Ma l'amore può essere davvero così stupido (più che cieco)?

Gentili dottori,
Si dice che durante la fase dell'innamoramento, la cascata ormonale ci impedisce di essere obiettivi e di vedere l'oggetto del nostri sentimenti come realmente è.
Passata questa fase di ubriacatura, finalmente ci rendiamo conto di chi abbiamo realmente davanti. Ne cogliamo pregi e difetti, ma spesso, anche se diciamo a noi stessi che questa persona non è adatta a noi, magari perché è molto diversa caratterialmente, o ha un modo di vivere la vita diverso dal nostro...non riusciamo a prenderne le distanze. Continuiamo ad amarla...perché ci accade ciò? E questo, alla lunga, ci può rendere infelici?

I “luoghi comuni” ai quali fa riferimento la domanda/provocazione, testimoniano molto bene un’interpretazione dell’amore come momento di “confusione e instabilità” destinato (fortunatamente!?) a terminare, lasciandoci in compagnia delle delusioni derivate dalla relazione in corso con un partner che, poi, finisce per rivelarsi, alla luce del recuperato raziocinio, inadeguato e insoddisfacente.

La vera domanda dovrebbe essere: a quale scopo si vuole lasciar intendere che “l’amore” sia un patetico (e momentaneo) sbilanciamento biochimico destinato a confonderci e ingannarci?
Forse ha anche a che vedere col fatto che lo “scienziato” che divulga spiegazioni simili è il collega di quello che esercita la vivisezione nei laboratori “per il bene comune” e che studia nuove tecnologie per implementare armi di distruzione di massa come “dono all’umanità”? [Nel caso non fosse chiaro la domanda è “retorica”].

In sostanza al termine “amore” è accaduto ciò che accade ad ogni elemento di disturbo della “realtà condivisa” (che non ha nulla a che vedere con la “verità”) la quale deve essere lasciata così com’è, in modo da non disturbare il sonno della coscienza. È stato, cioè, irriso, banalizzato e inflazionato.

Tornando alla domanda formulata, se vogliamo comprendere perché continuiamo a “stare con” o a “desiderare” una persona che ci rende infelici, dobbiamo chiarire innanzitutto che non si tratta d’amore. Non è l’amore la forza che ci tiene legati ma la “dipendenza”.

Il punto è che chiamiamo amore qualcosa che con esso non ha nulla a che fare ma basta pronunciare la parola per legittimare ogni genere di lamentazione e condanna. Cioè non siamo noi che sbagliamo (e non abbiamo capito un bel niente) ma è “l’amore” che risulta “sbagliato e dannoso” (quando non il nostro partner, s’intende!)

La gran parte delle relazioni in questo mondo si fonda sulla “dipendenza”, ovvero sul “potere” (che, per inciso, non a caso, è considerato il “polo opposto rispetto all’amore” da autori come C. G. Jung e James Hillman).

Costruiamo relazioni basate sulla “mancanza”. Sul desiderio (impossibile) di trovare chi ci dia ciò che non abbiamo in noi stessi. Viviamo in balìa della paura di rimanere soli e, per questo, siamo disposti a convivere con persone che non amiamo ma di cui abbiamo bisogno.

La verità è che non sappiamo amare ne cosa sia l’amore.
L’amore supera ogni paura [cor-aggio deriva da “cuore”], non ha bisogno di nulla, è autoportante, indicatore di autonomia, evoca la libertà, non chiede di essere ricambiato, è un’energia universale (non un fenomeno riduttivamente ormonale!), è rivoluzionario, produce creatività e porta al “cambiamento”. Proprio per questi motivi viene spesso ostracizzato banalizzandolo e ridicolizzandolo.

Ovvio che una vita costruita nell’autoinganno e nell’autocommiserazione ci renda infelici. Come, forse, risulterà un po’ più chiaro ora: tutto ciò non ha nulla a che vedere con l’amore ma, al contrario, con la sua mancanza.