Dott.ssa Rosanna Bertini

Dott.ssa Rosanna Bertini

Psicologa, Psicoterapeuta

Curare il disturbo paranoide di personalità

Buongiorno,
Una persona di famiglia a me molto cara (uomo di25 anni) sta seguendo un percorso di terapia psicologica e farmacologica da ormai un anno e mezzo.

Diagnosi: disturbo paranoide di personalità, è seguito da una psicologa-psichiatra.
Cura: inizialmente risperdal (usato poco e trovato poco adatto al paziente). Dopo alcuni giorni di ricovero in ospedale, per osservazione, la terapia è stata cambiata con 20 mg di abilify (era partito da 20mg ma da mesi prende 15mg).
Sintomi: è convinto che tutti i suoi amici più stretti abbiano messo in giro cattive voci sul suo conto isolandolo. Le frasi più ricorrenti sono "mi hanno tolto il saluto", " mi odiano tutti", "la mia vita sociale è finita".

Purtroppo dopo un anno e mezzo di terapia non siamo ancora riusciti a trovare una soluzione. C'è stato un miglioramento delle attività quotidiane (ripresa lavorativa principalmente).

Questa persona ha perso totalmente la voglia di vivere e non vede sbocchi per il suo futuro, si sente completamente solo ed isolato (anche se si è personalmente impegnato nell'evitare tutte le persone che in questi mesi lo hanno cercato).

Ci sono giorni in cui le sue convinzioni di essere stato isolato e deriso sono più forti e altri dove sembrano più latenti, ma sono sempre presenti nel suo quotidiano. Quali sono le possibilità o le strade da intraprendere per cercare di migliorare la situazione (centri specializzati, nuove tecniche)?

C'è la possibilità di una guarigione? Grazie a chi risponderà.

Buongiorno, quando si ha a che fare con disturbi paranoidei della personalità è importante tenere a mente che la dimensione più importante di cui tener conto è quella relazionale. Una persona che soffre di tali disturbi ha spesso perduto la fiducia nelle relazioni umane , si sente incredibilmente in colpa per i suoi sentimenti di rabbia nei confronti degli altri, per l odio che prova  verso  sè stesso e la svalutazione che attua costantemente di sè e degli altri. Questi sentimenti sono talmente insopportabili da sostenere che la persona sente la necessità di attribuirli ad altri, da qui la credenza costante che gli altri siano scostanti, che non lo considerino , che vogliano fargli del male.

Nel caso della persona di cui mi parla , trattandosi di un ragazzo molto giovane, con una personalità in formazione, credo possa essere importante iniziare un percorso psicoterapeutico con una frequenza almeno settimanale. Potrebbe infatti trattarsi di un disturbo legato ad una crisi dentitaria, alla necessità di rivalutare gli sbocchi della vita che si è costruito, alla capacità di strutturare una buona introspezione che si sostituisca al continuo rimuginio su fatti e persone.

In questa ottica rivaluterei anche la terapia farmacologica, chiedendo di valutare soprattutto il ruolo svolto dall'ansia rispetto all'insorgere di questo tipo di pensieri e vissuti.

Spesso si ritiene erroneamente  che  ragazzi fra i 20-30 anni abbiano raggiunto una strutturazione della personalità definitiva e che un disturbo sia ormai strutturato , al contrario, è , secondo me, il caso di valutare se disturbi e problematiche di questo periodo non siano effetti di una crisi di formazione e quindi intervenire in modo diverso.