Dott.ssa Verusca Giuntini

Dott.ssa Verusca Giuntini

Psicologa Psicoterapeuta Terapeuta E.M.D.R.

Sto male con me stessa e non sono appagata dalla vita

Salve, sono una ragazza di 21 anni e vi scrivo perché è da diversi anni che vivo dei tormenti interiori e anche se credevo fossero passati, nell'ultimo periodo sono tornati inaspettatamente e questo mi ha fatto capire che forse non erano solo "mode" adolescenziali come pensavo.
Quando avevo 15 anni ho iniziato a praticare autolesionismo, per poco tempo perché poi mi sono resa conto che le cicatrici non sarebbero mai andate via e infatti me ne sono pentita amaramente. Ho creduto per diversi anni di averlo fatto per moda, perché speravo che qualcuno se ne accorgesse e mi desse delle attenzioni, di aver anche in un certo senso offeso gli autolesionisti che davvero soffrono, fino a che peró non mi sono tornati dei pensieri autolesionisti nell'ultimo periodo. Mi sono resa conto che quando sto davvero male interiormente, quando non so da che parte girarmi perché non trovo sollievo ad una sofferenza che mi prende senza motivo, il solo pensiero di tagliarmi mi da una sensazione di sollievo che riesco proprio a sentire, come un rilassamento diffuso in tutto il corpo. Nonostante ci abbia pensato diverse volte negli scorsi mesi, l'ho fatto solo una volta, ma non avevo nulla di affilato con me quindi l'oggetto che ho usato mi ha solamente graffiata, senza lasciare segni permanenti. Se avessi la certezza di non riempirmi di cicatrici, senz'altro mi taglierei frequentemente, ma quelle che ho già sul braccio sono un grosso problema perché non voglio assolutamente che la gente le veda e se cedessi a questo impulso dovrei trovare altre zone del mio corpo e a quel punto coprire tutto sarebbe impossibile.
La sofferenza di cui parlavo si traduce nella mancanza di desideri e di voglia di fare, è come se ogni attività non fosse abbastanza interessante per essere praticata, mi passa la voglia di uscire, di studiare, di fare qualsiasi cosa, allora penso a qualcosa per cui valga la pena vivere in modo da potermici aggrappare, ma non trovo niente di abbastanza valido e quindi sto ancora peggio perché più cerco una motivazione e più mi rendo conto che non ho motivi per continuare a vivere, penso allora alla morte e mi chiedo se sia meglio vivere o morire. Ogni volta la conclusione è che non posso causare una sofferenza così grande ai miei genitori, ma credo che se fossi sola avrei già tentanto il suicidio. Questi periodi di profonda tristezza seguono sempre periodi di grande felicità, infatti a dicembre ero molto felice e motivata, avevo tante ambizioni, mentre il mese successivo mi è crollata la vita un'altra volta. Sono stata così anche per un breve periodo verso ottobre. La differenza rispetto ai periodi di tristezza vissuti in passato è la consapevolezza che ho ora, infatti li analizzo molto e cerco di capire il più possibile di me e di come mi sento (mentre prima li vivevo in modo abbastanza incosciente e distratto), ma soprattutto la durata, perché da gennaio credo di non essermi ancora risollevata del tutto, le altre volte invece duravano molto meno.
Vorrei essere il più esaustiva possibile quindi ci tengo ad aggiungere che dall'adolescenza mi porto dietro anche una lieve fissazione per il peso. A 14 anni sono arrivata a pesare 53 kg, provavo in tutti i modi a dimagrire senza riuscirci perché non avevo abbastanza forza di volontà. Crescendo sono dimagrita naturalmente fino ad arrivare ai 43 kg attuali, ma la cosa che penso non sia normale è che mi peso quasi tutti i giorni, a volte provo a "sfidarmi" per vedere quanto dimagrisco, e in generale più il numero è basso e più sono soddisfatta, ma anche preoccupata, sia per la soddisfazione che provoca in me, sia perché essendo alta 1.67m so di non poter giocare tanto col mio corpo. Il mese scorso stavo particolarmente male e mi sono imposta di mangiare il minimo possibile, così in qualche giorno sono scesa a 41 kg, per poi smetterla e ritornare a mangiare normalmente. Non è la prima volta che lo faccio e non riguarda solo l'ultimo periodo, tuttavia nessuno si è mai accorto di nulla e io onestamente non mi vedo eccessivamente magra.
Aggiungo anche che indipendentemente da tristezza o felicità, ciò che rimane costante è che mi reputo una persona strana, diversa dalle altre persone, non so per quale motivo e non saprei dire in cosa consista questa stranezza, ma ho sempre il timore che gli altri la percepiscano e di conseguenza ho sempre un comportamente molto controllato e faccio davvero fatica a lasciarmi andare in qualsiasi situazione. Sento che il mio comportamento è atto a nascondere qualcosa di me ma paradossalmente non so nemmeno io cosa sto nascondendo.
Credo di aver scritto tutto quello che volevo farvi sapere, in modo da potervi chiedere ora se secondo voi questa situazione è preoccupante (per me potrebbe esserlo ma non so in che misura) o se anche persone senza alcun problema possono manifestare questi comportamenti verso se stessi, e soprattutto vorrei sapere cosa ne pensate. Io avevo già pensato di rivolgermi ad uno psicologo, ma prima aspetto i vostri consigli.

Vi ringrazio molto per l'attenzione.

Carissima Giulia,

Leggendo la sua lettera ho sentito molti livelli di sofferenza e mi colpisce moltissimo quell'istanza che vorrebbe infliggergliene di ulteriore, facendole credere nella possibilità di esserne sollevata... o di avere il controllo su se stessa.

L'essere umano è molteplice. Questo significa che la personale mutevolezza può assumere diverse forme:

- i tagli probabilmente la sollevano dal dolore psichico... dandole un momentaneo senso di controllo...

- il dimagrimento (qual è il suo indice di massa corporea?) può farle sentire di avere il controllo... ma la mette in pericolo...

Il fatto che ne stia diventando consapevole è molto importante! Ed è in linea, anche se non sembra, con quello che nota, e cioè che i suoi stati di umore deflesso si stanno allungando ("da gennaio non mi sono ancora ripresa", dice).

Nell'approccio terapeutico in cui mi sono formata, la Psicosintesi, notando la complessità della personalità, cerchiamo di trovare il modo di conoscere, possedere e trasformare attraverso l'integrazione, le diverse parti delle quali si compone l'essere umano sul piano personale. Io credo che buona parte del lavoro che lei potrebbe fare sia proprio questo. 

Il mio consiglio è di contattare un professionista, senza per forza cercare uno psicosintesista: ogni approccio ha i suoi punti forza e la propria lettura delle situazioni. Sicuramente le sarà utile.

Nel frattempo le consiglio di provare a sforzarsi di scrivere i suoi sentimenti, le sue emozioni e, magari, di raccontare in forma narrativa i suoi vissuti. Poiché per integrare corpo e mente si passa dalle emozioni, è importantissimo imparare a tradurre in parole i propri stati interiori.

Spero di esserle stata d'aiuto.

Se ha necessità può contattarmi attraverso il modulo della mia scheda.

Un saluto e un augurio.