Perché non riusciamo a stare bene anche se ci amiamo?

Ho intrapreso una relazione con un'altra ragazza da circa 4 mesi. Mi è piaciuta subito moltissimo e, al contrario di quanto faccio solitamente, ho deciso di lasciarmi andare di mettere da parte le mie paure e vivermi la relazione pienamente. Tra di noi c'è una forte connessione mentale, spirituale e fisica ma siamo molto diverse nel modo di vivere e di approcciarci al mondo. I momenti in cui le cose vanno bene sono fantastici, un amore fortissimo che mi da la possibilità di sentire una gioia e una voglia di vivere tipica dei bambini. Dall'altra parte molto spesso ci sono forti litigi tra noi. Questi litigi sono dati dal nostro modo profondamente diverso di comunicare le nostre emozioni ma anche da errori che commettiamo come ad esempio riversare sull'altra le proprie paure e insicurezze oppure intraprendere comportamenti "tossici" che portano a ferire l'altra persona. L'amore che c'è tra noi è innegabile ma allo stesso tempo ci ritroviamo spesso in situazioni di tensione, litigio e tanta tristezza. Purtroppo non riesco a capire se la cosa giusta da fare sia continuare a impegnarmi nel cercare di formare un nostro vocabolario per comunicare meglio e per lasciare fuori dalla nostra storia le nostre paure e i traumi che ci portano a ferirci, oppure sia meglio concludere la relazione.

Ciao!

Innanzitutto mi voglio complimentare per la sua capacità introspettiva, che dalle poche righe che ha scritto è molto evidente. Le dico questo perché mi sembra di scorgere proprio fra le righe dei suoi pensieri scritti la risposta che lei sta cercando.

Ha parlato di una profonda connessione mentale, spirituale e fisica; inoltre è molto consapevole che avete modi diversi di comunicare le emozioni e che spesso entrambe riversate sull'altra proprie paure ed insicurezze. In un legame intenso come quello nato tra voi è molto facile che accada ciò. E spesso, le dirò, l'altro ci attrae proprio perché in qualche modo riflette e rende manifeste alcune delle nostre ferite emotive più profonde e spesso ciò rappresenta un'arma a doppio taglio: se da un lato vi fa sentire una profonda comunione, dall'altra può attivare antiche paure e bisogni passati mai soddisfatti. Proprio quest'ultimo aspetto può indurre a confondersi e a ricercare nell'altro le soddisfazioni e le sicurezza mancate in un altro tempo.

Ma sento che le sto dicendo cose per lei non nuove; quello che voglio aggiungere invece è che proprio questi legami così coinvolgenti ed attivanti possono divenire occasioni per una profonda trasformazione di se stessi. Piuttosto che cercare di trovare un vocabolario comune, io credo che la strada migliore sia quella di accogliere il canale comunicativo dell'altro, senza aspettarsi che comunichi in modo diverso. Perché spesso le aspettative ci impediscono di cogliere cosa l'altro fa per noi e, cosa ben più grave, ci inducono a volere dall'altro cose che non è tenuto a darci: può mai egli ripagarci di tutto l'amore che in passato non abbiamo sentito di ricevere? Può mai egli comportarsi come un novello genitore che ci ama incondizionatamente e che è tenuto a comprenderci senza che noi proferiamo parola?

Allora l'invito che vi rivolgo è quello di separare i bisogni legittimi legati alla coppia, da quelli personali, passati, infantili che possono condizionare il vostro modo di relazionarvi reciprocamente e di non smettere mai di parlarvi, di cercare, ognuna a modo vostro, di comunicare ciò che sentite e provate, senza aspettative o pretese, ma nella fiduciosa attesa che l'altra saprà a suo modo essere vicino.

Sarà poi lei stessa a capire se avrete trovato una strada comune o se invece sarà meglio separare il cammino.