Vivere con un cocainomane
Buonasera a tutti, vi scrivo perché sono disperata e non so come iniziare a muovermi per uscirne. Cerco di farla breve: ho 25 anni, e il mio compagno 41. Persona di cuore, con un animo buono, ma vittima Putroppo di una bestia di droga, la cocaina, che lo trasforma in qualcosa di orribile. Quando ci siamo conosciuti non avevo dato molto peso a questa cosa, me ne sono sempre tenuta distante e ho sempre cercato di aiutarlo ma invano. Con il tempo ho scoperto che beve quando consuma, e gioca pure tantissimo alle slot. Sono 4 anni che stiamo insieme, io sono pienamente formata su tutto ciò che causano le sostanze , riconosco anche da come sale le scale se ne ha fatto uso. Ha perso dopo 20 anni il lavoro perché è stato visto consumare direttamente dal datore, non gli è servito a niente. I genitori sanno e fanno finta di non vedere. Ieri sera in particolare mi sono sentita scossa: a cena fuori mi ha fatto fare una figura pessima di fronte a tutti perché se l’é presa con un cameriere dal nulla. Io mi sento morire , mi sono andata a scusare in tutti i modi perché non sono e non voglio essere associata in alcun modo a questa persona. Non so più come comportarmi sono disperata. Quando beve così tanto e non ha la sostanza diventa cattivo, senza scrupoli. Mai violento fisicamente ma sempre psicologicamente. Mi vergogno a dirlo alla mia famiglia, terribilmente. Hanno un idea di lui che non esiste in quanto non l’hanno mai visto in certe situazioni. Mi sento persa .
Ciao Alice
È comprensibile sentirsi disperata, ma quello che provi è un segnale molto chiaro: non sei tu a doverlo salvare. Le dipendenze (cocaina, alcol, gioco) non si risolvono con amore, pazienza o sacrificio. Non puoi convincerlo a cambiare se non è lui a volerlo. La sua bontà di carattere non cancella i comportamenti tossici che mette in atto. Tu non sei responsabile delle sue azioni, né del fatto che lui resti dipendente. Anche senza violenza fisica, quello che descrivi è: 1)Manipolazione psicologica (far sentire in colpa, paura, destabilizzazione).2)Comportamenti imprevedibili e umilianti in pubblico.3)Abuso emotivo dovuto alle dipendenze e alla perdita di controllo. Il silenzio ti sta facendo essere sola in questa situazione. Non devi proteggerlo agli occhi degli altri: ora devi proteggere te stessa. Raccontare la verità a qualcuno di fidato potrebbe essere il primo passo per sentirti supportata e sicura. La vergogna spesso nasce dall’idea che stiamo “fallendo”, ma in realtà sei stata coraggiosa nel provare ad aiutare e ora sei coraggiosa nel riconoscere che non ne puoi più. Rivolgiti a uno psicologo o a un consultorio pubblico (anche solo per te, per capire come muoverti).
Considerare la possibilità di allontanarti, almeno temporaneamente. Può essere un modo per vedere meglio le cose. Tu non devi dargli un ultimatum, ma puoi scegliere di non essere più spettatrice della sua autodistruzione, né vittima delle sue ricadute. Una relazione sana non ti fa sentire costantemente in allarme, non ti umilia, non ti fa vivere con la paura del “come sarà oggi?”. Quello che provi ora non è amore, è sopravvivenza emotiva. Meriti stabilità, rispetto e tranquillità. Meriti una persona presente, che si cura di sé e di te.
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Psicologo- Mediatrice familiare - Massa-Carrara