Dott.ssa Chiara Todaro

Dott.ssa Chiara Todaro

Psicologo, Psicoterapeuta

Il fenomeno “incel”: quando la solitudine maschile diventa ostilità verso le donne

Il termine INCEL, acronimo di Involuntary Celibate, indica uomini (in prevalenza giovani) che dichiarano di vivere una condizione di “celibato involontario”: desiderano avere relazioni affettive o sessuali ma ritengono impossibile riuscirci. Su questa esperienza di frustrazione si è sviluppata, soprattutto online, una vera e propria subcultura che interpreta la solitudine maschile non come una difficoltà personale o sociale, ma come una conseguenza diretta del comportamento femminile. La parola “INCEL” nasce negli anni ’90 in un forum creato da una ragazza canadese per condividere esperienze di solitudine relazionale un contesto inclusivo e non violento. Negli anni 2000 e 2010 il termine è stato appropriato da comunità maschili online, trasformandosi in un’identità negativa con forti elementi di:

  • misoginia

  • determinismo biologico (bellezza, status, potere)

  • vittimismo identitario

  • rabbia verso le donne e verso gli uomini percepiti come “vincenti”

Il fenomeno nasce dall’intreccio di alcune dinamiche:

  1. Isolamento sociale crescente
    Molti uomini faticano a costruire amicizie significative o a esprimere vulnerabilità emotiva. Il modello maschile tradizionale forte, autonomo, autosufficiente, lascia poco spazio alla richiesta d’aiuto.

  2. Frustrazione relazionale
    Le relazioni sentimentali sono percepite come difficili da avviare. Ciò può dipendere da scarse competenze emotive, paura del rifiuto, insicurezza corporea o esperienze negative passate.

  3. Narrazioni online tossiche
    Alcuni spazi virtuali alimentano l’idea che il mondo affettivo sia una “competizione”, che le donne scelgano partner esclusivamente sulla base dell’aspetto o del successo, o che il rifiuto femminile sia un’ingiustizia anziché un diritto.

  4. Esternelizzazione della colpa, idealizzazione e svalutazione, visione gerarchica del rapporto uomo-donna

    La sofferenza interiore viene proiettata verso l’esterno:
    “Non sono io ad avere difficoltà: sono le donne a essere sbagliate.”
    La responsabilità personale viene sostituita da una spiegazione rassicurante ma distorta. Le donne vengono viste secondo due polarità:

    • idealizzate come oggetto desiderato e irraggiungibile;

    • svalutate come causa dell’infelicità maschile.

    Questa oscillazione è tipica dei quadri di insicurezza affettiva e scarsa regolazione emotiva. Alcuni contenuti di queste comunità presentano una logica competitiva (“alpha/beta”), dove il valore di uomini e donne viene classificato in base all’attrattività o alla capacità di “ottenere” l’altro.
    È una lettura disumanizzante, che impedisce la costruzione di relazioni autentiche.

Questi elementi creano un terreno fertile per letture ostili e semplificate del disagio maschile. Questa subcultura si basa su concetti rigidi e semplificati:

1. Gerarchia del valore (Chad, Stacy, ecc.)

Le INCEL community dividono uomini e donne in categorie estetico-sociali:

  • Chad: uomo “dominante”, attraente, che avrebbe accesso illimitato alle donne.

  • Stacy: donna molto attraente, percepita come frivola e superficiale.

  • Normies: persone comuni.

Gli INCEL si collocano in fondo alla gerarchia, interpretando ogni rifiuto come prova di un sistema ingiusto.

2. Determinismo genetico

L’idea che l’aspetto fisico sia immutabile e completamente determinante, negando la possibilità di miglioramento personale, crescita sociale, competenze comunicative o sviluppo emotivo.

3. Responsabilizzazione delle donne

La frustrazione viene indirizzata verso il genere femminile, accusato di:

  • essere selettivo in modo “spietato”,

  • preferire uomini “di status”,

  • non vedere il “valore” degli uomini INCEL.

Il rifiuto femminile, vissuto come doloroso ma legittimo nella realtà, diventa nella loro lettura una forma di ingiustizia strutturale.

Perché attecchisce? Una lettura sociologica e psicologica

Sociologia: solitudine strutturale e crisi dei ruoli

Nelle società occidentali molti legami comunitari si sono indeboliti. Gli uomini crescono spesso senza modelli relazionali emotivamente aperti e senza gruppi di pari profondi. La solitudine diventa così un fenomeno sociale, non solo individuale.

Psicologia: vulnerabilità non riconosciuta

La difficoltà a riconoscere fragilità, tristezza e paura del rifiuto porta alcuni a trasformare il dolore in rabbia.
La rabbia, diversamente dalla tristezza, fa sentire forti e “nel giusto”, anche se in realtà isola ancora di più.

Media digitali: amplificazione algoritmica

Le piattaforme tendono a proporre contenuti sempre più estremi a chi mostra interesse per un tema, rinforzando convinzioni distorte. Un ragazzo frustrato può così ritrovarsi immerso in una narrativa misogina senza quasi accorgersene. 

Dal punto di vista psicologico e sociologico, la cultura INCEL prospera quando si combinano tre fattori:

1. Solitudine reale e mancanza di modelli emotivi

Molti giovani uomini faticano a costruire amicizie profonde, non hanno spazi per parlare delle proprie vulnerabilità e crescono con l’idea che chiedere aiuto sia “debolezza”.

2. Frustrazione affettiva e scarsa educazione relazionale

Difficoltà nell’iniziare conversazioni, ansia da prestazione, paura del rifiuto o precedenti dolorosi possono alimentare il senso di impotenza.

3. Camera d’eco digitale

Le piattaforme online rafforzano contenuti estremi. Un ragazzo che cerca risposte alla propria solitudine può ritrovarsi esposto a narrazioni sempre più tossiche, che trasformano la frustrazione in ideologia.

Conseguenze del fenomeno

Il fenomeno INCEL non è solo un problema ideologico:

  • aumenta il risentimento verso le donne, con forme di aggressività verbale;

  • isola ulteriormente gli uomini, che non sviluppano competenze emotive e comunicative;

  • crea relazioni disfunzionali, basate su aspettative irrealistiche o dinamiche di potere; può sfociare in incel culture, misoginia organizzata e radicalizzazione online.

  • isolamento crescente: più un individuo si identifica come INCEL, meno tenta interazioni reali;

  • rafforzamento di credenze rigide: si perde la capacità di interpretare i rifiuti come normali;

  • misoginia: da semplice risentimento a ostilità aperta;

  • rischio di radicalizzazione: alcuni episodi di violenza sono stati rivendicati o ispirati da ideologia INCEL.

Non tutti gli uomini che si sentono soli o respinti diventano INCEL; il rischio nasce quando la frustrazione diventa un’identità.

Come intervenire?

1. Promuovere alfabetizzazione emotiva

Aiutare i ragazzi a riconoscere ansia, tristezza, senso di inadeguatezza e a parlarne in modo non giudicante.

2. Educazione all’affettività

Insegnare che le competenze relazionali — ascolto, empatia, comunicazione — si possono imparare, al pari di qualsiasi altra abilità.

3. Lavorare sul pensiero critico online

Riconoscere narrazioni distorte, algoritmi polarizzanti e retoriche manipolative.

4. Offrire modelli maschili diversi

Mostrare che esistono modi di vivere la maschilità basati su empatia, responsabilità e reciprocità.

5. Spazi di confronto non giudicante

Gruppi scolastici, percorsi psicopedagogici e attività di classe possono aiutare i ragazzi a elaborare frustrazioni e a costruire un linguaggio emotivo.

6. Promuovere modelli relazionali reciproci

Valorizzare l’empatia, il dialogo e la cooperazione, contro l’idea della relazione come “gioco di potere”.

Il fenomeno INCEL non nasce dal nulla: dietro c’è dolore, insicurezza, vergogna e solitudine autentica.
Il problema sorge quando questa sofferenza si cristallizza in un’ideologia che colpevolizza le donne e nega la possibilità di cambiamento. Comprendere il fenomeno significa ascoltare la vulnerabilità dietro la rabbia, costruendo percorsi di prevenzione che uniscono educazione emotiva, consapevolezza critica e relazioni più sane.

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