Psicologo - Consulente in sessualità tipica e atipica - Ipnologo
Non mi sono mai amata
Gentili dottori, Scrivo perché sono in un periodo della mia vita in cui vorrei avere una buona autostima per fronteggiarlo. Nella mia vita ho sempre avuto delle insicurezze, sfiducia e ora, da quando mia nonna e mio padre sono venuti a mancare, sento un enorme vuoto e una profonda malinconia del passato. Mi sforzo di vivere nel passato, mentre il mondo attorno a me va avanti inesorabilmente. Provo un grande sentimento di disillusione e vedo il mondo come un brutto posto in cui abitare. Dove mi giro mi giro vedo cose brutte, persone sfiduciate, una società decadente. Mi sento come se il mio futuro fosse incerto. Prima non ero così. In passato ho avuto diverse relazioni occasionali e questo è attribuirle al fatto che non pensavo di riuscire ad attrarre se non mediante il corpo, a cui chiedo immensamente perdono per averlo trattato senza rispetto e dignità. Ho sempre sofferto il confronto con le altre, anche se non avrei motivo dato che sono bella e mi percepisco bella sia dentro che fuori, ma applicare alla mia vita questo concetto non ci riesco. Mi tratto con pochezza e non trovo la forza di cambiare. Mi sento così poco rispetto agli altri, mi sento piccola piccola, come se gli altri fossero sempre più bravi e capaci di me. In passato è stato così perché ero timida e buona, un lato di me che ho soffocato per anni ma che all’occorrenza usciva fuori e non me ne capacitavo perché in fondo sono buona d’animo. Ho letteralmente perso anche la voglia di curarmi. Non so se è pigrizia o semplicemente depressione. Penso troppo alle cose, mi domando perché non riesca a prendere l’iniziativa e a agire Non c’è nessuna persona che si boicotti più di quanto lo faccia io. Come si esce da tutto questo? Ritornerò a sorridere?
La ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità e intensità il momento che sta attraversando. Le sue parole sono cariche di consapevolezza, e questo è già un elemento prezioso: spesso, la possibilità di cambiare parte proprio dalla lucidità con cui si riesce a raccontare la propria fatica.
Il vissuto che descrive è complesso e merita rispetto. Parla di lutto, di vuoto, di una perdita di orientamento esistenziale che spesso accompagna momenti di rottura importanti. La scomparsa di figure significative come suo padre e sua nonna non lascia soltanto dolore, ma può smuovere in profondità anche il senso di sé, il rapporto con il passato, con il corpo, con il futuro. È naturale sentirsi disorientati. Ed è umano, in questi frangenti, percepire il mondo come un luogo ostile o privo di senso.
Lei racconta una sensazione di “esserci ma non esserci”, come se il presente le scivolasse addosso e la vita si muovesse altrove. È una condizione che, in psicologia, possiamo interpretare come una forma di sospensione esistenziale, spesso legata a processi depressivi o a un’elaborazione del lutto ancora in corso. Il fatto che in passato lei si sia aggrappata all’immagine del corpo per cercare conferme di valore, e che oggi senta di non volersene più prendere cura, è una dinamica frequente quando la propria autostima è stata fondata più sul riconoscimento esterno che su un’autenticità interna.
Ma c’è qualcosa di importante che emerge nel suo messaggio: la consapevolezza. Lei sa bene che ciò che sta vivendo non è il suo stato naturale. Sa che in passato c’è stata energia, desiderio, bellezza. E questo è un punto fondamentale. La sofferenza che prova oggi non definisce chi è, ma segnala che qualcosa dentro di lei vuole ritrovare spazio, direzione, dignità.
Chiede: “Come si esce da tutto questo? Ritornerò a sorridere?”
La risposta è: sì, ma con gradualità, pazienza e un lavoro mirato.
Il primo passo non è forzarsi a “stare meglio”, ma iniziare ad ascoltare senza giudizio ciò che sta accadendo. In questo senso, un percorso psicoterapeutico può offrirle uno spazio sicuro dove rimettere ordine tra le emozioni, riformulare le convinzioni su di sé, rielaborare i lutti e ridefinire un’immagine personale che non sia più basata su confronto, sacrificio o autocritica, ma su rispetto e autenticità.
Talvolta, è proprio quando ci sentiamo “piccoli” che iniziamo a costruire qualcosa di più vero.
Le suggerisco, se se la sente, di affidarsi a un professionista per iniziare un cammino condiviso.
Non perché “c’è qualcosa che non va”, ma perché ha diritto a stare bene. E a farlo con strumenti concreti, competenti, umani.
Con stima e disponibilità.
Psicologo - Consulente in sessualità tipica e atipica - Ipnologo - Napoli