Rapporto con il mio compagno
Buongiorno, sono insieme con il mio attuale compagno da 6 anni. Io ho 52 anni e lui 71 anni e la nostra relazione è sempre andata molto bene. Da qualche tempo però ci scontriamo spesso per questioni di educazione di mia figlia di 17 anni. Lui insiste a dirmi che non la so educare, che dovrei dargli più regole, ma quando non sono d’accordo in certe cose, lui la prende sul personale e mi dice che ne vuole restare fuori. Premetto che anche lui ha due figli, uno di 34 anni e l’altra di 44. Non vogliono conoscermi e neppure mi salutano. Quando gli faccio dei paragoni, in base a quello che mi racconta lui, dice che i suoi figli non c’entrano, che lui vive con me, per cui ritiene di dover dirmi quello che pensa. Io non è che non voglio ascoltare i suoi consigli, però spesso sono molto autorevoli e non incontrano la mia approvazione perché caratterialmente non sono come lui. Lui è per la punizione drastica ed esemplare, io sono per la punizione del momento in cui accade il fatto e per il confronto, sperando che prima o poi tutto ciò che le trasmetto, venga elaborato e recepito. Il punto è che sento che noi due ci stiamo allontanando! Premetto che lui, milanese dalla nascita, si è trasferito da un paio d’anni da me in un paese del Veneto e questa situazione lo sta turbando molto. Dice spesso che io e i miei figli siamo indietro, dei paesanotti, e che vorrebbe portarci a pensare ed agire diversamente. Per lui lo so che è stata una scelta difficile, quella di lasciare la città, e lo comprendo! Ho mollato persino parte del mio lavoro per stare più tempo con lui. Quello che mi preoccupa però è che non riusciamo a trovare un compromesso nella gestione di mia figlia, che tutto sommato si comporta come una ragazza di 17 anni. Lui la confronta sempre con la sua, e a quel punto gli dico che non può paragonare il comportamento di una 17enne di adesso con quello di una 17enne di 30 anni fa, ma niente, quando tocco questo tasto se la prende. I suoi figli sono intoccabili, i miei giudicabili in tutto. Si, perché ho anche un figlio di 23 anni che però non sta con me ma che comunque a suo dire è indietro. Insomma, sta situazione mi sta logorando! Io tengo tanto a lui, ma non riesco a comportarmi con mia figlia come lui vorrebbe perché non fa parte di me, starei male! Che consiglio potete darmi? Vi ringrazio anticipatamente L.P.
cara Lara, quella che stai vivendo è una situazione complessa, fatta di affetto, scontri di valori, differenze generazionali e culturali, ma anche di bisogno di riconoscimento e rispetto reciproco.
Tu e il tuo compagno venite da storie e contesti molto diversi. Lui ha cresciuto figli ormai adulti, con un approccio più rigido e "tradizionale", e sembra aver costruito un ideale educativo che ritiene l’unico valido. Tu invece segui un approccio più dialogico, basato sulla fiducia e sull’evoluzione personale di tua figlia. Entrambi gli approcci hanno valore, ma ciò che serve è trovare un linguaggio comune, senza che uno si senta annullato dall’altro. Cosa puoi fare: quando lui esprime il suo disaccordo, prova a "decodificare" ciò che c’è sotto: a volte dietro l’autoritarismo si nasconde la paura (per il futuro di tua figlia, per la vostra stabilità familiare). Esprimi il tuo punto di vista non come opposizione, ma come parte di un disegno diverso, che nasce da un’altra sensibilità. Potresti dirgli, ad esempio:
“Capisco che tu agiresti diversamente, ma per me è importante che mia figlia impari a fidarsi anche dei suoi pensieri. Vorrei che ci aiutassimo a capire, più che a giudicare.”
Lui non è il padre di tua figlia. Anche se convivete da anni, il suo ruolo nella sua educazione va calibrato: non può (e forse non dovrebbe) essere quello di un genitore, ma può essere una figura adulta di riferimento. Questo significa che può dare consigli, ma non imporre regole.
Chiarite i confini del suo coinvolgimento. Non è una questione di escluderlo, ma di aiutarlo a trovare una posizione sostenibile per lui, per te e per tua figlia. Digli che apprezzi i suoi pensieri, ma che per il bene della relazione avete bisogno di evitare il conflitto aperto ogni volta che si parla di educazione.
Le frasi come “voi siete paesanotti”, “siete indietro” sono segnali di disagio ma anche di mancanza di rispetto. Qui si tocca un punto delicato: il senso di superiorità culturale o personale che lui esprime può ferire e logorare la relazione. Amare qualcuno significa anche accettarne le radici, la cultura e le scelte.
Cosa puoi fare: con calma e fermezza, aiutalo a capire che certe parole fanno male. Non perché siete "permali", ma perché rompono l’alleanza. Potresti dirgli:
“Capisco che Milano ti manchi e che certe cose ti sembrino più arretrate qui, ma se mi parli così, mi sento giudicata e svalutata. Non possiamo costruire nulla se uno dei due si sente sempre inferiore.”
La questione dell’educazione è il sintomo, non la causa. Quello che sembra in gioco qui è l’equilibrio della vostra relazione. Ti sei spesa molto, hai rinunciato a parte del tuo lavoro per essere presente, mentre lui fatica ad adattarsi a un contesto nuovo. Tutto questo genera tensione. Probabilmente entrambi sentite il bisogno di riconoscimento. Cercate momenti in cui non si parli di figli, per tornare a voi come coppia. Ritrovare la sintonia può aiutare ad affrontare il resto con più pazienza. Potrebbe anche essere utile una consulenza di coppia, proprio per mediare questi nodi prima che diventino fratture.
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Psicologo- Mediatrice familiare - Massa-Carrara