Centro di Psicoterapia Giochi Libera Tutti

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Psicologo, Psicoterapeuta

Il Gioco: Il liguaggio terapeutico tra adulti e bambini

Vorrei subito sottolineare che questo articolo non vuole parlare tanto dell’uso del gioco come un momento  all’interno di una terapia familiare, ma  di  effettuare prevalentemente la terapia familiare, attraverso il gioco con tutta la famiglia.

Il gioco diviene cosi non semplicemente uno strumento della terapia, ma la terapia stessa.

Il gioco viene assunto da una parte,  come  metafora  delle relazioni e delle  regole della vita e, da un'altra parte, come esperienza di emozioni e contatti umani, che appaiono come quelli reali, ma non lo sono.

Il “come se” del gioco consente l’assunzione di concetti generali, di regole sociali, di affinare la  regolazione affettiva, di facilitare lo sviluppo della pro socialità ,  della empatia e  dell’intersoggettività.

Se  attraverso il gioco possiamo permettere alla famiglia di esprimere il disagio, di  costruire modelli relazionale alternativi e di ricostruire le proprie mappe, allora sarà fondamentale che questo diventi non una tecnica della terapia, ma la terapia stessa

Come state vedendo, tutta la famiglia insieme ai terapeuti giocano.

Il gioco vien proposto dai terapeuti, secondo una ipotesi diagnostica con obiettivi terapeutici e poi la seduta si costruisce passo dopo passo.

Do per scontato, che tutta la teoria della terapia relazionale sottende il nostro intervento: dalla diagnosi sistemica  all’interpretazione relazionale dei sintomi,  dall'alleanza terapeutica alla provocazione, dalle prescrizioni  ristrutturanti a quelle paradossali.

 Il gioco metafora della vita? O  la vita metafora del gioco? Dipenderà che livello osserviamo.

Nel gioco tutti sono pari, non c'è un giocatore più di un altro,tutti sono vincolati dalle stesse regole,si annullano i differenti status ed emergono le capacità di ognuno. Si mette tutto in discussione anche le vie del potere.

 Quando viene un bambino con la sua famiglia subisce il potere dei genitori, viene calcolato come non capace, i genitori parlano di lui sottovoce come se non capisse. Lui è il problema.

Mentre il gioco ha ,tra le varie possibilità, quella di liberare delle risorse nella libertà di esprimersi, dove le uniche regole sono quelle non scritte: la spontaneità e la genuinità.

Il gioco va in scena appena si è tutti seduti per terra: stasera che gioco facciamo mi chiedono i bambini o i genitori ed io” non lo so quello che ci va” e continuo : “in questi  giorni che cosa è successo a scuola,a casa, che incubi hai avuto, hai litigato con papà, mamma ti ha messo in castigo” oppure” chi vuole raccontare una storia con questi pupazzi o proporre un gioco”.

“Giochiamo alla scuola oppure  raccontiamo un storia inventata su un gruppo di lupachiotti che hanno tanta voglia di imparare a cacciare che vanno a mordicchiare papà lupo , perché ,dovete sapere, che spesso i giovani lupi da una parte vorrebbero tanto andare a cacciare , ma dall’altra  ne hanno paura, allora si esercitano  nelle tana   a litigare fra di loro o con i genitori per sentirsi difesi dal mondo esterno.”

Un giorno un bambino mi ha chiesto, ma quando comincia la visita? Era già passata un ora dall'inizio della seduta! Ed io” la faremo la prossima volta ricordamelo”.

Dare voce ai bambini e al loro mondo è il compito degli adulti. E' bene non trasportare i bambini nel nostro mondo di adulti, pieno di contraddizioni e complicazioni.

Il mondo visto dalla parte dei bambini è molto più semplice e con principi chiari: c’è il nero o il bianco,il buono o il cattivo.

 Ci sono draghi che sputano fuoco, fate che fanno volare, mostri che mettono paura.

Ci sono impulsi a fare arrabbiare papà e mamma, a spintonare i compagni.

C'è voglia di disegnare su un foglio, di fare dei scarabocchi sui muri.

Ci sono dei perché: perché papà non c'è più, perché non posso restare nel tuo letto mamma, perché non faccio più la cacca.

Spesso i genitori si distaccano dai propri figli, mettendo fra di loro la barriera della ragione, del dovere, di quello che è giusto, preoccupati che il proprio figlio stia male “,mio figlio è strano,è diverso dagli altri”.

E il mondo degli adulti si popola di incertezze, di paure, si inizia  a non fidarsi più del compagno o della compagna, ognuno spesso cerca risposte nella propria educazione, nei principi della propria famiglia, iniziando a sfaldare quella base di sicurezza familiare.

 

Allora, la comunicazione tra il mondo degli adulti e quello dei bambini si complica, ed il mondo dei bambini si popola di interrogativi, paure, si anima di comportamenti diversi, si materializza in macchie della pelle, perdita dei capelli e via discorrendo

Riallacciare il legame familiare attraverso il gioco, è uno dei principali obiettivi della nostra terapia:

“Oggi papà racconta la storia della sua famiglia attraverso questi peluche che vedete, papà proporrà di abbinare ogni proprio parente ad un peluche  e voi tutti potete essere d’accordo o proporre un diverso abbinamento, potete fare tutte le domande che volete ai peluche che vi risponderanno attraverso papà”.

La stanza si anima di mucche che raccontano  di  un cagnolino affidato ad una orsa perché il proprio padre era morto in circostanze misteriose. “Perché  allora, quando eri piccolo, hai pianto come faccio io  papà?” domanda una piccola bimba di 4 anni

 

Spiegare il mondo degli adulti ai bambini attraverso il gioco è uno dei principali obiettivi della nostra terapia:

Strega tocca emozioni colorate

“Ognuno di noi a turno dice un colore, tutti devono andare a toccare quel colore che si trova nella stanza e ognuno a turno dice quale   emozione gli ricorda quel colore e poi racconta in quale occasione l’ha provato”.

Fra i vari colori esce il rosso e il papà dice la rabbia e racconta quando il proprio padre l’ha picchiato perché si era dimenticato di avvisare la mamma che il papà sarebbe arrivato in treno e che la mamma avrebbe dovuto andarlo a prendere,  il papà aveva dovuto fare 10 chilometri a piedi sotto l’acqua. Da quel momento ha promesso che lui non si sarebbe mai arrabbiato con i propri figli come suo padre aveva fatto con lui, ma di fatto non ci riesce perché suo figlio Mariolino lo fa tanto arrabbiare ed è molto dispiaciuto che non si  sa trattenere.

Poi si è arrivati al viola e la mamma ha detto depressione  e ha iniziato a raccontare che spesso si sente depressa e piange quando si  ricorda di lei piccola, che assisteva ai litigi fra i propri genitori con il proprio papà che picchiava la mamma. Mentre dice questo Mariolino si sdraia sulle sue gambe e la mamma tace accarezzandolo.

Siano in presenza di un bambino irrequieto, disubbidiente che spesso sta isolato in un suo mondo.

Far scoprire ai genitori il mondo dei propri figli è uno dei principali obiettivi della nostra terapia:

Gioco della scuola:

“Oggi facciamo che stiamo a scuola, la materia è storia della famiglia. Ci sono tre allievi una maestra e un preside, si inizia  che i tre allievi sono Angelino, Chiaretta e la dottoressa Michela, la maestra la fa la mamma ed il preside io, durante il gioco si può chiedere il cambio di personaggio e si è obbligati ad accordarlo”.

Durante il gioco vi sono molti cambi dove tutti si scambiano fin quando si arriva ad un certo punto dove Chiaretta faceva la maestra e Angelino il preside, e Chiaretta aveva chiesto di fare la maestra mentre io che ero il maestro stavo raccontando che il nonno era finito in ospedale e stava molto male quasi per morire. Lei interviene e racconta che   tutti i giorni i nipotini andavano a trovare il nonno al posto dei genitori che lavorano molto,quando ad un certo punto scoppiò una guerra ed arrivarono dei dottori molto bravi che riuscirono a guarire il nonno e la famiglia allora scappò dalla guerra e andò a vivere dentro ai buchi della montagna.” E si”, aggiunse il preside Angelino,” brava così nessuno poteva trovarli e vivevano in pace  e tranquilli”.

Stavamo trattando una famiglia senza papà morto di recente.

Rendere la struttura della famiglia flessibile e adattabile alle esigenze di quel particolare momento, è uno de principali obiettivi della terapia

Il gioco del capo gioco.

 Il capo gioco è quella persona che decide quale gioco fare.

“Da questo momento ognuno di noi a turno farà il capo gioco. Tutti siamo obbligati a farlo, dopo cinque minuti si cambierà capo gioco”.

Durante il gioco  si vede che un bambino  inizia a proporre un gioco e, un terapeuta dispettoso, fa il ribelle esattamente come lui fa di solito , allora il bambino  cerca di superare tutte le difficoltà per imporre la propria volontà  e gli altri di conseguenza  si sentono obbligati a schierarsi, o dalla parte del capo gioco, o da quella del bambino- terapeuta ribelle.

 Questo è un modo di  perturbare le  dinamiche  familiari e, potenzialmente,  avere  l’occasione di sperimentare relazioni alternative. Il bambino proverà sulla propria pelle le difficoltà dei propri genitori ed i genitori avranno la possibilità di fare esperienze alternative.

Inventarsi in continuazione è una delle principali sfide che noi terapeuti del gioco facciamo a noi stessi, chiedendo alle nostra famiglie di aiutarci ad aiutare loro  in un grande girotondo, dove tutti vanno giù per terra.

La figura del terapeuta è fortemente messa a repentaglio in questa forma di psicoterapia, perdersi nella famiglia è molto facile, coinvolgersi e diventare sostitutivi dei genitori ancor di più. Tenere la barra dritta della barca della terapia è una impresa non facile, per questi motivi è necessario avere un buon team terapeutico, una formazione personale ben calibrata.

I terapeuti devono usare la loro integrità personale nella relazione con la famiglia, senza temere che,immergendosi nel gioco con essa, possano perdere la propria autorevolezza.

L’esperienza di un adulto che gioca, che ha potere e autorevolezza nel proprio ruolo di terapeuta è più potente di qualunque restituzione a livello verbale.

Parafrasando  Whitaker potrei dire che se i terapeuti diventano capaci di mettere in gioco il loro modo di essere infantili con la famiglia ,allora anche i genitori potranno permetterselo e magari apprenderlo se per caso non ne fossero capaci.

C'era una volta un gran numero di animali elefanti, leoni. zebre, gazzelle, coccodrilli, uccelli , giraffe e rinoceronti  che disquisivano se l'acqua dello stagno fosse a disposizione di tutti gli animali o fosse privilegio di pochi, se fosse buona, o se berla avrebbe potuto arrecare dei fastidi, nello stesso momento in zona si trovava  un gruppo di cacciatori  assetati.

E’sera  ed il sole inizia a calare e farsi tutto rosso, la gazzella allora si  avvicina allo stagno  timorosa, controllando che nessuno la assalisse e preoccupata di sentire se l’acqua fosse buona e non avesse strani sapori in modo da avvertire gli altri animali. Nel mentre, arriva un aquila dal petto bianco che le dice: stai attenta, che da qui sopra vedo un coccodrillo affamato, è camuffato da  alga. Oh grazie cara aquila , chiama il rinoceronte  che così lo spaventa un po’ ed io posso bere e assaggiare l’acqua. Certo vado, risponde, l’aquila , ma mentre sta virando, compare un cacciatore da  dietro un albero e si sente un colpo di fucile. Oddio, mi ha beccato sull’ala, strilla atterrita  l’aquila e inizia a perdere quota. La gazzella spaventata è incerta se fuggire per evitare che il cacciatore sparasse anche a lei, o se cercare di salvare l’aquila buttandosi nel lago e rischiare che il coccodrillo le agguantasse le zampe. Ad assistere a questa scena c’erano anche il leone, l’elefante,  la giraffa e la zebra.

E tu Giacomino se fossi la gazzella che cosa faresti? E tu mamma  Elena se fossi la giraffa che cosa faresti? E tu papà Alfredo se fossi il leone che cosa faresti? E tu piccola Rachele se  fossi la zebra  che cosa faresti e tu mio coterapeuta se fossi l’aquila  che cosa faresti. E voi tutti che mi state leggendo se  foste il coccodrillo o il cacciatore cosa fareste?

 

 

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