Dott.ssa Silvia Dolce

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Dott.ssa Silvia Dolce

psicologo e psicoterapeuta psicodinamica

saper far tutto

Che cosa sono le life skills?

Le life skills sono quell’insieme di competenze, abilità personali, cognitive, sociali, emotive e relazionali che permettono agli individui di affrontare le sfide quotidiane della vita, rapportandosi a se stessi e agli altri con fiducia nelle proprie capacità e con atteggiamento positivo e costruttivo.

 Il nucleo fondamentale che costituisce le life skills è oggi individuabile nelle seguenti competenze:

1. capacità di prendere decisioni (decision- making): saper decidere in modo costruttivo e saper elaborare attivamente il processo decisionale nei vari momenti della vita e valutando in maniera consapevole le diverse opzioni e le conseguenze delle scelte fatte;

2. capacità di risolvere problemi (problem-solving): saper affrontare e risolvere i problemi della vita in modo costruttivo, partendo dal presupposto che i problemi lasciati irrisolti costituiscono una fonte di stress fisico e mentale;

3. creatività: capacità di affrontare in modo flessibile ogni genere di situazione e saper trovare soluzioni ed idee originali (strettamente connesso al concetto di pensiero laterale e, più in generale, alla capacità di adattamento);

4. pensiero critico: saper analizzare situazioni, informazioni e d esperienze in modo oggettivo, valutandone attentamente vantaggi e svantaggi in modo da arrivare a prendere decisioni autonome e consapevoli;

5. comunicazione efficace: sapersi esprimere in ogni situazione, in modo congruo rispetto alla cultura e alle richieste esterne, sia sul piano verbale che non verbale. Ciò significa anche saper esprimere le proprie idee, affermare le proprie ragioni, manifestare i propri bisogni, esigenze, paure, essere capaci di chiedere aiuto, saper rifiutare una situazione inaccettabile (concetto intimamente connesso ai principi della comunicazione assertiva);

6. capacità di relazione: capacità di interagire e relazionarsi con gli altri in modo positivo, riuscire a creare relazioni amichevoli, familiari, affettive, lavorative stabili e equilibrate;

7. autoconsapevolezza: implica la profonda conoscenza di sé, dei propri punti di forza, dei propri limiti, delle proprie aspirazioni e delle proprie capacità. E’ alla base della comunicazione efficace, indispensabile per instaurare le relazioni interpersonali, influenza significativamente i meccanismi di gestione dello stress e dell’ansia;

8. empatia: è la capacità di mettersi “nei panni dell’altro”, di comprendere e accettare l’altro anche in situazioni non familiari. E’ fondamentale per migliorare le interazioni sociali, in situazioni di diversità culturali e etniche, in presenza di situazioni svantaggiate o di handicap

9. gestione delle emozioni: implica la capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri, presuppone la conoscenza e la consapevolezza di quanto le emozioni influenzano il nostro comportamento e le nostre reazioni di fronte a stimoli esterni;

10. gestione dello stress: si riferisce alla capacità di riconoscere e controllare le fonti di tensione sia modificando l’ambiente e lo stile di vita, sia acquisendo delle strategie per rilassarsi.

 

Il presupposto teorico alla base del concetto di life skills è rintracciabile nella Teoria Sociale- Cognitiva i cui contributi di maggior rilievo sono riconducibili a 3 linee strutturali: le ricerche sull’apprendimento sociale di Albert Bandura, l’abbandono di un’ottica esclusivamente individuale, basata cioè sullo studio di tratti e disposizioni, e i contributi del filone di studi cognitivo-sociale.

Un primo pilastro fondante il cognitivismo sociale è stato identificato nelle ricerche di Albert Bandura sull'apprendimento per osservazione. Esse hanno infatti ampliato le conoscenze sui processi di apprendimento, richiamando l'attenzione sui diversi modi in cui le esperienze sociali contribuiscono alla personalità e alla regolazione della condotta. Bandura, distanziandosi significativamente dal comportamentismo, sottolineava come l'apprendimento non avvenga solo per contatto diretto con gli elementi che influenzano la condotta, ma come esso possa essere mediato attraverso l'osservazione di altre persone grazie ad un processo di modellamento. Entro questa prospettiva, l'accento inizia ad essere posto sulle strutture cognitive alla base dei comportamenti, in termini di aspettative, attribuzioni causali, valutazioni sulle capacità proprie ed altrui.

La riflessione di Bandura sul costrutto indicato con il nome di “autoefficacia percepita”, segna il punto di approdo degli sviluppi della teoria dell'apprendimento sociale e la nascita della teoria sociale cognitiva (Bandura, 1997).

Nella teoria sociale-cognitiva l’azione umana opera all’interno di una struttura causale interdipendente coinvolta in un determinismo reciproco triadico: l’azione è la facoltà di far accadere le cose, di intervenire sulla realtà, di esercitare un potere causale. L’agente è qualcosa o qualcuno che produce o è capace di produrre un effetto. Caratteristica essenziale dell'azione personale è la facoltà di agire secondo determinati scopi. I fattori personali interni (eventi cognitivi, affettivi e biologici) il comportamento e gli eventi ambientali operano come fattori causali interagenti che si influenzano reciprocamente in modo bidirezionale. Il fatto che le tre classi di fattori causali si influenzino reciprocamente non significa che esse abbiano lo stesso peso.

La loro relativa influenza varierà a seconda delle attività e delle circostanze. In questa ottica dunque l’apprendimento diventa un’acquisizione estremamente attiva che avviene attraverso la trasformazione e la strutturazione di un’esperienza. Nei processi di insegnamento di tipo tradizionale, il docente cerca di far immagazzinare allo studente un certo numero di informazioni e di contenuti: le capacità che vengono sollecitate maggiormente sono la comprensione e la memorizzazione. L’inadeguatezza di questo metodo è però lampante in una società in rapida trasformazione come la nostra: è solo attraverso l’esperienza che diventa possibile unire aspetti emotivi e cognitivi, e l’apprendimento attivo, in cui la costruzione delle competenze nasce dal contributo sinergico di studente e insegnante, sembra essere l’unica strada possibile verso il cambiamento. In base a tutte queste considerazioni, gli assunti di base dell'approccio sociale e cognitivo possono essere sintetizzati in alcune definizioni chiave:

La personalità, intesa come sistema aperto, caratterizzato da elementi funzionali afferenti alla sfera cognitiva ed emotiva che emergono dalle interazioni dell'individuo con il contesto, allo scopo di regolarne la condotta e lo sviluppo.

Le capacità, intese come caratteristiche dell'individuo alla base della sua interazione con l'ambiente circostante. Albert Bandura identifica cinque capacità di base: la capacità di simbolizzazione, vicaria, di previsione, di autoregolazione, di autoriflessione. Esse assegnano a ciascuna persona un ruolo proattivo, selettivo e trasformativo nei confronti dell'ambiente.

La condotta, sorretta e guidata da strutture cognitivo-valutative (convinzioni di efficacia personale, aspettative e standard personali) che attestano le modalità in cui le capacità sono state messe alla prova ed organizzate nel corso dello sviluppo.

Le mete, ovvero ciò che l'individuo si prefigge e le strategie che vengono impiegate per il raggiungimento, e che regola la sua motivazione. Esse determinano il grado in cui l’individuo è capace di concertare l'espressione delle proprie capacità e la realizzazione delle proprie potenzialità con le opportunità e i vincoli delle circostanze. L’istruzione e la formazione rappresentano le vie con cui “attrezzare” il singolo individuo, a partire dall’infanzia, di quelle conoscenze, abilità e competenze atte a permettergli di affrontare e risolvere i vari problemi che la vita quotidiana gli riserva.

Quindi si tratta, secondo l’idea base del progetto dell’OMS, di far acquisire a ciascun ragazzo o ragazza quei saperi, abilità e competenze, quei modi di essere che lo aiutino a diventare una persona, un cittadino, un lavoratore responsabile, partecipe alla vita sociale, capace di assumere ruoli e funzioni in modo autonomo, in grado di saper affrontare le vicissitudini dell’esistenza.

L’OMS pubblica nel 1993 il Documento “Life skills education in Schools” che contiene l’elenco delle abilità personali e relazionali utili per gestire positivamente i rapporti tra il singolo e gli altri soggetti.

La costruzione della società cognitiva non sarà oggetto di un decreto o di una legge, ma sarà un processo continuo. Anche questo secondo libro bianco non presenta un programma di provvedimenti ma propone una riflessione e traccia alcune linee d’azione riconducibili e riassumibili in cinque obiettivi generali:

a) Imparare a conoscere, allo scopo di innalzare il livello generale delle competenze e dei saperi. Al riguardo viene proposto un nuovo sistema di riconoscimento delle competenze tecniche e professionali e sono previste facilitazioni per la mobilità degli studenti ed anche per favorire e stimolare l’apprendimento delle categorie più deboli di competenze richieste dal mondo del lavoro e dalle istituzioni di vita quotidiana.

b) Imparare a vivere, allo scopo di far fronte ai condizionamenti sociali, culturali e ambientali. Nella società complessa, regolata prevalentemente dall’economia, le trappole del “consumismo” e del “conformismo” ai modelli culturali e sociali dominanti e sono molto presenti nei contesti vitali. Imparare a vivere vuol dire imparare a “vivere con” se stessi, con gli altri, nel proprio ambiente di vita, nell’esercizio di una professione, nel tempo libero, assumendo in proprio le decisionalità e le responsabilità che qualificano oggi la “professione” del cittadino, il ruolo di genitore, le funzioni e i compiti di un mestiere e/o di una professione, lo spazio della propria pivacy personale,ecc...

c) Imparare ad essere, allo scopo di mantenere e qualificare la propria identità personale e professionale, nell’esercizio delle funzioni eventualmente assunte, e in coerenza delle scelte fatte. Imparare ad essere vuol dire imparare ad avere un’etica personale, aderire ad una situazione variabile; saper gestire con coerenza le relazioni con gli altri, dalle persone del proprio nucleo famigliare alle persone alle persone che si incontrano nelle varie situazioni della vita quotidiana; saper partecipare come membro di una comunità civile alla vita della comunità stessa, contribuendo al suo sviluppo.

d) Imparare a fare, nel senso di agire responsabilmente sulla base di decisioni prese singolarmente e/o con altri. L’azione è oggi fondamentale: la vita di ciascuno, nelle società occidentali, sta assumendo sempre più ritmi veloci che richiedono decisioni rapide e azioni conseguenti altrettanto veloci. Le azioni possono essere richieste a livelli differenti e si svolgono con tempi e percorsi diversi: in ogni caso il fare non deve mai comportare l’annullamento della personalità di ciascuno. Ogni fare ha una sua dignità e richiede un giusto riconoscimento, specie quando il fare è esecutato da soggetti “deboli” disponibili a fare di tutto per sopravvivere. Il “fare” è e dovrebbe essere la situazione di spontaneità delle competenze e delle conoscenze di una persona e quindi del suo riconoscimento ed anche della valorizzazione della personalità di ciascuno.

 

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