo. Dal punto di vista del mantenimento, prima i miei genitori e poi da due anni io personalmente, contribuiamo con una cifra definita di comune accordo. Attualmente, riesco a stare con mio figlio tutti i weekend, tutto senza ricorrere ad avvocati. Ho scelto un approccio collaborativo che ha i suoi pregi e difetti. Purtroppo, in tutto questo tempo e soprattutto nell'ultimo anno e mezzo, lei deliberatamente ha fatto chiamare “PAPA“ il compagno, riservando a me il semplice nome “LUCA“, mentre ai miei genitori l'appellattivo di “NONNI“. Ho accettatto la presenza di un'altra figura maschile al fianco di mio figlio ( cercado in tutti i modi di pensare ai lati positivi della situazione), però quando mio figlio si rivolge a me chiamandomi “LUCA“ e dice “PAPA“ all'altro, è dura davvero. Eppure anche se questo fa veramente male ( ma potrei accettarlo per il bene di mio figlio), quello che più mi preme è che non voglio mentire a mio figlio e non voglio che abbia ricadute negative. Non so più come comportarmi, ho parlato con la madre dicendogli che accetto il fatto di essere in tre, ma che anche lei deve fare lo stesso, ma non vuole risconoscermi come padre davanti a nostro figlio, anche se ammette che il bambino sa di avere “DUE“ PAPA. Sono sempre li con l'angoscia di volerglielo dire ma poi mi blocco perchè penso di fargli del male. Non so quale figura debba assumere, siamo molto attaccatti, ma non voglio fargli del male, perchè è anche attaccato all'altra persona. Chiedo gentilmente un consiglio in merito e in particolare: 1) Per il bene di mio figlio devo dirgli la verità oppure devo aspettare che lo chieda lui? 2) E' meglio per il bene di mio figlio, non dirgli nulla e rimanergli affianco anche senza assumere la figura di padre, ma pur sempre rimanendo una figura importante? 2) E SE SI, Devo farmi chiamare “PAPA Luca“ o dirgli semplicemente di chiamarmi come vuole, basta che abbia presente che sono suo padre? Grazie mille per l'opportunità Luca

Salve in merito alla sua domanda, lei è comunque il padre del bambino a prescindere se la chiama Luca o Papà, se per lei questo è un problema, forse non lo è per suo figlio che pensa solo al tempo in cui stà con lei, perchè si trova bene. Se lei intende regolarizzare la situazione, forse un avvocato sarà il caso di chiamarlo, se non altro per il riconoscimento ufficiale del bambino. Se la sua compagna non rispetta i termini che avete concordato, un avvocato può aiutarvi a farlo. Per quanto riguarda il suo dolore per il fatto di non essere riconosciuto e chiamato papà, inizi una terapia privata che può aiutarla a comprendere ed accettare il suo ruolo, nella situazione che descrive. Un percorso personale può sostenerla e aiutarla a rispondere alle sue domande. Spero di esserle stata di aiuto, cordiali saluti.