Dott.ssa Simona Di Leo Boato

Dott.ssa Simona Di Leo Boato

psicologo, psicoterapeuta, consulente sessuale

Educare i figli picchiandoli

Salve, vorrei sapere in merito all'educazione dei figli, quando si può definire lecito, educativo punire i propri figli, picchiandoli... Esiste un detto nella cultura popolare della mia regione riguardo questa scelta, secondo cui i figli "belli", cioè educati e responsabili vengono su con il pane ma anche con le percosse, mentre nutrirli e dedicargli premure senza picchiarli, significherebbe viziarli e farli crescere squilibrati e incoerenti. Mi sono sempre interrogata sull'attendibilità di questo proverbio, con cui molti genitori tendono a giustificare atti di violenza nei confronti dei propri figli, senza preoccuparsi sul serio di instaurare un sano dialogo con i bambini, indicando errori e motivazioni. Vorrei capire quali consigli la psicologia ci può fornire al riguardo, magari anche con esempi partici. Ringrazio in anticipo per la disponibilità e complimenti per il portale!

Buongiorno, non è lecito picchiare i figli per educarli. Non solo non è etico, non è nemmeno efficace da un punto di vista educativo, a meno che non si voglia che i figli rispettino le regole per paura. Ma nemmeno in questo caso l'esito è sicuro. La letteratura indica che la penalizzazione deve essere intesa come la sottrazione di un rinforzo, ma è sempre più efficace, oltre che etico, rinforzare i comportamenti positivi alternativi, anziché punire i comportamenti inadeguati. Di seguito alcune importanti indicazioni pedagogiche che condivido nel lavoro con i genitori. Prestare attenzione alla distinzione tra le emozioni dei genitori e quelle dei figli. Descriverle loro senza squalificarli (invece che “sei un’idiota” si può dire ad esempio “quando ti comporti così non ti capisco, mi sento frustrata/o, sai cosa significa?”). Passare dal giudizio alla descrizione, anche quando il giudizio è positivo (invece che “bravo” si può dire ad esempio “stai facendo il compito con attenzione, il tuo disegno ha molti colori, penso che sia faticoso ma vedo quanto ti impegni, sono contenta/o per te”) Esplicitare il valore che sta dietro alla regola. Una pedagogia che esplicita il valore della regola può aiutare i figli ad avere accesso al sistema di valori dei genitori, non per disconfermarlo, solo per conoscerlo. In questo modo, oltre che sentire la volontà di controllo, possono sentire anche su quali basi appoggia questa volontà. Prestare attenzione a come i genitori utilizzano il linguaggio quando fanno una richiesta o verbalizzano una regola (spesso i genitori utilizzano frasi espresse al negativo: “non gridare”, “non ridere”, “non alzarti da tavola”). I bambini hanno chiarissimo cosa NON devono fare. Può essere utile avere consapevolezza del modo in cui utilizziamo il linguaggio. Indicare loro cosa possono fare, li aiuterebbe a entrare in relazione con il SÌ invece che con il NO, senza bisogno di pregarli. Coinvolgere i figli nella “costruzione” e nella gestione della regola, soprattutto nel caso di regole o routines che vengono introdotte come novità o modificate perché non funzionano ("andiamo a comprare una sveglia che puoi puntare per ricordarti l'ora di prepararsi per la notte, so che non è facile ma credo che ce la puoi fare, stasera proviamo!") Spostare l’attenzione dalla punizione dei comportamenti indesiderati al rinforzo dei comportamenti desiderati (che prima vanno individuati e considerati in modo critico). In questo modo i figli si possono sentire “guardati”, possono sentire il piacere di ricevere attenzione per ciò che funziona e sostegno, supporto, per ciò che ancora non funziona. Su questo ultimo punto trovare soluzioni creative è più faticoso, rispetto al ricorso alla punizione, ma può dare al bambino, opportunamente coinvolto, un sentimento positivo verso l’autonomia, non solo la paura di essere punito. La penalizzazione, dove ritenuta necessaria, può configurarsi come la sottrazione del privilegio, ma va utilizzata con coscienza, in modo contestuale e contingente. Spero di essere stata chiara, un saluto