Figlio che odia la famiglia.
Siamo due genitori prossimi ai 30 anni di matrimonio, sempre vissuti con una progettualità orientata alla crescita dei nostri due figli. Fra alti e bassi abbiamo fatto del nostro meglio per creare un ambiente privo di violenza, costrizioni e soffocamenti, offrendo ad entrambi i figli le stesse attenzioni e opportunità. Questa lettera riguarda nostro figlio di 24 anni. Un bel ragazzo, colto e capace nel lavoro. Fin dall'età di 6-7 anni ha manifestato un'estrema ostilità nei confronti della sorella, più giovane di 2 anni, con quotidiane aggressioni verbali e fisiche. Abbiamo cercato tante volte un dialogo con lui per comprendere le cause di questo livore. Abbiamo creato delle occasioni di condivisione, come gite e brevi vacanze. Tutto inutile. Nel tempo ci siamo assuefatti alla situazione, credendo che fosse dovuta a gravi incompatibilità caratteriali. Ma negli ultimi anni nostro figlio è diventato anaffettivo, ostile e aggressivo anche con noi. Con la madre ha iniziato a mostrare gli stessi atteggiamenti già visti con la sorella: stessi insulti e stesse violenze verbali, ma senza violenze fisiche. Ogni nostro tentativo di dialogo veniva respinto con risposte telegrafiche e rabbiose: “fatevi i ca... vostri”, “tanto non vi va mai bene quello che faccio”, “voi mi odiate”, “mia sorella mi ha rovinato la vita”. Ma senza mai argomentazioni. Negli ultimi anni il muro comunicativo si è fatto granitico. Citiamo due esempi fra i tantissimi: la sclerosi multipla che ha colpito la sorella dal 2022 e la morte cane di famiglia nel 2023. In entrambi i casi nostro figlio ha mostrato un’indifferenza cinica e glaciale. Arriviamo all'ultimo anno quando, ormai esasperati, anche noi abbiamo iniziato a prendere le distanze da lui. Forse un estremo tentativo di farlo ragionare. Ma la sua reazione è stata smisurata: ha lasciato la casa e si è trasferito presso l'unico amico che ha, interrompendo ogni contatto. Dopo un mese abbiamo tentato di ristabilire un contatto a distanza. Ma proprio in questa fase è arrivata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la morte improvvisa di suo nonno materno. Comunicata la notizia, ci ha risposto con un messaggio quasi sarcastico. Nessuna partecipazione emotiva e non è venuto al funerale. Per la prima volta abbiamo reagito con un messaggio durissimo: “non tornare più in questa casa!”. Due aspetti ci lasciano perplessi: nostro figlio non ha mai avuto relazioni sentimentali visibili, né amicali né amorose. Nessuno l'ha mai visto con una ragazza. Ma non abbiamo neppure indizi che facciano supporre un “orientamento diverso”. Inoltre, negli anni, ha provato a coltivare vari interessi (chitarra, karate, coro, DJ set, elettronica, bicicletta). Ma ha sempre mollato tutto. Siamo stanchi e avviliti. Sentiamo il bisogno di uno sguardo esperto che possa aiutarci a collocare questi comportamenti in un quadro d'insieme. Siamo consapevoli di non aver affrontato vari segnali, convinti che fossero turbolenze adolescenziali. Grazie per l’eventuale parere.
Caro Mauro, grazie per aver condiviso una situazione così complessa e dolorosa. È evidente quanto abbiate investito energie e amore nella crescita dei vostri figli, e quanto questa distanza emotiva con vostro figlio vi stia pesando.
Il comportamento che descrivete potrebbe essere il risultato di una combinazione di fattori emotivi, psicologici e relazionali. L'ostilità verso la sorella, l'anaffettività e l'aggressività verso di voi, così come la difficoltà a mantenere relazioni o interessi, potrebbero indicare un disagio profondo che vostro figlio non riesce a esprimere in modo costruttivo. Eventi come la malattia della sorella o la perdita del nonno potrebbero aver amplificato questo disagio.
È importante considerare che, in situazioni come questa, il supporto di un professionista può fare la differenza. Un terapeuta familiare o uno psicologo potrebbe aiutarvi a comprendere meglio le radici di questi comportamenti e a trovare strategie per ristabilire un dialogo. Anche se vostro figlio al momento sembra rifiutare ogni contatto, il vostro impegno nel cercare aiuto potrebbe aprire una porta in futuro.
Nel frattempo, è fondamentale che voi troviate uno spazio per elaborare le vostre emozioni e il senso di colpa che potreste provare. Non siete soli in questo percorso, e ci sono risorse e professionisti pronti a sostenervi.
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Psicologo- Mediatrice familiare - Massa-Carrara