Dott.ssa Antonella Bellanzon

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Dott.ssa Antonella Bellanzon

Psicologo- Mediatrice familiare

Crescere senza padre e non sapere niente su di lui ha delle ripercussioni?

Sono cresciuta senza un padre. Ora ho 26 anni e se prima di qualche anno fa per me era una situazione normale, da qualche tempo a questa parte sto soffrendo molto. Ho intrapreso un percorso psicologico che sta avendo molti riscontri positivi, ma nonostante ciò in certi momenti sento un vuoto enorme. Ho una madre che mi ha cresciuto al meglio delle sue possibilità, ma nonostante ciò non mi ha mai parlato dell'assenza di mio padre fino a quando io con fatica da grande le ho chiesto. Ma nonostante ciò è un tema tabù, entrambe facciamo molta fatica ad affrontare il discorso e quando accade, spesso in momenti di lite, c'è poco da dire. Sento molta difficoltà nelle relazioni e nonostante io sia una persona introversa e che ha bisogno del proprio spazio... Sto iniziando ad avere molta paura della solitudine. Ho paura sia dal punto di vista lavorativo, che emotivo, che relazionale. Avevo molta paura anche a livello sessuale, ma da poco ho sbloccato questo grazie all'incontro di una persona che però è durata molto poco. Non ho mai avuto una relazione seria, e inoltre ho avuto pochissimi incontri. In fase adolescenziale zero.

Cara Greta,

ti rispondo con molta delicatezza, perché da quello che scrivi emerge una grande consapevolezza e anche tanto dolore che stai finalmente permettendoti di sentire.

Sì, crescere senza un padre e senza una narrazione su di lui può avere delle ripercussioni, e il fatto che queste emergano ora, a 26 anni, è assolutamente comprensibile. Non significa che “prima stessi meglio”: spesso significa che ora hai gli strumenti emotivi per guardare quello che prima doveva restare in silenzio per poter andare avanti. Il vuoto che senti non è “un capriccio” Quando una figura genitoriale è assente non solo fisicamente ma anche simbolicamente (nessuna storia, nessuna spiegazione, nessun racconto), il vuoto non è solo la mancanza di una persona, ma:

  • la mancanza di una narrazione su di sé

  • la difficoltà a rispondere, anche inconsciamente, a domande come:
    “Da dove vengo?”, “Cosa dice questo di me?”, “Sono stata scelta o lasciata?”

Il fatto che tua madre abbia fatto del suo meglio non annulla questo vuoto. Possono coesistere entrambe le verità: una madre presente e amorevole e una ferita legata a un’assenza mai nominata.

Quello che racconti sulle relazioni è molto coerente con la tua storia:

  • desiderio di vicinanza e paura dell’abbandono

  • bisogno di spazio e terrore della solitudine

  • difficoltà a lasciarsi andare, anche sessualmente, finché qualcuno non ti ha fatto sentire vista

Non è che tu “non sia portata” per le relazioni. È più probabile che una parte di te abbia imparato presto a non aspettarsi nessuno, per proteggersi. Il fatto che tu abbia vissuto uno sblocco recente è molto significativo: il tuo corpo e le tue emozioni stanno rispondendo, anche se l’esperienza è durata poco. Questo non la rende meno importante.

Il fatto che tu sia in terapia e che tu ne senta i benefici è una risorsa enorme. E voglio dirti una cosa importante:
sentire più dolore mentre si cresce non è un fallimento del percorso, spesso è il segno che stai finalmente entrando in contatto con parti di te che prima dovevano restare anestetizzate. Quel vuoto che senti non va “riempito” in fretta. Va riconosciuto, legittimato, ascoltato. Non è una mancanza in te: è una ferita relazionale che ora chiede spazio.

Dott.ssa Antonella Bellanzon

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Psicologo- Mediatrice familiare - Massa-Carrara

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