Dott.ssa Antonella Bellanzon

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Dott.ssa Antonella Bellanzon

Psicologo- Mediatrice familiare

insoddisfazione personale

Buongiorno, ringrazio anticipatamente per la risposta. Sono una donna adulta di 54 anni, sposata e con figli adolescenti. Riassumo in breve ciò che mi turba: pur avendo sempre lavorato in ruoli anche di responsabilità tendo dopo qualche anno a non essere soddisfatta di ciò che faccio e della figura che ricopro al lavoro. Ho gestito l'ufficio HR di un'azienda, impiego svolto per circa 20 anni, ho anche lavorato per 6 anni in un ufficio estero come manager commerciale, in seguito, grazie ad una laurea conseguita con fatica 5 anni fa, ho iniziato a lavorare nel sociale con orari piu "umani" e stipendio decisamente ridotto. Ne sono stata felice ma ora non mi basta più. Mi rendo conto che sono stata fortunata ad avere lavoro e addirittura l'opportunità di poterlo fare in contesti e mansioni differenti, resta il fatto che mi manca non avere realizzato il mio sogno di ragazza: diventare medico. Sono cresciuta in un contesto difficile e già prima del conseguimento del diploma ho iniziato a lavorare. Non so come uscirne, vivo male e sono sempre insoddisfatta.

Cara Lorena,

grazie per aver condiviso con tanta sincerità il tuo stato d’animo. Si percepisce chiaramente la profondità del tuo percorso, la tua determinazione e la fatica di chi ha sempre dato tanto — al lavoro, alla famiglia, alla vita — ma ora sente un vuoto difficile da colmare.

L’insoddisfazione che descrivi non nasce da ingratitudine, ma da una parte di te che continua a cercare un senso più pieno. È come se avessi seguito per anni strade logiche, necessarie, giuste, ma non del tutto tue. E ora quella voce interiore — la ragazza che sognava di fare il medico — torna a farsi sentire.

È importante riconoscere che non è mai troppo tardi per dare spazio a quella parte di sé, anche se non potrà forse tradursi nel diventare davvero medico. La medicina, però, non è solo una professione: è un simbolo. Racchiude il desiderio di curare, comprendere, essere utile in modo profondo. E in questo senso, il tuo passaggio al sociale — pur con le sue fatiche — ne è già un’espressione. Forse ora serve un passo ulteriore: trovare una forma più autentica e personale per esprimere ciò che ti muove davvero.

Permettiti di reinventarti, anche in piccolo. Ci sono mille modi per nutrire il sogno originario: corsi di formazione in ambito sanitario, volontariato in strutture di assistenza, attività di mentoring o di supporto psicologico. Non serve “ricominciare da zero”, ma riconnettersi con ciò che dà senso. Accetta che l’insoddisfazione può essere una bussola. Non è una condanna: è un segnale che ti invita a un nuovo equilibrio. A volte è proprio l’inquietudine che ci permette di non fermarci in un ruolo che non ci rappresenta più.

Lorena, ciò che stai vivendo non è un fallimento: è una nuova tappa del tuo percorso di crescita, una fase in cui la vita ti invita a rimettere insieme le parti di te — quella pragmatica, quella che si è sacrificata, e quella che ancora sogna.

Dott.ssa Antonella Bellanzon

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Psicologo- Mediatrice familiare - Massa-Carrara

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